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In ginocchio

Giovanni Pizzo  |
sabato 20 Agosto 2022

In ginocchio sta finendo questo Paese, se questa è la rappresentazione del potere. Questa è la parola più esegetica, e forse rappresentativa, di quello che è oggi la classe dirigente

In ginocchio sta finendo questo Paese, se questa è la rappresentazione del potere. Questa è la parola più esegetica, e forse rappresentativa, di quello che è oggi la classe dirigente ed il rapporto che ha con il potere in Italia.

Questa frase è uscita in una litigata a Frosinone, per questioni di potere ed accordi di candidature, ad Albino Ruberti, un uomo al centro di Roma e di quello, tanto, che amministra. Ormai non è più un problema di destra o sinistra, la Terra di mezzo di Mafia Capitale, finita nelle nebbie della magistratura romana, ce lo ha insegnato. Buzzi, il Polifemo della destra con la pistola in mano, pagava tutti a destra e a sinistra. “In ginocchio o ti sparo” è frase che nelle tranquille sdraio di Capalbio potrebbero essere ascritte appunto ad un Buzzi, o ad un Casamonica, oppure a qualche rude elettore della Meloni di Fondi o Latina. Sono didascalie lapidarie da romanzi di Saviano, sono frasi coatte e violente, saranno pronunciate da un orribile buzzurro penseranno le belle anime del popolo della sinistra.

Il soprannome “Rocky”

L’uomo in questione viene soprannominato “Rocky”, ma potrebbe essere anche il Bufalo della banda della Magliana, pertanto sarà un iscritto svelto di mano e di coltello del Testaccio o di Tor Bella Monaca, dove il PD fece una comparsata prima di sparire di nuovo. Nulla di tutto questo. È Albino Ruberti, capo di gabinetto di Roma Capitale, non Sora o Ardea. Ma sarà forse un ex funzionario di partito venuto dal basso, abituato alle lotte di sezione per difendere il sol dell’avvenire, penserete sempre voi, un uomo di periferia, avezzo alla rudezza di una vita di stenti e spaventi. Manco per idea, è un figlio di Papà, l’ex ministro della Ricerca e Commissario Europeo Antonio Ruberti, ex Rettore della maggiore Università italiana, la Sapienza di Roma. Duemila e cinquecento anni di Storia per arrivare a questo, una lotta per la spartizione del potere in cui Rugantino sarebbe stato un romantico, qua si parla di candidature e Presidenze di Regione, polizze scambiate con appoggi alla moglie, tutto condito tra risse e minacce in stile Renatino De Pedis.

Questa è Roma, questo è il potere centrale della Capitale del Paese, questo è il brodo primordiale in cui è precipitata la politica italiana. Ma se la sinistra radicale chic si esprime a questi livelli perché offendere la “coatta” Meloni del Colle d’Oppio? Cos’è Roma? “Roma è un sogno” dice Marco Aurelio a Massimo Decimo Meridio nel Gladiatore. Forse 2000 anni fa. Ora è un incubo che opprime il Paese. Mafia Capitale è più forte antropologicamente che prima.

Ps: ovviamente tutti crediamo che sia stata una rissa per questioni di tifo calcistico. Perché il potere ha l’arroganza di prenderci pure per coglioni.

Così è se vi pare.

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