Mafia, clan e centri scommesse, blitz della Finanza - QdS

Mafia, clan e centri scommesse, blitz della Finanza

redazione web

Mafia, clan e centri scommesse, blitz della Finanza

lunedì 08 Giugno 2020

Otto arresti a Palermo, tra cui due imprenditori, due obblighi di dimora per mafia e riciclaggio e sequestri di beni per quaranta milioni in Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania. I bandi per le concessioni statali e i flussi di denaro

La Guardia di Finanza ha arrestato otto persone – tre sono ai domiciliari – e notificato il divieto di dimora nel comune di Palermo ad altre due accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori aggravato dal favoreggiamento mafioso.

L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, ha svelato gli interessi dei clan nel settore dei giochi e delle scommesse sportive e le complicità di alcuni imprenditori che avrebbero riciclato il denaro sporco per conto dei boss.

Sequestrate attività economiche e beni per oltre quaranta milioni di euro.

I personaggi chiave dell’inchiesta

Personaggi chiave dell’inchiesta sono l’imprenditore Francesco Paolo Maniscalco, in passato condannato per mafia ed esponente della “famiglia” di Palermo Centro, e Salvatore Rubino che per conto dei clan avrebbe riciclato il denaro.

Gli inquirenti hanno ricostruito il modo in cui le cosche si infiltravano nell’economia “legale” controllando imprese, gestite occultamente da loro uomini di fiducia.

La partecipazione ai bandi per le concessioni statali

Come Vincenzo Fiore e Christian Tortora che, partecipando a bandi pubblici, avevano ottenuto le concessioni statali rilasciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive.

A consentire l’espansione sul territorio della rete di agenzie scommesse e di corner gestiti dalle imprese vicine alla mafia sarebbero stati i clan di Porta Nuova e Pagliarelli.

Quest’ultimo avrebbe garantito l’apertura di centri controllati dal mafioso Salvatore Sorrentino.

Il “vitalizio” ai familiari del boss assassinato

Dietro l’operazione c’era anche la cosca di Porta Nuova che reimpiegava i soldi guadagnati dagli investimenti nelle agenzie per mantenere gli affiliati mafiosi detenuti e per far avere un “vitalizio” ai familiari di Nicolò Ingarao, boss assassinato anni fa.

Coinvolti nell’affare anche i “mandamenti” della Noce, di Brancaccio, di Santa Maria di Gesù e Belmonte Mezzagno e San Lorenzo, che avrebbero dato l’ok per l’apertura di centri scommesse nei loro territori.

Summit per pianificare le operazioni economiche

Le operazioni economiche sarebbero state pianificate nel corso di summit a cui avrebbero partecipato anche i massimi vertici del mandamento di Pagliarelli: Settimo Mineo e Salvatore Sorrentino, arrestati nei mesi scorsi.

Negli anni, grazie alla loro abilità imprenditoriale e ai vantaggi derivanti dalla “vicinanza” alla mafia, gli indagati avrebbero acquisito la disponibilità di un numero sempre maggiore di licenze e concessioni per l’esercizio della raccolta delle scommesse, fino alla creazione di un impero economico costituito da imprese, formalmente intestate a prestanome compiacenti come Antonino Maniscalco e Girolamo Di Marzo, che nel tempo sono arrivate a gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro.

Il gruppo imprenditoriale indagato, nelle ultime settimane ha acquistato, nel quartiere Malaspina, senza necessità di ricorrere a finanziamenti bancari, un immobile usato come ufficio amministrativo di una delle società del gruppo, e un’agenzia scommesse, entrambi ora sequestrati.

Tutti i nomi degli arrestati

Gli arrestati sono dunque Francesco Paolo Maniscalco, di 57 anni, Salvatore Sorrentino, di 55, Salvatore Rubino, di 59, Vincenzo Fiore, di 41, e Christian Tortora di 44 anni.

Gli arresti domiciliari sono stati disposti per Giuseppe Rubino, di 88 anni, Antonino Maniscalco, di 26 e Girolamo Di Marzo, di 61.

Nei confronti dei fratelli Maurizio ed Elio Camilleri, di 65 e 62 anni, è stata applicata la misura del divieto di dimora nel Comune di Palermo.

