Giustizia, scontro con Di Matteo, Conte difende Bonafede - QdS

Giustizia, scontro con Di Matteo, Conte difende Bonafede

redazione web

Giustizia, scontro con Di Matteo, Conte difende Bonafede

martedì 05 Maggio 2020

La Lega Nord, invece, ne chiede le dimissioni, scordando che all'epoca dei fatti Salvini era vicepremier. Il ministro, "Assurda l'ipotesi che io sia stato condizionato dai boss". Il presidente dell'Antimafia Morra, "un qui pro quo"

Più che una bufera sembra una tempesta in un bicchier d’acqua quella che riguarda il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Sì, perché se il centrodestra a trazione leghista chiede le sue dimissioni, qualcuno fa notare che all’epoca dei fatti “incriminati” vicepremier in carica era quel Matteo Salvini che ancora guida il Carroccio.

Intanto ieri sera, a difesa di Bonafede si è schierato il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, facendo sapere di avere “piena fiducia” in lui.

Dietro la “tempesta”, il botta e risposta tra il Ministro e quello che viene considerato da alcuni un’icona dell’antimafia, il consigliere del Csm Nino Di Matteo.

Quest’ultimo, durante una trasmissione televisiva, aveva raccontato che nel 2018 Bonafede prima gli aveva offerto o la guida del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) o gli Affari penali, nel posto che era stato di Giovanni Falcone, e poi, sulla prima proposta, aveva fatto marcia indietro.

Il magistrato collegava il dietrofront con alcune intercettazioni avevano rivelato le preoccupazioni dei boss per una simile prospettiva: “se nominano Di Matteo, per noi è la fine, questo butta la chiave”.

In realtà era già stato chiarito che le intercettazioni erano già state raccolte al tempo in cui la proposta era stata formulata. Ma sui social era già partita la campagna di disinformazione della Lega Nord.

“Respingo con convinzione gli attacchi politici o le congetture prive di fondamento rispetto a scelte compiute da Bonafede in piena autonomia”, ha dichiarato il capo politico del M5S Vito Crimi, ribadendo la “fiducia” sua e del movimento nei confronti del ministro.

Sulla stessa linea Luigi Di Maio, per il quale “Bonafede ha sempre dimostrato di avere la schiena dritta” ricordando che “siamo entrati in Parlamento con il chiaro intento di fermare il malaffare e debellare le mafie”.

Gli altri partiti della maggioranza hanno frenato sulle richiesta di dimissioni della Lega e del resto del centrodestra.

“Sarebbe gravissimo se un ministro si dovesse dimettere per i sospetti di un magistrato”, ha sottolineato il vice segretario del Pd Andrea Orlando.

Ovviamente, però, hanno chiesto al Guardasigilli di chiarire.

“Siamo certi che il ministro al più presto verrà a riferire in commissione e in parlamento sull’impegno del governo contro le mafie”, hanno affermato ieri il responsabile giustizia del Pd, Walter Verini, e il capogruppo in commissione antimafia Franco Mirabelli, che giudicano comunque “irresponsabile” usare un tema come la lotta alle mafie “per giustificare l’ennesima richiesta di dimissioni”.

“C’è stato un cortocircuito, un ‘qui pro quo’ su cui bisognerà tornare. Si dovranno chiarire il ministro Bonafede e Di Matteo: questo è il mio auspicio” ha affermato il presidente della Commissione parlamentare Antimafia e senatore M5S Nicola Morra.

“Se Bonafede – ha aggiunto – fosse stato condizionato, minacciato, intimorito avrebbe potuto chiamare qualcun altro e non Di Matteo. Invece lo ha chiamato, ma poi, presumo, c’è stato un problema di comunicazione per cui il posto al Dap è stato assegnato a un’altra persona”.

A invocare “la verità” è stato anche Matteo Renzi, il quale, “prima di parlare di mozioni di sfiducia” vorrebbe “vedere se non è un regolamento di conti”

Bonafede, che già ieri si era detto “esterrefatto” dalla ricostruzione, con un post su Facebook ha definito “infamante e assurda” l’idea che si sarebbe lasciato “condizionare dalle parole pronunciate in carcere da qualche boss mafioso”.

E ha rivendicato di aver “sempre agito a viso aperto nella lotta alle mafie”, come testimoniato dalle riforme sostenute e dai 686 provvedimenti di carcere duro che ha firmato.

“Il fatto che avrei ritrattato, in virtù di non so quale paura sopravvenuta, non sta né in cielo né in terra”, aveva già spiegato in tv Bonafede, ricordando anche che l’incarico di capo degli Affari Penali rifiutato da Di Matteo non era certo un ruolo minore.

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