"I Leoni di Sicilia" sbarca su Disney+: l'intervista a Michele Riondino

“I Leoni di Sicilia”, Michele Riondino: “Sono un visionario come Vincenzo Florio: bello tornare a Palermo”

“I Leoni di Sicilia”, Michele Riondino: “Sono un visionario come Vincenzo Florio: bello tornare a Palermo”

Sandy Sciuto  |
mercoledì 25 Ottobre 2023
I Leoni di Sicilia

“I Leoni di Sicilia” arriva mercoledì 25 ottobre in esclusiva su Disney+: la nostra intervista al protagonista Michele Riondino

Presentata alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, “I Leoni di Sicilia”, serie diretta da Paolo Genovese e tratta dall’omonimo bestseller di Stefania Auci, arriva da mercoledì 25 ottobre in esclusiva su Disney+ in Italia con i primi quattro episodi, mentre i restanti quattro saranno disponibili a partire dal 1° novembre. Sarà disponibile anche su Hulu negli Stati Uniti, su Star+ in America Latina e su Disney+ in tutti gli altri territori.

La serie racconta l’avvincente storia della famiglia Florio che, dopo un terremoto, decide di lasciare Bagna Calabra per trasferirsi a Palermo, città in cui i Florio partiranno da un’attività di commercio modesta per costruire un impero commerciale.

In attesa della visione de “I Leoni di Sicilia”, abbiamo intervistato Michele Riondino. Dopo l’esperienza de “Il giovane Montalbano” che lo ha reso popolare, l’attore pugliese è tornato in Sicilia per interpretare il protagonista maschile della serie ossia Vincenzo Florio, precursore dei suoi tempi sia in ambito imprenditoriale sia in amore alle prese con Giulia Portalupi (Miriam Leone).

Michele, perché ha senso oggi vedere la serie sui “Leoni di Sicilia”?

Perché Vincenzo Florio e la famiglia Florio appartengono a quelle persone che non conosciamo della nostra storia che avrebbero permesso di capovolgere l’Italia. Vincenzo Florio è sempre stato un precursore dei tempi, un rivoluzionario. È stato un viaggiatore. È andato a Londra nel pieno della rivoluzione industriale. È tornato in Italia con l’idea di trascinarsi dietro la Sicilia che in quel periodo era uno Stato vero e proprio. Aveva la caparbietà di poter trasformare l’Italia in uno Stato progressista, in progresso che poi sarebbe stato raggiunto inevitabilmente. Ma lui è stato un precursore. Oggi vedere i Leoni di Sicilia potrebbe renderci l’idea di che cosa avrebbe potuto essere l’Italia se le cose fossero andate come Vincenzo Florio aveva programmato. Avremmo oggi un’Italia capovolta con la Sicilia al nord della Lombardia produttiva.

Nella serie lei è Vincenzo Florio: com’è stato trovare un modo per impersonarlo ed entrare in connessione con il personaggio?

Di Vincenzo Florio mi hanno subito attratto le sue cattive maniere, la sua maleducazione e l’ambizione che lo muoveva e che lo rendeva scomodo su diversi livelli e per diverse categorie di persone, dai nobili alla borghesia. È sempre stato un personaggio scomodo, ruvido e antipatico. Nella serialità siamo abituati ad avere a che fare con protagonisti edulcorati e che creano empatia con lo spettatore. In questo caso, non è così. Vincenzo Florio ha la peculiarità di non dover essere simpatico a tutti, a tutti i costi. Questo per me è stato fondamentale per accettare la proposta di interpretare Vincenzo Florio.

Riconosce delle caratteristiche comuni tra lei e Vincenzo?

Mmmm…Non saprei. Sono un visionario anch’io. Ho diversi sogni che cerco di concretizzare, però non ho quella lungimiranza, quella complessità di Vincenzo Florio. Non credo ci siano molti elementi che mi facciano assomigliare al personaggio.

La serie è stata l’occasione per essere diretto per la prima volta da Paolo Genovese: che regista è?

