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In morte dell’Autonomia

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In morte dell’Autonomia

Giovanni Pizzo  |
martedì 06 Dicembre 2022

L'Autonomia ha un fondamentale contrappasso, che mal si addice all’indole della politica siciliana. La Responsabilità.

L’autonomia, auspicata al Nord, in Sicilia sembra in coma irreversibile. La Lombardia, il Veneto, perfino l’Emilia-Romagna, farebbero carte false per avere l’autonomia speciale siciliana, la loro formula differenziata non arriva al numero di competenze a disposizione dei governi siciliani. Eppure la Sicilia, che gode di questo speciale Statuto Costituzionale dal 1947, ne farebbe praticamente a meno. Perché l’Autonomia ha un fondamentale contrappasso, che mal si addice all’indole della politica siciliana. La Responsabilità. Nelle spese, nei comportamenti, nell’assicurare pari opportunità ai cittadini in servizi resi e opportunità proposte.

La controprova di questa ormai irreversibile rinuncia è data da due fatti. La prima è la rinuncia a fare di conto, che significa governare, fare delle scelte contabili, dopo la sospensione della parifica del bilancio siciliano da parte della Corte dei Conti. La soluzione è esclusivamente andare a Roma, con il cappello in mano, il solito accattonaggio politico, senza mettere mano a decenni di clientele e consenso comprato a spese dei contribuenti.

Senza fare riforme che salvino la spesa corrente dalle incursioni di blocchi sociali di garantiti, mentre imprese e lavoratori privati stentano al freddo della carenza di servizi e infrastrutture. La spesa corrente è mangiata in forma obbligatoria da stipendi, partecipate, precari, forestali e tabelline di piccole prebende, che si traducono in contributi a pioggia dati ad amici del politico di turno.

Non un euro di bilancio regionale su servizi, su politiche di sviluppo, su pari opportunità per studio, ricerca e innovazione. Niente soldi su giovani, donne e lavoro. A quello ci deve pensare, male perché lo fa tramite noi, l’Europa. Perché noi, i siciliani al governo di turno, dobbiamo pensare esclusivamente ad essere rieletti. Mica possiamo perdere tempo con i problemi della maggioranza dei siciliani. Noi dobbiamo pensare alle piccole minoranze che ci votano.

La seconda è la scena che sta avvenendo in Forza Italia, uno scontro in cui si invoca perfino l’intervento della magistratura, abdicando al ruolo politico, dopo che Marco Falcone si è autoaccusato, con chiamata di correo, di scelte di potere senza merito sulle nomine degli enti di sottogoverno, tra cui la Sanità. Ha tolto il velo dell’ipocrisia di fondo, ma per gli stessi capi di imputazione, di cui ha svelato i meccanismi sul palcoscenico, il governo Crocetta, le nomine politiche discrezionali, è sotto inchiesta della magistratura. Di fatto il video di Falcone e Miccichè è un assist a qualche procuratore palermitano, sede giurisdizionale delle nomine in oggetto, per aprire un fascicolo contro ignoti molto noti.

Questa dinamica supplente della magistratura, ordine dello Stato e non della Regione, quasi evocata, è un ulteriore colpo ferale all’Autonomia della Sicilia. Le norme siciliane vengono spesso e volentieri impugnate da Palazzo Chigi, i conti stessi finiscono davanti alla Suprema Corte, le nomine finiscono in Tribunale, a che serve sta politica e questa forma surrettizia di Autonomia? Ci vorrebbe un referendum per poter scegliere di essere amministrati dal Friuli Venezia Giulia o dalla Provincia di Trento. Chissà che non c’è la passeremmo meglio.

Così è se vi pare.

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