Sport e socialità, Pira (sociologo dell'Unime): "Fondamentale insegnare il rispetto e i valori” - QdS

Sport e socialità, Pira (sociologo dell’Unime): “Fondamentale insegnare il rispetto e i valori”

redazione

Sport e socialità, Pira (sociologo dell’Unime): “Fondamentale insegnare il rispetto e i valori”

Paola Giordano e Annalisa Giunta  |
sabato 14 Ottobre 2023

Per comprendere meglio le strette connessioni che vi sono tra sport e socialità abbiamo chiesto un parere a Francesco Pira, sociologo dell'Università di Messina

Per comprendere meglio le strette connessioni che vi sono tra sport e socialità abbiamo chiesto un parere a Francesco Pira, professore associato in Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Messina.

I recenti fatti di cronaca ci hanno messo di fronte a una deriva sociale, spesso legata a giovani e giovanissimi, a dir poco preoccupante. Quali sono le sue riflessioni in merito?
“Da tempo la cronaca ci restituisce episodi che hanno come protagonisti giovani e adolescenti che ci devono far riflettere e agire. Non è più il tempo dei proclami. Bisogna contrastare questa emergenza educativa. Quanto è accaduto a Palermo (con lo stupro di gruppo dello scorso luglio, ndr) ci deve far meditare. La ragazza ha subito una doppia violenza. Oltre a quella fisica perpetrata dai suoi aggressori, c’è anche quella psicologica. I video dello stupro sono stati diffusi sui canali di messaggistica istantanea e non sono mancati i commenti, alcuni veramente assurdi. Diversi utenti di Telegram hanno cercato di acquistare il video e addirittura sono stati creati dei gruppi per cercare di trovare questi filmati dell’orrore. C’è poi il dibattito aperto sul fatto che alcuni organi di stampa abbiano reso note le chat e le intercettazioni degli indagati. Purtroppo, nella narrazione di questo episodio la giovane è quasi scomparsa, perché si è scelto di riportare le gesta del branco. Mi sono chiesto come mai la narrazione dei media, poi ripubblicata e commentata sui social, si soffermi sui particolari e le nuove tecnologie servano per veicolare dettagli anche terribili. Chi scrive o realizza servizi televisivi deve pensare che non si deve dare minimamente la sensazione di sminuire la gravità dell’episodio, anzi tramite esperti dovrebbe proporre ipotesi per trovare le soluzioni e le risposte adeguate. Abbiamo bisogno di un piano di emergenza per fermare questi fenomeni di violenza. Noi come società civile, e noi come educatori, dobbiamo dare una risposta concreta a situazioni di estremo degrado, come quella che è stata vissuta a Palermo. È necessario impegnarsi moltissimo per ottenere una vera e propria trasformazione culturale. Ci sono alcune parole che andrebbero recuperate come rispetto, amore e altruismo. Bisogna lavorare negli istituti di ogni ordine e grado e mettere insieme équipe di formatori che facciano passare messaggi positivi anche sull’uso indiscriminato delle nuove tecnologie. Lavorare sui genitori, formarli e informarli, perché non possiamo permetterci di assistere a questa incredibile rivoluzione ‘al contrario’ e disumana”.

L’indagine sull’indice di sportività delle province italiane del Sole 24 ore ha evidenziato come al Sud, e in particolare in Sicilia, la qualità dei sistemi sportivi territoriali sia scadente. Quanto pesa questo legame sport-socialità sul benessere di una comunità e sulla crescita dei ragazzi?
“Anche io nel passato ho svolto dei lavori di ricerca che confermano questi dati. I risultati ci fanno capire come i bambini e gli adolescenti che praticano uno sport trascorrono meno ore a utilizzare le nuove tecnologie e poco tempo davanti a uno schermo. Questo se noi lo analizziamo, rispetto ad altri elementi, è interessante. Basta capire che lo sport, soprattutto lo sport di squadra, ti fa comprendere, per esempio, che puoi rimanere in panchina o che non sempre si può vincere una gara. Lo sport favorisce la socialità e aiuta a condividere con gli altri momenti di soddisfazione o di delusione. Lo sport è fondamentale nella crescita delle nuove generazioni. È chiaro che possono esserci delle difficoltà. Ci sono luoghi in cui mancano le strutture per praticare lo sport. Soprattutto al Sud del nostro Paese. Chi ha la possibilità di pagare una retta per fare uno sport è più avvantaggiato rispetto a chi non ha la possibilità di poter spendere dei soldi. Tutto questo incide sui processi di crescita e sull’educazione. È emerso, dalle ricerche che io ho curato, che durante le partite con alcuni videogiochi, come Fifa (un celebre videogame sul calcio, ndr), il bambino o l’adolescente può provare ansia e tensione. Siamo quasi al paradosso: un videogioco di sport crea agitazione a chi lo pratica. La possibilità di poter frequentare gruppi sportivi nella vita reale permette di vivere da protagonisti una partita e di crescere con gli altri. Un altro aspetto che non è da sottovalutare è che anche le imprese sportive, grazie alla tecnologia, vengono costantemente riprese e riportate sui social network. Ci sono anche tanti video pubblicati su TikTok da giovani e giovanissimi. Molti ragazzi che praticano uno sport amano condividere le loro imprese sportive e i loro allenamenti con il proprio network”.

Se lo sport può essere uno strumento per insegnare valori, socialità e norme di comportamento, quali altre strade possono essere percorse per invertire il trend preoccupante che sta interessando i giovani?
“Lo sport può essere decisamente uno strumento per insegnare il rispetto, i valori, i comportamenti e per cercare di invertire alcune tendenze. Lo sport può eliminare anche le forme di razzismo e di intolleranza. Infatti, molte federazioni sportive, specie quando si creano situazioni di questo tipo, sono propense a lanciare delle vere e proprie campagne e a utilizzare come testimonial professionisti e atleti importanti per cercare di superare elementi che possono essere critici. Quindi, lo sport aggrega e come la musica può essere sicuramente importante per la crescita di qualunque bambino o bambina, ragazzo o ragazza. È importante incentivare la pratica sportiva in quelle realtà in cui si registra un’alta dispersione scolastica, per esempio nel Meridione e in Sicilia, e dove ci sono tanti ragazzi che per inseguire guadagni facili, sfruttando le nuove tecnologie, decidono di abbandonare la scuola”.

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