Italia, valanga di soldi non si sanno spendere - QdS

Italia, valanga di soldi non si sanno spendere

Carlo Alberto Tregua

Italia, valanga di soldi non si sanno spendere

sabato 22 Aprile 2023

PNRR 190 mld, PO 2021/2027 75 mld

I ministri e gli assessori regionali e comunali continuano a dichiarare all’opinione pubblica una situazione gravissima delle relative Pubbliche amministrazioni e cioè che esse non sono in grado di fare il proprio lavoro, con la conseguenza che non riescono a dare i servizi richiesti a cittadini/e e imprese. Ancora peggio, la Pa non è in condizione di realizzare progetti, opere e servizi conseguenti per mancanza di competenze.
Nonostante tutto questo, l’apparato pubblico italiano consta di ben 3,2 milioni di persone, ivi comprese quelle delle partecipate pubbliche.
Queste ultime, a eccezione di un certo numero di tutto rilievo, sono in perdita e in corso di liquidazione, che però non si conclude mai.
Vi è inoltre da segnalare una grave anomalia, oggetto di una nostra prossima inchiesta, che riguarda la disfunzione cronica dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la quale non è in condizione di gestire tutti i cespiti a essa affidati.

Sarebbe logico che il Governo preparasse un disegno di legge con il quale sottrarre alla predetta Agenzia la gestione di tutti i beni confiscati in via definitiva, che sono diventati patrimonio dello Stato, e li affidasse a una società per la loro gestione economica. Per conseguenza, all’Agenzia resterebbero solo i beni sequestrati in via provvisoria, in attesa delle sentenze irrevocabili.

L’insufficienza e la disorganizzazione della Pubblica amministrazione mettono a rischio la spesa straordinaria indirizzata all’Italia che proviene dall’Europa con due importanti filoni di finanziamento: il PNRR, di cui un terzo a fondo perduto e due terzi da restituire, per circa 190 miliardi; e l’ammontare del Piano Operativo 21/27 per il quale sono destinati all’Italia altri 75,8 miliardi da non restituire. Vi sono inoltre ancora circa 35 miliardi del MES che l’Italia non ha utilizzato.

Se i circa trecento miliardi elencati si spendessero nei prossimi cinque anni, si potrebbero costruire tutte le infrastrutture che mancano, sistemare immobili in senso antisismico ed antitermico, si potrebbero razionalizzare tante attività pubbliche e assistenziali che oggi sono fortemente carenti.
Ma perché la Pubblica amministrazione è in questo stato di degrado? Si sa che il pesce puzza dalla testa, quindi si deduce che la sua dirigenza non sia all’altezza della situazione. Chi ha scelto questa dirigenza? Il ceto istituzionale proveniente dai partiti che, essendo mediocre culturalmente e professionalmente, sceglie i dirigenti a propria immagine e somiglianza.

Un ministro che non sa leggere i fascicoli, che non conosce le leggi, che non ha competenze e conoscenze organizzative, che non ha il polso fermo per gestire le risorse umane, è facile preda di quei volponi dei dirigenti che essendo in quei posti da decenni, conoscono fatti e misfatti, con la conseguenza che possono facilmente gabbare e ingabbiare il proprio capo, chiunque esso sia.
Ecco perché occorrerebbero ministri/e dotati/e di attributi mentali di acciaio e capaci di gestire il proprio personale indirizzandolo rigorosamente e controllando con cronoprogrammi ferrei i tempi in cui i progetti vengono realizzati e i servizi erogati.

È un peccato che il nostro Paese, sommerso dalla valanga di denaro, non lo sappia utilizzare, anzi venga affogato.
Tutto ciò accade, oltre che per le osservazioni prima descritte, anche perché nessuno mai ha pensato di sottoporre tutti i dirigenti e dipendenti, ma proprio tutti, ad un sistema di formazione continua. Fanno eccezione a quanto precede le Forze dell’ordine (GdF, Cc e Polizia), che invece hanno nel loro sistema corsi di formazione continua. Anche per questo ottengono risultati notevoli, che vengono poi elencati nelle loro rispettive feste annuali.

È vero che esiste la Scuola Nazionale dell’Amministrazione, ma essa è facoltativa e non obbligatoria per i dirigenti, molti dei quali sono nominati con metodi personali che nulla hanno a che fare con selezioni basate su capacità professionali, dimostrate anche in precedenti attività.
Trovata la malattia, occorre la cura: ribaltare l’attuale metodo di nomina, sostituendolo con l’unico sistema che funziona, cioé quello meritocratico.

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