La politica, le politiche ed i movimenti marini - QdS

La politica, le politiche ed i movimenti marini

redazione

La politica, le politiche ed i movimenti marini

Salvo Fleres  |
mercoledì 21 Giugno 2023

Qualche giorno addietro ho avuto il piacere di chiacchierare con alcuni giovani consiglieri comunali eletti a Catania ed in alcuni altri centri dell’hinterland

Qualche giorno addietro ho avuto il piacere di chiacchierare con alcuni giovani consiglieri comunali eletti a Catania ed in alcuni altri centri dell’hinterland nei quali, pochi giorni addietro, si sono svolte le elezioni amministrative. Li ho trovati tutti molto appassionati e pronti a dare il necessario contributo al miglioramento del territorio in cui vivono, anche se hanno bisogno di essere aiutati.
Ho provato a spiegare loro che la politica, oltre che di idee e programmi, si compone di due fasi fondamentali: la fase della raccolta e della organizzazione del consenso e la fase dell’uso del consenso medesimo ai fini della realizzazione di scelte di governo, ovvero di soluzioni per i diversi problemi che attanagliano questo o quel comune e rendono difficile la vita dei cittadini, che ogni giorno di più mostrano stanchezza e rassegnazione.
La prima fase segue esattamente le regole dei movimenti marini: le onde, che sono movimenti occasionali, le correnti, che sono movimenti costanti e le maree che sono movimenti periodici. L’abilità del politico risiede nel fare in modo che, da ciascuno dei tre movimenti, che sono tutti ciclici, quindi hanno una fase di avanzamento ed una fase di arretramento, resti qualcosa, ovvero venga prodotta qualcosa di politicamente rilevante.

“Se non ci prepariamo a raccogliere l’acqua che le onde portano a riva”, ho detto durante la conversazione, “il successivo movimento inverso se la porterà via, senza aver prodotto nulla”.
Uscendo di metafora, ho detto che “è necessario che le azioni politiche che poniamo in essere trovino una sorta di contenitore che faccia in modo che una parte di esse, cioè dell’acqua spinta sulla riva dalle onde, dalle correnti o dalle maree, possa non andare sprecata”.
“Il buon politico” ho detto loro, “è quello che, oltre ad elaborare buone idee, sa trattenere, raccogliere, conservare, incrementare e soprattutto non sprecare il consenso che ottiene per merito dei movimenti marini (elettorali), vale a dire il flusso d’acqua (le politiche che determinano consenso) portato a riva dalle onde.

Poi c’è la fase della soluzione dei problemi, che è certamente quella più difficile ma anche più importante, per gli effetti che determina sulla vita dei cittadini, che sono anche elettori.
Anche in questo caso è necessario che le soluzioni poste in essere non solo siano valide e condivise, non solo risultino efficaci rispetto a quelle che sono le aspettative generali, ma possano pure lasciare una traccia ben visibile in chi se ne gioverà, in chi ne fruirà, negli anni a venire. Una traccia che faccia risalire al suo autore, magari con una buona, costante e leale comunicazione, altrimenti, poco tempo dopo, nonostante l’impegno che si è prodotto, ciò che è stato fatto viene dimenticato.
“Anche perché”, ho spiegato ai giovani consiglieri, “la gratitudine è un sentimento del giorno prima, mai del giorno dopo. Per questo bisogna aiutare la memoria con misure comunicazionali e di partecipazione attiva che la mantengano attiva e generosa”.

Spero che abbiano ben compreso. Lo spero davvero perché, soprattutto in Sicilia non solo bisogna costruire una classe dirigente giovane e fresca, ma bisogna pure fare in modo che le politiche che saranno poste in essere siano efficaci ed efficienti.
Condannare i siciliani ad essere rappresentati soltanto da gestori dei problemi e non da risolutori sarebbe davvero grave perché, medio tempore, i cittadini, magari senza accorgersene, si trasformeranno in sudditi prigionieri delle loro miserie, delle loro esigenze e di coloro i quali si guarderanno bene dal liberarli e tenteranno in tutti i modi di mantenerli legati con un vecchio metodo: quello del pesce al posto della canna, del reddito di cittadinanza al posto del lavoro, del favore al posto del diritto.

Uscire da questa prigione non è assolutamente facile perché un “corpo”, come quello del nostro Paese, ormai impigrito, difficilmente riuscirà a mettersi in moto e riprendere il cammino nella direzione e giusta, ma se il corpo fosse giovane e fresco la ripresa sarebbe certamente più semplice.
Anche la metafora del corpo credo sia stata compresa dai giovani consiglieri.

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