L’inflazione schiaccia i poveri: aumentano i siciliani in fila per una busta della spesa - QdS

L’inflazione schiaccia i poveri: aumentano i siciliani in fila per una busta della spesa

redazione

L’inflazione schiaccia i poveri: aumentano i siciliani in fila per una busta della spesa

Roberto Greco  |
venerdì 22 Settembre 2023

Prezzi dei prodotti alimentari cresciuti di oltre il 20%, famiglie con figli tra le più in difficoltà

PALERMO – Senza dubbio si tratta di un futuro a tinte scure, quello descritto dal “Rapporto Coop 2023” che è stato presentato in anteprima a Milano il 7 settembre. Diverse sono le emergenze che preoccupano gli italiani e le italiane, tra queste la guerra in Ucraina, la crisi climatica, l’inflazione e il c.d. lavoro povero, emergenze che influenzano direttamente il carrello della spesa. Gli aumenti dei prezzi dei beni di consumo si stanno facendo sentire e rendono il carrello della spesa sempre più vuoto a parità di spesa. Negli ultimi due anni l’inflazione ha abbattuto il potere di acquisto di circa 6.700 € pro capite e ha trascinato quasi la metà degli italiani, si tratta di circa 27 milioni di cittadini, in condizioni di difficoltà.

L’inflazione erode il potere di acquisto, le diseguaglianze si accentuano, una parte della classe media è spinta verso il basso e ritiene di non poter più avere le condizioni economiche necessarie per una vita dignitosa. Il rischio della recessione è oggi molto più concreto e le politiche pubbliche sono incerte nel sostenere la domanda, anche per i concreti vincoli di bilancio. A questo si aggiunge il fatto che il Pnrr stenta a decollare. L’occupazione sembra migliorare ma il lavoro povero soprattutto dei giovani, fatto di precariato e contratti al limite del minimo possibile, ha raggiunto livelli allarmanti.

In Italia i prezzi di alimenti e bevande aumentati del 21,3%

Il peso dell’inflazione si fa sentire soprattutto nel carrello della spesa, basti pensare che, in Italia, i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche negli ultimi due anni sono aumentati del 21,3% e si prevede che nel corso del 2024 cresceranno ancora del 4%. Nei primi sei mesi del 2023 i rincari maggiori si sono visti nei reparti freddo (+17%), ortofrutta (+14%) e drogheria (+13,6%). Si è però assistito, proprio nel 2023, al fenomeno della c.d. sgrammatura, ossia la riduzione del peso, o del volume, di un prodotto venduto al prezzo precedente.

Il primo risultato è che l’italiano compra di meno e sembra aver messo in atto oculate strategie di risparmio con un conseguente cambio delle proprie abitudini: il 90% afferma di aver ridotto gli sprechi, il 78% ha aumentato l’acquisto di prodotti in offerta, mentre oltre il 60% delle persone confessa di scegliere prodotti più economici e con il marchio del distributore (che crescono in quasi tutti i canali di vendita), al posto di quelli di brand famosi. Inevitabilmente c’è anche chi rinuncia ai propri propositi di uno stile di vita più sostenibile, riducendo gli acquisti di prodotti biologici e sostenibili, ma anche chi ha deciso di abbandonare la propria insegna di fiducia per iniziare a fare la spesa al discount.

Ulteriore effetto è la perdita dalla “identità alimentare”: il 20% della popolazione dichiara di non sentirsi rappresentato da nessuno stile alimentare, baby boomer e classi economiche più svantaggiate in testa. Anche il mito della “dieta mediterranea” è messo in discussione, come dimostra il crollo degli acquisti di frutta e verdura, calati di oltre 900mila tonnellate in due anni, a causa degli aumenti vertiginosi dei prezzi. In questo nuovo panorama alimentare, però, sembrano affermarsi nuovi stili alimentari.

Il “Rapporto Coop 2023” fotografa il successo dell’iperproteico, seguito dal “reducetariano”, uno stile alimentare basato sulla riduzione del consumo di carne e registra la crescita dl consumo di proteine alternative: quasi un terzo delle persone intervistate afferma che nei prossimi 10 anni sulla sua tavola ci saranno prodotti vegetali dal sapore di carne, le cosiddette ‘fake meat’.

