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Maresciallo Lombardo, svolta nelle indagini: la lettera d’addio e quelle domande senza risposta

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Maresciallo Lombardo, svolta nelle indagini: la lettera d’addio e quelle domande senza risposta

Redazione  |
sabato 22 Aprile 2023

Il caso della morte del maresciallo Lombardo, tanti gli interrogativi rimasti aperti. Adesso, però, potrebbe essere vicina la soluzione della vicenda.

“Di sicuro c’è solo che è morto”. Così il giornalista Tommaso Besozzi titolò il suo pezzo, pubblicato su L’Europeo del 16 luglio 1950, nel quale smentì la versione ufficiale della morte di Salvatore Giuliano. Quel titolo vale anche per la morte del maresciallo Lombardo perché, dopo ventotto anni, sulla sua misteriosa morte nulla si è più saputo, nulla è trapelato dalle diverse Commissioni Antimafia o dalle numerose inchieste tantomeno dai vani tentativi di giornalisti di tutta Italia di conoscere la verità.

Di sicuro, quindi, c’è solo che è morto e che la versione ufficiale ritiene che il maresciallo Lombardo si sia suicidato? No, perché oggi qualcosa sembra muoversi proprio a partire dalla notizia della formazione di un pool legale di indagine sulla sua morte e dell’annuncio, per voce dell’avvocato Salvatore Traina, legale della famiglia Lombardo che afferma di aver “individuato i possibili responsabili dell’omicidio. Abbiamo anche individuato il movente dell’omicidio, ben diverso da quello finora ipotizzato al fine di depistare le indagini”.

La morte del maresciallo Lombardo

Tutto inizia, in effetti l’epilogo della vita del maresciallo Lombardo è contemporaneamente l’incipit di una narrazione negata che riguarda la verità sulla sua morte, quando il sottufficiale dei carabinieri, in forza al ROS, il Reparto Operazioni Speciali, viene trovato morto nella caserma “Bonsignore” di Palermo. Era il 4 marzo 1995. “Mi sono ucciso – si legge in una lettera ritrovata sul sedile anteriore del passeggero a fianco del corpo esanime di Lombardo – per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita”.

Ma chi era il maresciallo Lombardo?

Era un maresciallo dell’Arma dei carabinieri che nel 1980 fu messo al comando della stazione di Terrasini e proprio da quella sede diede un contributo importante all’arresto di Totò Riina, avvenuto il 15 gennaio 1993, come dimostrato da una sua informativa datata 29 luglio 1992 in cui scrive “Fonte confidenziale di comprovata attendibilità ha riferito che in atto la latitanza del noto mafioso Riina Salvatore viene favorita dalla famiglie mafiose della Noce Ganci-Spina e dai fratelli Sansone dell’Uditore”.

Può sembrare strano ma, proprio da quella piccola tenenza di provincia, il maresciallo Lombardo aveva un punto di vista privilegiato, da quel territorio che fu governato dal boss, tutt’altro che di secondo piano, Gaetano Badalamenti che i più ricordano solo per l’omicidio di Peppino Impastato e che invece è stato un boss di primo piano tanto da essere presente, assieme a Giuseppe Genco Russo, capomafia succeduto a Calogero Vizzini nel controllo della Sicilia centrale e a Gaspare Magaddino, capo della mafia di Castellammare del Golfo, al famoso incontro all’hotel delle Palme avvenuto tra il 12 e il 16 ottobre 1957 e ricordato come il “Summit del Grand Hotel et des Palmes” che fu un importante summit di mafia tenutosi a Palermo tra i capi di Cosa Nostra siciliana e Cosa Nostra Americana, summit durante il quale vennero ricuciti i rapporti tra le due organizzazioni e si discusse l’ingresso dei siciliani nel business del traffico di stupefacenti.

La storia del giovane maresciallo Lombardo è quella di un militare che, dopo aver convinto il boss Tano Badalamenti, allora in un carcere negli Stati Uniti, a tornare in Italia dove, probabilmente, avrebbe sbugiardato il pentito Tommaso Buscetta che aveva accusato Giulio Andreotti di essere un colluso. Testimonianza, quella di Badalamenti, che avrebbe avuto un effetto devastante ossia di demolire una serie di affermazioni del super pentito Tommaso Buscetta, supertestimone sia nel processo Andreotti, sia in quello per il delitto Pecorelli in cui era sempre imputato l’Andreotti. Il primo era in corso a Palermo mentre il secondo a Perugia. Le deposizioni di Badalamenti avrebbero potuto sgretolare due processi ai quali, sia la procura di Palermo sia quella di Perugia, tenevano moltissimo.

