L’allenatore scoraggia i propri giocatori - QdS

L’allenatore scoraggia i propri giocatori

Carlo Alberto Tregua

L’allenatore scoraggia i propri giocatori

martedì 04 Aprile 2023

Raffaele Fitto: “Nel 2026 non ce la faremo”

Abbiamo sentito il ministro Raffaele Fitto, che ha la delega di attuazione degli investimenti previsti dal Pnrr in sei misure (elencate nel box in fondo alla pagina), dire che entro il 2026 il Governo non sarà in condizione di far spendere a tutte le sue ramificazioni territoriali i circa duecento miliardi stanziati dall’Europa relativi al Pnrr.

La sua esternazione è quantomeno singolare. È come se un allenatore che fa scendere la propria squadra in campo, negli spogliatoi dicesse ai propri giocatori: “Non ce la faremo a battere gli avversari”.
È ovvio che un’ammonizione negativa di questo tipo farebbe scoraggiare gli stessi giocatori, i quali entrerebbero in campo con le gambe tremolanti.

L’allenatore metaforico, in questo caso Fitto, dovrebbe dire esattamente il contrario: “Ce la faremo, perché dobbiamo farcela, mettendo in campo tutte le energie possibili e facendo anche l’impossibile perché, ripeto, ce la dobbiamo fare”.

Perché il nostro Paese con le sue ramificazioni territoriali non dovrebbe spendere i duecento miliardi? La risposta è univoca: perché ha una burocrazia arretrata, fatiscente, non aggiornata, incompetente, che non è in condizione di far funzionare la macchina in maniera ordinata, con la conseguenza di non poter raggiungere gli obiettivi previsti.

Ma c’è un’altra questione non meno importante. Si tratta del coacervo di norme (nazionali, regionali e locali) fra di loro contrastanti, scritte in modo confuso e non in italiano, bensì in burocratese, le quali non indicano strade nitide su cui far correre i processi amministrativi che portino alla realizzazione delle opere e dei servizi.

Vi è un terzo fattore che influenza l’ipotesi di non farcela ed è che nella Pubblica amministrazione di tutti i livelli manca il Pos (Piano Organizzativo dei Servizi) che, come abbiamo scritto innumerevoli volte, deve essere globale e prevedere ogni passaggio, i relativi tempi e gli obiettivi.

Vi è un quarto fattore di ostruzione al buon funzionamento della macchina: manca un sistema di controlli effettivo e non formale che paragoni gli obiettivi ai risultati, premiando e sanzionando i responsabili dei diversi procedimenti.

L’insieme dei difetti testé elencati non può essere eliminato con un colpo di bacchetta magica perché sono vent’anni e più che si pensa di riformare la Pubblica amministrazione.

Ci ha provato Brunetta quando è stato ministro della Pa nel 2008 e nel 2022; la ministra Madia e tanti altri; ma non avendo le competenze in organizzazione, hanno fallito la loro missione, il che è dimostrato dallo stato comatoso in cui si trova tutta la Pa del nostro Paese, ripetiamo, di ogni livello territoriale.
Non possiamo sottacere la questione del rapporto fra Pa e organizzazione sindacale dei dirigenti pubblici, presenti in sei/otto e più sigle. L’Aran, l’ente che tratta la materia per conto del Governo o delle giunte regionali, non ha mai avuto come condottiero una persona professionalmente allenata a stabilire le regole di funzionamento di un contratto dirigenziale, per cui è stata sempre vittima degli interessi particolari dei dirigenti, i quali – assurdo – si fissano gli obiettivi per poi prendere i premi.

I famosi totem di cui parlava Brunetta con le tre faccette (rossa, verde, gialla) da installare in ogni sportello pubblico non hanno mai trovato collocazione per lo strenuo contrasto di tutti i pubblici dipendenti, i quali temono fortemente il giudizio dei/delle cittadini/e, poiché prestano servizi mediocri e in genere insufficienti.
Eppure, la soddisfazione dei “clienti-cittadini/e” dovrebbe essere messa al primo punto nei procedimenti relativi alla produzione di servizi di vario genere. Ciò perché sono proprio i “clienti-cittadini/e” che pagano i loro stipendi con le imposte, per cui hanno il diritto di pretendere che i servizi siano di buona qualità.

Tornando a Fitto, lo invitiamo a ribaltare il suo annuncio, ad incoraggiare tutti coloro che devono preparare i progetti e controllare che, aperti i cantieri, le opere vengano consegnate entro il 2026.
Vedremo fra qualche anno se sarà il caso di chiedere deroghe all’Unione europea per spostare in avanti tale data. Ma non ora!

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