Lo scorso mese l’inflazione intorno al 6,4%

Lo scorso mese l’inflazione si attestava intorno al 6,4% su base annua, quasi il 4% in meno rispetto a inizio anno, va ricordato che a gennaio era al 10%. Assistiamo perciò a un dato non comprensibile perché se l’inflazione rallenta, anche a seguito del minor costo complessivo dell’energia, l’effetto non ha riscontro al supermercato, dove i prezzi rimangono troppo alti, soprattutto per quanto riguarda cibo e bevande.

Nel suo insieme secondo gli ultimi dati Istat elaborati dall’Unione nazionale dei consumatori, l’aumento medio si aggira intorno all’11% anche se, ad esempio, il costo dello zucchero è cresciuto del del 46,6%. Questi rincari, per una coppia con due figli, significano un maggior costo di 861 euro all’anno. La cifra sale a 1.029 euro per le famiglie con tre o più figli. Lo scarto tra il livello generale dei prezzi e quello della vendita al dettaglio fa parlare apertamente le associazioni dei consumatori di speculazione. Il caso più evidente, preso a riferimento, è quello della pasta. Dopo il calo del prezzo dello 0,3% a maggio rispetto ad aprile, a giugno, secondo i dati dell’Istat, c’è stato un rimbalzo in un solo mese dello 0,6%. In un anno, quindi, l’aumento è stato del 12,1%, a fronte di un prezzo del frumento duro in netto calo.

Secondo i calcoli dell’Unione consumatori il costo di quello raccolto in Italia è diminuito del 35%, mentre per quello che viene dai Paesi Ue si è registrato un calo del 33% e per quello extra Ue del 31%. In tutto ciò gli italiani hanno sempre meno denaro da spendere in prodotti alimentari e aumenta sensibilmente il numero di quanti sono costretti a rivolgersi a strutture di “aiuto”, al fine di poter consumare almeno un pasto con le caratteristiche adeguate a quella che, un tempo, definivamo corretta alimentazione. Va segnalato, come possibie soluzione al problema che dopo il no del luglio scorso alla proposta di un’intesa finalizzata al contenimento dei costi dei beni di prima necessità, nei primi giorni del mese di settembre gli industriali di Federalimentari, Centromarca, Union food e Ibc hanno invece aperto ad un accordo in nome della “delicata congiuntura” che vive il Paese e in una lettera consegnata al ministro sottolineano come “la lotta all’inflazione e la tutela del potere d’acquisito delle famiglie” siano “una priorità per il tessuto industriale”.

Va registrato, inoltre, un dato assolutamente non confortante. Nonostante il numero delle denunce alle forze dell’ordine per il reato di usura sia in calo da tempo, non è da escludere che l’incremento dei debiti delle famiglie spinga più di qualcuno a rivolgersi agli usurai che, da sempre, sono più “disponibili” di chiunque altro ad aiutare chi si trova a corto di liquidità, soprattutto nei momenti economicamente più difficili.

Banco alimentare in soccorso di 300mila isolani

Intervista ai presidenti della Sicilia occidentale e orientale, Santo Giordano e Pietro Maugeri

Dal 1989, ogni giorno Banco Alimentare recupera cibo e lo dona alle organizzazioni partner territoriali che aiutano persone e famiglie in difficoltà nel nostro Paese. È dalle industrie alimentari che Banco Alimentare ha cominciato a ricevere le prime donazioni di prodotti alimentari all’inizio della sua attività. Attualmente sono circa un migliaio le aziende donatrici delle loro eccedenze.