Sequestrate aziende in Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania

Nell’ambito della stessa inchiesta è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero capitale sociale e del complesso aziendale di otto imprese, con sede in Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania, cinque delle quali titolari di concessioni governative per la gestione delle agenzie scommesse, nove agenzie di scommesse a Palermo, a Napoli e in provincia di Salerno, per un valore complessivo di circa quaranta milioni di euro.

Secondo gli inquirenti le attività economiche sarebbero dirette da esponenti mafiosi o finanziate con denaro sporco.

Nell’operazione impegnati duecento militari

Nell’operazione sono stati coinvolti duecento militari della Guardia di Finanza dei reparti di Palermo, Milano, Roma, Napoli e Salerno, che hanno eseguito decine di perquisizioni in Sicilia, in Campania, nel Lazio e in Lombardia.

Seguire il denaro per arrivare arrivare ai clan

“Colpire gli interessi economici di Cosa nostra – ha detto Gianluca Angelini, comandante del Nucleo Operativo Economica e Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo – dev’essere un’azione sistematica e complementare rispetto al tradizionale contrasto di tipo militare. Lo scopo è limitare la pericolosità criminale che deriva dalle riserve di capitali illeciti che possono essere impiegati per ripristinare l’operatività della struttura mafiosa colpita dagli arresti”.

Il business, infatti, viene stimato dagli inquirenti in ben cento milioni di euro l’anno.

“L’obiettivo – ha concluso Angelini – è sottrarre al mafioso ogni beneficio economico derivante dalla propria azione criminosa. Oggi più che mai per scovare Cosa nostra bisogna seguire il denaro e i flussi finanziari”.

Intercettazioni in una falegnameria

Il 5 maggio del 2018 Salvatore Rubino, arrestato oggi nell’operazione della guardia di finanza All In, nella falegnameria in via Paolo Emiliani Giudici a Palermo, descriveva il suo ruolo nella gestione dei giochi e delle scommesse. I rapporti con Christian Tortora, come si legge nell’ordinanza del gip Walter Turturici, risalgono già all’epoca dell’operatività di Bet For Bet srl e sono proseguiti anche in seno alla gestione di Tierre Game srl e Gierre Game srl.
“Christian con me non aveva solo Tierre, aveva Gierre, Bet for Bet, Christian era dentro la Bet for Bet”.

Le affermazioni di Rubino, oltre ad ammettere di poter disporre completamente di questi soggetti – e, dunque, delle concessioni pubbliche in capo agli stessi – conferma il ruolo attivo di Christian Tortora, il quale insieme agli altri risulta essere l’ideatore e l’organizzatore delle società demandate ad acquisire, reimpiegando i capitali illeciti derivanti dalla raccolta abusiva delle scommesse sportive, diritti concessori per l’esercizio dei giochi pubblici.

Nel corso delle intercettazioni, grazie alla microspia piazzata dai nella falegnameria, Salvatore Rubino chiarisce di aver “delegato” a Fiore e Tortora la cura della gestione commerciale pur confermando di aver mantenuto la titolarità delle società, avvalendosi di prestanome: “Il padrone sono sempre io, con te … fammi avere cinquemila euro al mese, più mille di come si chiama, seimila euro al mese, il resto non voglio sapere niente questi sono gli accordi”.

Subito dopo, Rubino ribadisce che, con lui, Tortora ha avuto un ruolo attivo già dalle fasi di costituzione della società Tierre Game srl.

“Quanto affermato da Rubino conferma, inequivocabilmente, – scrive il gip – che i soci e amministratori di diritto abbiano di fatto avuto la finzione di meri intestatari fittizi e soggetti a disposizione di Rubino degli altri “soci occulti” Cristian Tortora e Vincenzo Fiore. Le affermazioni di Salvatore Rubino nella falegnameria forniscono l’esatta chiave di lettura di quel processo di graduale “spogliazione societaria” e, pertanto, evidenziano come egli, dopo aver creato con Christian Tortora le suddette società, ad un certo punto, abbia rinunciato ad amministrarle, rimanendone pur sempre il dominus rispondendo, alla superiore volontà di Francesco Paolo Maniscalco”.

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