Tumori al seno, lo spettro del Covid oscura la prevenzione - QdS

Tumori al seno, lo spettro del Covid oscura la prevenzione

redazione

Tumori al seno, lo spettro del Covid oscura la prevenzione

venerdì 09 Ottobre 2020

L'allarme lanciato dalla Fondazione Veronesi in occasione dell'Ottobre rosa, “Danni a lungo termine, stimati cinquemila morti in un decennio si rischia di tornare indietro di quarant'anni". Mancano all'appello duemila nuove diagnosi

Da un lato lo tsunami Covid-19 che ha bloccato le attività di prevenzione e le visite, dall’altro il tumore al seno che non smette di colpire anche durante la pandemia. Risultato: “Danni raddoppiati per le donne se l’accesso agli ospedali viene ancora rimandato”. E’ l’allarme dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, che in occasione dell’Ottobre rosa invita le italiane a non posticipare ulteriormente i controlli “per non tornare indietro di 40 anni” nella lotta a una neoplasia che colpisce nel nostro Paese 53 mila donne all’anno, di cui oltre 16 mila under 44. Il dato allarmante è che rispetto allo stesso periodo 2019, da gennaio a maggio 2020 ci sono state “2 mila nuove diagnosi in meno”. Quindi il pericolo è che si arrivi a un aumento dei casi più gravi e della mortalità.

“Per le donne – avvertono gli esperti dell’Irccs fondato da Umberto Veronesi – i danni indiretti di Covid-19 potrebbero essere maggiori di quelli diretti: dopo la pandemia, secondo le previsioni, potremmo diagnosticare più casi di cancro al seno e più tumori avanzati, probabilmente anche inoperabili, con un inevitabile aumento della mortalità. Negli Usa si stimano circa 5 mila morti in più per cancro del seno nei prossimi 10 anni. Ma siamo ancora in tempo per invertire questa tendenza, se le donne spezzano la catena della paura del virus che le tiene lontane da ambulatori e ospedali, per riprendere regolarmente visite ed esami senologici”.Nel 1980, quando la mammografia non era diffusa come oggi – ricordano dal centro di via Ripamonti – il 70% dei tumori veniva trovato con dimensioni sopra i 2 centimetri e la curabilità non andava oltre il 70%. Oggi il 70% viene diagnosticato sotto i 2 cm e la curabilità è di oltre il 90%. è dimostrato che le donne nella fascia di età 50-69 anni possono ridurre del 35% il rischio di morire per cancro alla mammella effettuando una mammografia ogni 2 anni, e tutto fa pensare che la stessa riduzione si applichi anche alle donne più giovani o più anziane. Da qui l’importanza assoluta di riprendere le attività di prevenzione, diagnosi e cura.

“Nei primi 5 mesi del 2020 – riferisce Paolo Veronesi, direttore della Senologia chirurgica Ieo e professore ordinario all’università Statale di Milano – in Italia ci sono stati 400mila esami di screening in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con una conseguente riduzione di circa 2 mila nuove diagnosi di tumore al seno. Ma ovviamente il tumore non è scomparso allo scoppio del Covid. Sarà individuato in fase più avanzata, con conseguenti minori probabilità di guarigione e necessità di maggiori risorse per le cure”.

“Stiamo già osservando in Ieo un numero più alto di diagnosi di cancro al seno avanzato – testimonia lo specialista – Prendendo le pazienti operate in un mese campione, luglio 2020, e paragonandole con quelle operate nello stesso mese del 2019, abbiamo osservato mediamente neoplasie in uno stadio più avanzato, con un numero maggiore di linfonodi coinvolti e di dimensioni mediamente superiori. Questo vuol dire minori possibilità di guarigione, interventi chirurgici e terapiepiù invasive”.

“Del resto – osserva Veronesi – il ritardo nella diagnosi del tumore al seno è un problema mondiale. Un recente editoriale sulla rivista ‘Science’, del direttore del National Cancer Institute di Bethesda, Norman E. Sharpless, spiega come la paura di accedere alle strutture sanitarie per via del Covid-19 ha inferto un duro colpo alla prevenzione, che si prevede causerà negli Usa circa 5 mila morti in più per cancro del seno da qui al 2030. Noi pensiamo che questo tragico effetto collaterale della pandemia da Covid si possa minimizzare, e che queste morti si possano evitare: occorre che le donne si convincano ad accedere con serenità agli ospedali e ai centri diagnostici”. “La paura e il senso di smarrimento dei primi mesi dell’epoca Covid sono più che comprensibili – commenta Roberto Orecchia, direttore scientifico Ieo – Ora il virus non si è fermato, come ben sappiamo, magli ospedali hanno imparato a proteggere chi vi accede, tanto da poteraffermare che sono fra i posti più sicuri in questo momento. Tutte le attività sono state riorganizzate per assicurare misure protettive che sono i capisaldi per tenere sotto controllo il virus” ha concluso.

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