Per tutto il 2023 è possibile chiudere il contenzioso che pende dinanzi alla giustizia tributaria a condizioni vantaggiose per il contribuente.
L’articolo 1, commi da 186 a 205, della legge 29 dicembre 2023 (cosiddetta legge di bilancio 2023) prevede varie forme di chiusura agevolata (per il contribuente) del contenzioso tributario pendente dinanzi alle Corti di giustizia tributaria (ex Commissioni tributarie) e dinanzi alla Suprema Corte di cassazione – sezione tributaria – pendenti alla data del 1° gennaio 2023 previo domanda esente da bollo da presentare dal contribuente alle condizioni appresso illustrate. Occorre presentare una domanda ed effettuare un versamento distinto per ciascun atto impugnato, anche se con un unico ricorso si contestano più atti (c.d. ricorso cumulativo).
Tale chiusura agevolata delle liti fiscali si perfeziona con la presentazione della relativa domanda e con il versamento della somma dovuta o della prima rata, nel caso di pagamento rateale o con la sola presentazione della domanda in caso che non vi siano somme da versare.
La presentazione della domanda suddetta non sospende il giudizio, per la sospensione del giudizio occorre che il ricorrente depositi copia della domanda di sospensione presso la segreteria della giurisdizione tributaria (Corte di giustizia tributaria di primo o secondo grado oppure Corte di cassazione) entro il 10 luglio 2023. In questo caso il processo è sospeso.
Quali liti si possono chiudere
Si possono chiudere con le agevolazioni illustra di seguito tutti i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate (quali IRPeF, le addizionali regionali e provinciali a tale imposta, l’IRAP e l’IVA) e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli pendenti alla data detta sopra.
Mentre non sono ammesse alla chiusura in trattazione le seguenti controversie: le risorse proprie tradizionali e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione e le liti per le quali alla data del 1° gennaio 2023 si sia avuta una sentenza definitiva della controversia da chiudere con la presente definizione.
Come si possono chiudere le liti
Allo scopo di smaltire l’arretrato del contenzioso tributario la norma in esame prevede quanto appresso.
Prima di passare ad illustrare le varie misure di riduzione di quanto dovuto + utile dire cosa si intende per valore della lite al fine di comprendere come determinare il dovuto. Il valore della lite è dall’imposta richiesta nell’atto contestato con il ricorso, al netto di intere, sanzioni e spese varie; nel caso in cui la controversia verte soltanto su tali accesso, il valore della lite è rappresentato dagli stessi accesso.
- In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della stessa.
- In caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare (cioè che non riguarda la sospensione di un pagamento) depositata alla data del 1° gennaio 2023 le controversie possono essere definite con il pagamento:
a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
- In caso di accoglimento parziale (cioè che la richiesta del contribuente viene accolta in parte) del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui alle lettere a) e b) di cui sopra per la parte di atto annullata.
Allo scopo di chiarire quanto appena esposto si fa il seguente esempio: un contribuente fa ricorso avverso una pretesa tributaria di € 15.000 + € 450 di sanzioni ed € 270 di interessi, la Corte di giustizia tributaria di primo grado adita accoglie il ricorso al 50%, di conseguenza il contribuente ricorrente, per chiudere la controversia con la presente agevolazione dovrà versare € 6.000 (pari al 40% di 15.000).
- Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali la competente Agenzia fiscale risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.
- Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data del 1° gennaio 2023 e con il pagamento del 40 per cento negli altri casi.
- Per la migliore comprensione si quanto appena esposto si fanno seguire due chiarimenti:
- 1°) sono non collegate al tributo quelle richieste di pagamento dove si chiede solo il pagamento di interessi, sanzioni e spese;
- 2) negli altri casi vengono chiesti tributi e gli accessori elencati nel precedente punto 1).
Come presentare la domande ed effettuare i versamenti
La domanda va presentata alla segreteria della giurisdizione (Corte di giustizia tributaria di primo o secondo grado .oppure Corte di cassazione) presso la quale è incardinato il ricorso da chiudere entro il 30 giugno 2023 ed il relativo pagamento della somma dovuta va effettuato entro il 30 settembre 2023. Se la somma da versare è superiore a 1.000 euro è possibile rateizzare la stessa in massimo 20 rate ciascuna di pari imposto. In tal caso, sui versamenti successivi al 30 settembre 2023 vanno calcolati gli interessi legali (oggi al tasso del 5%) in ragione di anno. I versamenti del debito rateizzato vanno effettuati nelle seguenti date: 30 settembre 2023, 31 ottobre 2023, 20 dicembre 2023 i i primi tre versamenti, 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre, 20 dicembre di ogni anno i successivi versamenti.
Nel caso in cui in corso di causa siano stati versati importi di quanto richiesto con l’atto contestato con il ricorso da chiudere, tali importi vanno sottratti da quanto si deve versare per la chiusura della controversia. Se quanto si è versato in corso di causa eccede quanto occorre versare per la chiusura della controversia, la differenza non viene rimborsata.