Banco Alimentare è accreditato presso l’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e usufruisce pertanto della donazione di derrate alimentari destinate agli indigenti dal Fondo di Aiuti Europei agli Indigenti (Fead). Attraverso il programma Siticibo che è la prima applicazione italiana della Legge del Buon Samaritano (155/2003), Banco Alimentare recupera giornalmente da numerose insegne della Grande distribuzione organizzata, alimenti freschi e con Tmc superato. Grazie all’accresciuta sensibilità anche nel settore della ristorazione commerciale e collettiva, Banco alimentare recupera porzioni di cibo cotto e fresco da hotel, mense aziendali e ospedaliere, refettori scolastici, banchetti, esercizi al dettaglio. Sempre in maggior numero sono gli ortomercati e i supermercati che decidono di donare i propri prodotti invenduti ma ancora buoni.

L’Italia è stato il primo paese al mondo a dotarsi di una legge che presenta un approccio strategico al problema dello spreco alimentare e rappresenta un perfetto esempio di applicazione del principio di sussidiarietà. Si tratta della legge n.166/16 o “legge Gadda” contro gli sprechi alimentari e farmaceutici, ha reso più organico, semplificandolo ed aggiornandolo, il quadro normativo esistente; ne ha inoltre ampliato l’applicazione a più soggetti del Terzo Settore, a favore delle persone più povere del nostro Paese che è entrata in vigore il 14 settembre 2016. Operativo in Sicilia, il suo intervento è diviso tra “Banco Alimentare della Sicilia ODV”, che si occupa delle province di Messina, Catania, Ragusa, Siracusa, Enna, Caltanissetta e parte della provincia di Agrigento mentre il “Banco Alimentare Sicilia Occidentale ODV” che si occupa delle province di Palermo, Trapani e l’altra parte della provincia di Agrigento.

“Al momento, sulla base dei dati aggiornati a giugno, come Banco Alimentare della Sicilia Occidentale – racconta al QdS il presidente Santo Giordano – aiutiamo oltre 120.000 persone attraverso 306 strutture caritative. Nello specifico nella provincia di Palermo aiutiamo circa 92.600 persone, 18.000 nella provincia di Trapani e circa 11.000 nella parte di nostra competenza della provincia di Agrigento. Questa dato è derivato dalle informazioni che derivano dalle strutture caritative con opportuni riscontri da parte nostra. Il lockdown ha messo in difficoltà diverse categorie di lavoratori. Al termine di questa emergenza, in realtà, c’è stata quella riguardante la guerra in Ucraina che ha portato a un innalzamento dei prezzi al consumo che ha significato un ulteriore aumento delle richieste. Tra il 2020 e il 2023 abbiamo riscontrato un incremento di circa il 15/20% del numero di assistiti. Solo nell’ultimo periodo, i dati sono dal 31 dicembre scorso a giugno di quest’anno, le strutture caritative sul territorio sono passate da 286 a 306 con un incremento della platea degli assistiti di circa 5.000 persone”.

Analoga è la situazione riscontrata dal Banco alimentare della Sicilia Odv. Racconta al QdS il presidente Pietro Maugeri “Non si tratta di un’emergenza ma oramai di un dato strutturale. Il tema è che, dopo la pandemia e la guerra ancora in atto, si è aggiunta la crisi energetica che ha fatto lievitare i prezzi delle bollette. Quanto abbiamo visto in questi ultimi anni è quindi il risultato dovuto alla somma di questi eventi, ossia un peggioramento della situazione generale. I dati relativi al territorio siciliano di cui ci occupiamo hanno evidenziato una crescita di circa il 40% perché si sono sommate alle povertà conosciute quelle derivanti dagli eventi prima citati, le nuove povertà di una classe medio-bassa che è entrata nella spirale della povertà. Si tratta spesso di famiglie con molti figli, anche molto piccoli, e una sola entrata reddituale cui si aggiungono anche madri o padri separati che non riescono più a provvedere a sé. Oggi, attraverso 430 strutture caritative aiutiamo oltre 160.000 siciliani”.

LEGGI LE INTERVISTE

Sebastiano Bavetta, ordinario di Analisi economica e microeconomia all’Unipa

Emiliano Abramo, presidente Comunità Sant’Egidio Sicilia

Salvo Pappalardo (Caritas Ct) e Don Ciresi (Caritas Pa)

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