Fisco, norma non chiara: il contribuente non ha colpa - QdS

Fisco, norma non chiara: il contribuente non ha colpa

Salvatore Forastieri

Fisco, norma non chiara: il contribuente non ha colpa

giovedì 15 Giugno 2023

Con la recente ordinanza 9055/2023 la Cassazione torna sulle possibili cause di esenzione della responsabilità. Ma su di lui grava sempre l’onere di dimostrare al giudice le obiettive condizioni

ROMA – Abbiamo già parlato dalla pagine di questo Quotidiano di alcune ipotesi di non punibilità (violazioni meramente formali) e di alcune tolleranze ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa fiscale prevista ordinariamente. Esistono però altri casi di non punibilità fiscale previste da diverse disposizioni vigenti. Parliamo questa volta dei casi di “incertezza della norma”.
Recentemente, con l’ordinanza del 30 marzo 2023 n. 9055, la Corte di Cassazione, nel ribadire la propria giurisprudenza in materia, ha indicato quali sono i “fatti indice” che il giudice deve valutare al fine di applicare la causa di esenzione della responsabilità e la conseguente non punibilità dell’autore della violazione.
I fatti giustificativi di cui si parla sono, ad esempio, la sussistenza di contrasti giurisprudenziali, oppure l’adozione di prassi amministrative contrastanti o, ancora, l’adozione di norme di interpretazione autentica, ecc.

Sul contribuente, comunque, grava sempre l’onere di dimostrare la ricorrenza di siffatti elementi di confusione e va escluso che il giudice tributario di merito possa applicare d’ufficio la norma esimente.
Nel caso oggetto dell’ordinanza prima citata, la Commissione Tributaria Regionale aveva annullato l’atto di irrogazione della sanzione irrogata ad un contribuente. Il giudice di merito, tuttavia, aveva mancato di indicare gli elementi elaborati dalla giurisprudenza che dimostrassero la situazione di incertezza normativa obiettiva. E’ stato solo per questo che la Cassazione ha accolto il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate rigettando l’originario ricorso presentato dal contribuente.

Si ricorda, al riguardo, che sulle cause di non punibilità per l’incertezza della norma esistono diverse disposizioni legislative.
Intanto c’è l’articolo 8 del Decreto Legislativo 546 del 1992 (Errore sulla norma tributaria), il quale, nel testo in vigore dal 16 settembre 2022, stabilisce che “La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce”.
Spetta al Giudice, pertanto, stabilire se sussistono le ragioni per la non punibilità della violazione commessa dal contribuente, e comunque previa apposita richiesta di quest’ultimo in sede di ricorso introduttivo.

Ma c’è anche l’articolo 10, comma 3, della Legge 212/2000 (lo Statuto dei diritti del Contribuente), ed anche l’articolo 6, comma 2, del Dlgs n. 472/1997 in materia di sanzioni amministrative (cause di non punibilità).
Con riguardo alle ipotesi di incertezza delle norme tributarie, vale la pena ricordare che nello Statuto dei Diritti del Contribuente, si trovano importanti disposizioni che rappresentano principi fondamentali su cui si deve basare il corretto rapporto tra fisco e contribuente tra cui l’art. 2 (Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie), 5 (Informazione del contribuente), 10 (Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente) e 11 (Interpello del contribuente), che rappresentano tutti principi di assoluta legalità e trasparenza.

Ma, come è noto, nel campo tributario, si registra una considerevole e non sempre chiara produzione legislativa, per cui la necessità della puntuale informazione dei contribuenti in ordine agli adempimenti fiscali è quanto mai essenziale, per cui altrettanto essenziale è l’esistenza di una norma che giustifichi l’errore quanto il corretto adempimento non è facilmente conoscibile.

In verità, il principio della non punibilità per l’incertezza della norma, oltre ad essere sancito dalla norme precedentemente citate, trova il suo fondamento anche nella nostra Costituzione, pur affiancandosi, evidentemente, all’altro principio, anche questo molto importante per evitare elusioni delle norme commesse non in buona fede, secondo il quale “la legge non ammette ignoranza”.

Occorre approvare velocemente la riforma tributaria

Sulla chiarezza e la trasparenza delle disposizioni legislative non si può far altro che auspicare la veloce approvazione della riforma tributaria, ed anche una maggiore forza cogente dello Statuto dei diritti del Contribuente, magari sorretto da una valenza costituzionale.
Per l’informazione, invece, il compito è solo degli enti impositori (e l’Agenzia delle Entrate è molto impegnata ed attenta in questo lavoro) i quali devono far di tutto per far conoscere ai contribuenti non solo l’esistenza delle norme, ma anche la giurisprudenza, le interpretazioni ufficiali e quant’altro che possa permettere ai cittadini di avere una effettiva cognizione dei propri obblighi tributari.
Ma è quando la chiarezza delle norme non è sufficiente e l’informazione non è bastata a supplire le difficoltà interpretative che soccorre la disposizione di cui al citato articolo 8 del D.Legislativo 546/92, nonché quella di cui al comma 3 dell’art.10 dello “Statuto” ed all’articolo 6 del D.Leg/vo 472/97, disposizioni che prevedono la non punibilità della violazione commessa quando la stessa è oggettivamente legata all’ignoranza inevitabile, ossia quando esiste una “obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma”.

Tale condizione, secondo l’Amministrazione Finanziaria, si verifica quando la norma tributaria non permette di cogliere in maniera certa ed inequivocabile il senso ed il significato delle disposizioni in essa contenute, con conseguenti diverse possibili interpretazioni che non trovano orientamento in pronunce ministeriali o addirittura vedono interpretazioni ufficiali contrastanti.
In pratica, perché possa ritenersi giustificato l’erroneo comportamento fiscale, occorre che sussista un preciso nesso di casualità tra la violazione commessa e l’esistenza di una serie di possibili interpretazioni, tutte ugualmente sostenibili, che determina una situazione di equivoci che rende effettivamente difficile individuare l’esatto significato della legge e, conseguentemente, la sua corretta applicazione.

Come più volte ribadito dall’Amministrazione Finanziaria (vedasi, fra l’altro, Circolare Ministero delle Finanze n.180 del 1998), deve trattarsi di errore non evitabile con l’uso dell’ordinaria diligenza, quella diligenza, cioè, che si può ragionevolmente pretendere dal soggetto agente. Solo tale circostanza giustifica la non punibilità.
La legge 212 del 2000, tuttavia, inserendo nello Statuto il citato principio di non punibilità, ne ha sancito l’assoluto valore attraverso una norma di rango che, quantomeno teoricamente, dovrebbe essere superiore alle altre due precedentemente citate.

Tuttavia, fino a quando non sarà diventata legge dello Stato, la riforma tributaria, il cui disegno di legge delega è attualmente all’esame del Parlamento, l’incertezza della norma, non solo resta un fatto comunissimo, ma purtroppo è una circostanza scarsamente tenuta in considerazione da parte degli Entri impositori e, qualche volta, anche dai Giudici tributari ai quali, come già detto, ai sensi del citato articolo 8 del D.Legislativo 546/1992, spetta il compito di dichiarare non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce.

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