Intervista a Giuseppe Margiotta, presidente nazionale Centro studi del Consiglio nazionale ingegneri - QdS

Intervista a Giuseppe Margiotta, presidente nazionale Centro studi del Consiglio nazionale ingegneri

Elettra Vitale

Intervista a Giuseppe Margiotta, presidente nazionale Centro studi del Consiglio nazionale ingegneri

sabato 25 Febbraio 2023

“Con la misura è venuto a mancare il ‘ribasso d’asta’ tipico delle opere pubbliche ma controlli molto rigidi per i professionisti”

Tante luci e ombre sulla misura Superbonus. Per fare chiarezza ci siamo confrontati con chi rappresenta coloro che hanno messo “le mani in pasta” nei lavori. Abbiamo infatti intervistato in esclusiva il siciliano Giuseppe Margiotta, il numero uno del Centro studi del Consiglio nazionale ingegneri.

Qual è stato l’impatto della misura sulla cassa dello Stato? I prezzi massimali previsti sono stati in linea con l’andamento del mercato?
“I prezzi previsti per gli interventi ricalcano in larga misura i prezziari regionali, anche se non tutte le Regioni dispongono di un listino ma vi sono casi, come la Sicilia, i prezzi proposti erano assolutamente compatibili. È chiaro che si è creato un meccanismo, che potremmo definire come il ‘difetto’ di questa misura, per cui è venuto a mancare quello che viene definito il cosiddetto ‘ribasso d’asta’. Questo però è un fenomeno solo apparente perché i prezziari regionali riguardano normalmente le opere pubbliche e, dunque, in questo caso il confronto tra il prezzo offerto e quello fissato in partenza ha una cornice che è la contrattazione. Nel mercato privato, come nel caso del Superbonus questo principio non vale poiché nel mercato edile privato questi ribassi non ci sono. Questa differenza va dunque riferita alle opere pubbliche e non a quelle private”.

Considerato che è stato stabilito un massimale di costo ammissibile per singolo intervento e che il cittadino ha avuto la possibilità di scaricare in toto i costi, il contribuente in base a quale criterio avrebbe dovuto prediligere un’offerta più bassa rispetto a una più alta?
“Trattandosi di un mercato privato la scelta del cittadino è orientata dal suo grado di fiducia nei confronti dell’operatore. Chiunque faccia dei lavori ma anche per le gare che riguardano i condomini, il più delle volte non si compara il risultato con il prezzo perché si predilige tendenzialmente il prezzo più basso a scapito della qualità. Siamo in un campo molto aleatorio. La misura del Superbonus ha avuto il grande vantaggio di eliminare un’ampia fetta di evasione connessa a lavori privati della quale non abbiamo certezza ma sappiamo che esiste. In questo caso, invece, abbiamo avuto la certezza che nel 99% dei casi si trattava di procedure regolari e certificate. Anche il racconto che viene fatto sulla grande evasione e truffe ha riguardato solo una piccolissima percentuale dei lavori svolti. Tra l’altro per questo tipo di interventi non è necessario che il controllore sia lo Stato perché sono gli stessi fruitori a fungere da vigilanti di quanto realizzato. Va poi detto che, in qualità di Centro studi Consiglio nazionale ingegneri, ancor prima di Nomisma, abbiamo fatto uno studio in base al quale emerge che l’importo del Superbonus non è tutto a carico dello stato. Va poi considerato l’enorme salto del Pil connesso alla misura, a cui si sono aggiunti un importante incentivo in termini di occupazione e di gettito fiscale a favore delle casse statali. È ovvio che non vi sia stato un ritorno di quanto speso in forma integrale perché sarebbe illogico ma si è trattato di un vero e proprio investimento per il settore energetico, un po’ meno per quello sismico, che va considerato appunto come un investimento e non una spesa fine a se stessa, con un grande ritorno in termini fiscali. Tra l’altro i famosi 15 miliardi di crediti attualmente incagliati, di fatto, lo Stato attualmente non li sta perdendo o pagando”.

Come ci spieghiamo le truffe che si sono verificate ai danni dello Stato per fatture “gonfiate”?
“Nella gran parte dei casi di Superbonus 110, sebbene non siamo in possesso di dati assolutamente certi, il sistema stesso non consente qualsivoglia tipo di truffa, specie per la riqualificazione energetica. Va considerato che la responsabilità di quanto e fatto e dichiarato dal tecnico atto ai lavori è stata resa sempre più severa dal sistema. Partendo dal presupposto che il professionista svolge un ruolo similare a quello del funzionario pubblico, questo non esclude che vi sia stato qualcuno che abbia esulato dai suoi doveri deontologici, scadendo nell’illegalità. Però, il professionista ha dovuto rispondere in toto nei confronti di Stato e cittadini e questo l’ha dovuto fare non solo per la propria parcella che rappresenta una percentuale piuttosto bassa del totale, ma per l’importo totale. La maggior parte dei casi di illegalità, infatti, ha riguardato i bonus facciata in cui i controlli erano più blandi. Teniamo conto che, per concedere il credito, le banche si sono appoggiate a delle società di intermediazioni come il colosso Deloitte che chiedeva, ad esempio, che l’asseverazione non dovesse attenersi solo ai requisiti previsti per legge, quindi timbrata e scritta ma addirittura anche filmata mentre il professionista compilava il documento e mostrava l’opera. Un controllo molto rigido e severo e con regole piuttosto stringenti per ridurre al minimo i rischi, tutto il resto è fisiologico come in qualsiasi altro caso”.

Possiamo trarre un bilancio in positivo o in negativo? Quali le soluzioni per uscire dal problema dei crediti incagliati?
“È chiaro che si è trattato di una misura di emergenza che è riuscita con grande successo a rilanciare un intero settore ma è chiaro che non si poteva pensare come un’iniziativa a regime essendo di per sé straordinaria. La difficoltà dei nostri governanti al momento è proprio quella di non riuscire a gestire questa transizione dall’emergenza all’ordinario. Adesso per sbloccare ciò che riguarda il passato e non il futuro e che coinvolge imprese, professionisti e committenti, come i 15 miliardi bloccati che non sono recuperabili perché la maggior parte dei soggetti interessati sono incapienti, tra tutte le soluzioni proposte la più ragionevole e immediata riguarda l’utilizzo degli F24 dei contribuenti. Sostanzialmente le banche hanno ‘in pancia’ una quantità enorme di F24 dei cittadini che potrebbero compensare con queste somme senza che lo Stato ci perda nulla e, dunque, sostanzialmente a costo zero”.

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