È un regista incredibilmente generoso, aperto, curioso. È stato molto bello partecipare a questo progetto perché nonostante sia una serie ambientata in un periodo storico molto ben preciso e lontano da noi, il movimento di tutta la serie è basato su delle grammatiche molte moderne. Dalla fotografia di Fabrizio Luci alla regia: abbiamo un prodotto molto moderno, nonostante sia un film storico.

La donna per la vita di Vincenzo Florio è Giulia Portalupi, interpretata da Miriam Leone. Quale rapporto si è creato tra di voi?

Un bellissimo rapporto. Era la prima volta che ci incontravamo sul set ed è stato molto bello. Ma non solo con lei. In sei/sette mesi siamo riusciti a creare un gruppo e una sintonia che ci ha permesso di sopravvivere a temperature infernali, a ritmi di lavoro molto impegnativi però è stato molto bello condividere con Miriam, con Paolo, con Edoardo, con Vinicio e con Donatella questa bellissima esperienza.

Oltre per l’aspetto imprenditoriale, possiamo dire di Vincenzo Florio che è stato “rivoluzionario” anche in amore con Giulia per quei tempi?

Sicuramente, ma suo malgrado. È stato merito di una donna come Giulia Portalupi se si è riusciti a piegare la durezza di Vincenzo Florio. Il loro è un amore inevitabile, cioè, sono due innovatori. Lui da industriale è stato un inventore, un visionario ma dall’altra parte aveva una donna che è stata rivoluzionaria, protofemminista. Una donna che andava contro ogni logica del periodo. Una donna colta e caparbia della sua decisione di seguire l’uomo che amava, nonostante quest’uomo fosse un forte rappresentante di quel patriarcato che Giulia combatteva.

I Florio sono prima di tutto una famiglia tradizionale, tema molto attuale, in cui è fondamentale mantenere e moltiplicare la ricchezza nel segno dell’ereditarietà. Secondo lei per i Florio è stata una forza o un limite?

Per il periodo storico di cui parliamo è stata una forza. Era inevitabile che ci fossero passaggi di sangue. Fosse stato per Vincenzo avrebbe dovuto necessariamente sposare una nobile. Tutto si è trasformato con la modernità di questa donna, di questa milanese arrivata in Sicilia per trasformare la famiglia più importante e rappresentativa della Sicilia e renderla moderna. L’idea di famiglia di oggi che possiamo chiamare classica, in realtà ieri è stata un’idea di famiglia moderna.

La serie è ambientata prevalentemente a Palermo e città limitrofe. È stato un ritorno in Sicilia per lavoro. Ha avuto delle nuove rivelazioni su questa terra?

Io sono innamorato della Sicilia tutta. Ogni volta che posso ci torno, quasi sentendomi cittadino d’adozione. Ho trovato una Palermo ancora più fervida di iniziative, ancora più ricca di cultura, di eventi. È stato bello tornare a Palermo ed essere travolti da Palermo e dai palermitani.

Alla luce della storia dei Florio, secondo lei cosa manca al Sud Italia per essere competitivo e avanguardista così come lo sono stati i Florio?

Manca il coraggio e l’indipendenza. Il coraggio di uomini come Vincenzo Florio che possano utilizzare il proprio ingegno per smarcarsi da alcune logiche imprenditoriali e politiche soprattutto, che vorrebbero costringere e continuare a relegare la Sicilia, e il meridione in generale, agli ultimi posti della modernità. Vincenzo Florio è un esempio di come la Sicilia avrebbe potuto essere moderna, più moderna del Nord produttivo. L’idea di Vincenzo Florio era davvero quella di un’Italia capovolta dove la Sicilia è collocata più a nord della Lombardia.

Crescere al sud le ha dato o le ha tolto?

Mi ha dato togliendomi quello che mi serviva all’inizio, quindi la mancanza mi ha creato un bisogno e quel bisogno riesco ad ottenerlo solo tornando al Sud.

La serie si basa sul libro omonimo come la serie che l’ha resa popolare sul giovane Montalbano. Che lettore è?

Un lettore vorace che legge due, tre libri contemporaneamente e che fa fatica a staccarsi da una storia.

(Credit photo: Maria Marin – Giulia Parmigiani)

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