Febbre suina, il punto sulla situazione negli ospedali catanesi

Febbre suina, scatta l’allarme in Sicilia. Gli esperti: “Usare mascherine al chiuso”

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Febbre suina, scatta l’allarme in Sicilia. Gli esperti: “Usare mascherine al chiuso”

Simone Olivelli  |
mercoledì 10 Gennaio 2024

Febbre che tocca i 39,5 e che si protrae anche per quattro-cinque giorni, tosse e intasamento delle vie aeree e dolori muscolari.

Febbre che tocca i 39,5 e che si protrae anche per quattro-cinque giorni, tosse e intasamento delle vie aeree e dolori muscolari. Un quadro sintomatico che nelle ultime settimane in Sicilia ha interessato un numero non indifferente di persone e che molto probabilmente è causato dalla cosiddetta febbre suina. A poco più di 14 anni da quando fu accertato un nuovo sottotipo del virus H1N1 e la conseguente pandemia che portò alla morte di 250mila persone nel mondo, la suina al momento rappresenta la forma più virulenta di influenza. Ad affermarlo al Quotidiano di Sicilia sono Carmelo Iacobello e Bruno Cacopardo, direttori dei reparti di Malattie infettive all’ospedale Cannizzaro e Garibaldi di Catania.

Difese naturali abbassate durante la pandemia

Dopo avere occupato per lungo tempo le pagine dei giornali nel 2009, il virus che causa l’influenza suina sta impensierendo le autorità sanitarie di diversi paesi, tra cui l’Italia. Per quanto la situazione sia chiaramente lontana dalle preoccupazioni che hanno contraddistinto gli anni del Sars-Cov-2, l’invito alla cautela da parte dei medici è perentorio: “Parliamo di un’influenza causata da un virus che ha fatto un salto di specie, quello che in inglese viene definito spillover – spiega Iacobello – Come spesso capita in questi casi ha determinato forme piuttosto severe e con un elevato livello di contagiosità. Al momento, possiamo dire che i problemi maggiori li sta dando proprio l’influenza suina, mentre il Covid, tranne i casi in cui colpisce anziani e soggetti fragili, si sta manifestando con pochi sintomi”. Inevitabile chiedersi a cosa sia dovuta la nuova diffusione del virus, in un’epoca in cui – sulla scorta di quanto accaduto con la pandemia di Covid-19 – le teorie del complotto sono sempre dietro l’angolo. “Sta semplicemente nella natura dei virus, quella di circolare in maniera quasi sotterranea, in forme a volte anche asintomatiche, per poi riemergere quando la popolazione ha abbassato le difese immunitarie”, continua Iacobello. Per l’esperto, ad avere avuto un ruolo sono state anche le misure di contenimento prese durante la più recente pandemia. “L’uso delle mascherine ci ha aiutato tanto a proteggerci dal Covid, ma inevitabilmente ha determinato anche una riduzione delle difese immunitarie naturali, quelle che si acquisiscono con l’entrata in contatto dei virus. Ciò quindi – aggiunge Iacobello – ha creato un contesto favorevole alla ripresa dell’H1N1”.

Scarso ricorso alla vaccinazione

A differenza del 2020, quando il Covid-19 sorprese il mondo portando alla ricerca forsennata di un vaccino che potesse rallentare il numero di decessi e complicazioni cliniche causate dal virus, nel caso dell’influenza suina il vaccino esiste da anni. E la sua copertura era prevista anche all’interno del quadrivalente presente dallo scorso autunno in Italia. “L’elevato numero di casi che si stanno riscontrando è dovuta a una sottovalutazione della problematica – commenta Cacopardo – Dalle nostre parti il livello di copertura vaccinale non è mai stato alto, ma quest’anno è a dir poco disastroso”. Stando ai dati che trapelano dalle strutture sanitarie, nella popolazione anziana la percentuale dei vaccinati, che tradizionalmente si attesta tra il 60 e il 65 per cento, quest’anno si aggira poco sotto il 50 per cento mentre a livello generale, invece, parliamo del 12 per cento di persone vaccinate.

I consigli da seguire

Sul fronte dei dati della diffusione, a ridurre la capacità di fotografare in maniera analitica la circolazione dell’H1N1 è l’approccio con cui chi è affetto dalla febbre suina si approccia all’infezione. “Ci sono stati alcuni decessi negli ospedali cittadini, mentre a livello di ricoveri il numero resta molto basso perché, trattandosi di una forma influenzale – continua l’infettivologo – la tendenza è quella di curarsi rimanendo a casa. Il più delle volte è sufficiente, nonostante i sintomi particolarmente forti e debilitanti, mentre in persone anziane o predisposte all’infezione si corre seriamente il rischio di gravi complicazioni: dalle polmoniti all’interessamento del sistema nervoso centrale”. Al Garibaldi, invece, una decina di casi di febbre suina sono stati già diagnosticati: “Si tratta dell’influenza che più sta creando problemi”, che poi si sofferma anche sugli altri tipo di virus che sono comunque in circolo: “Il Covid ultimamente si sta presentando perlopiù nella variante omicron colpendo le vie aeree, dal naso a faringe e laringe. Tuttavia – commenta l’infettivologo – abbiamo avuto due casi drammatici, che fortunatamente stanno volgendo al meglio, di polmoniti interstiziali simili a quelle con cui avevamo a che fare a inizio pandemia. Si tratta di due pazienti immunodepressi e privi di vaccinazione, a riprova di come in particolari circostanze il Sars-Cov-2 rappresenti ancora una minaccia”. Tra ciò in queste settimane è stato rilevato c’è anche una diffusa casistica di infezioni virali causate simultaneamente da più virus – “con quadri clinici inevitabilmente più complicati”, spiega Cacopardo – e diverse circostanze in cui il virus respiratorio sinciziale, che di solito colpisce i bambini, è stato riscontrato in anziani.

Il principale consiglio da seguire, per entrambi gli esperti, è quello di cercare di non entrare in contatto con il virus e di limitarne la circolazione. E in tal senso il ricorso alle mascherine sarebbe tutt’altro che fuori moda. “Specialmente se si percepiscono sintomi influenzali, indossare la mascherina quando si entra in luoghi chiusi o si incontrano persone che potrebbero essere più a rischio, come gli anziani, è da ritenersi una prassi corretta e rispettosa degli altri”.

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