Ma, bomba a orologeria, 23 febbraio 1995 l’allora sindaco di Palermo Leoluca Orlando Cascio e l’allora sindaco di Terrasini Manlio Mele, accusarono, in diretta tv nel programma “Tempo Reale”, “pezzi dello Stato” di Terrasini di stare “dalla parte della mafia”, chiedendo di indagare “sul comportamento del maresciallo”. Trasmissione nella quale Santoro, il conduttore, non permise l’intervento dell’allora generale comandante dell’Arma, Luigi Federici, che aveva chiesto telefonicamente di poter intervenire. A seguito di quelle parole, la missione in America di Antonino Lombardo venne cancellata, quella missione che avrebbe dovuto portare in Italia Tano Badalamenti e la sua morte procurò il risultato che Badalamenti non sarebbe più tornato in Italia.

La lettera d’addio di Lombardo

Tutto, ma soprattutto questa lettera, fece pensare a un suicidio. Ma il caso fu troppo presto archiviato come tale. Un suicidio spiegato senza adeguati riscontri scientifici e che fu avvalorato solamente da quella lettera d’addio scritta da Lombardo senza garantirne l’autenticità. Si tratta di una lettera sulla quale si sono addensati molti dubbi. Fu veramente scritta da Lombardo? E se così fosse, quando l’avrebbe scritta? Dubbi che non stati mai svelati per quasi ventotto anni.

Ma proprio sulla veridicità di questa lettera e per cercare di rispondere a queste domande i familiari del maresciallo, la figlia Rossella e il fratello Fabio, sono arrivati a una prima risposta. Per realizzare la perizia, la famiglia ha consegnato alla dottoressa Valentina Pierro, criminologa e grafologa forense che eseguito la perizia, una serie di documenti scritti di proprio pugno dal maresciallo Lombardo e, proprio dal confronto con questi, emergono differenze tali da aver indotto la grafologa forense a ritenere che la lettera rinvenuta accanto al corpo di Lombardo non sia stata scritta da lui.

Si tratta quindi di un falso? Sembra di sì quindi chi l’ha scritta? Chi aveva l’interesse a depistare, questo è il termine giusto, consegnando alle indagini e alla famiglia una lettera falsa spacciandola per autentica?
Una perizia solo oggi?

Questa non è la domanda giusta che invece dovrebbe essere “Perché non fu fatta nei giorni immediatamente successivi a quel 4 marzo 1995?” o meglio “Perché non furono eseguite tutte le indagini del caso e tutte le perizie che normalmente sono effettuate?”. Come Fabio Lombardo ha ricordato nell’audizione in Commissione nazionale Antimafia presieduta dal dottor Nicola Morra avvenuta lo scorso anno, non fu eseguita l’autopsia tantomeno un esame balistico approfondito. È evidente che si è profilato un quadro artatamente nebuloso sulle “indagini”, mai realizzate e concluse con una richiesta di archiviazione firmata, come ricordato sempre in Commissione Antimafia da Fabio Lombardo, da ben sette magistrati.

L’arma che ha ucciso Lombardo

Il perito balistico Gianfranco Guccia, incaricato dalla famiglia e che ha eseguito le perizie basandosi sui materiali redatti nel 1995, non ha dubbio alcuno: l’arma da cui è stato esploso il colpo mortale non è quella d’ordinanza del militare. Inoltre l’ogiva allora repertata di una cartuccia calibro 9 parabellum rinvenuta sulla scena del crimine non presenta la classica deformazione “a fungo” tipica di un proiettile che impatta contro due ossa piatte del cranio.

Le domande senza risposta

Di chi era l’arma che ha esploso il colpo? Chi ha scritto la lettera d’addio che, in quanto falsa, è il primo depistaggio delle indagini sulla morte di Lombardo? Perché nei tabulati non ci sono i dati del traffico telefonico del 4 marzo 1995 e dei giorni precedenti la morte del maresciallo Lombardo? Perché non fu eseguita l’autopsia? Perché la procura di Palermo dichiarò che non ordinò l’autopsia sul cadavere “per un gesto di umanità nei confronti della famiglia”?.

L’esposto presentato dalla famiglia

Il 15 settembre 2022 ha presentato un esposto chiedendo l’apertura di un fascicolo per omicidio, consegnando i risultati delle perizie e chiedendo la riesumazione del corpo del maresciallo Lombardo finalizzata a un’autopsia, anche in virtù dell’evoluzione tecnologica che ha accompagnato in questi anni i reparti di “Polizia Scientifica” di tutte le forze dell’ordine. Inoltre è stato richiesto di poter realizzare la ricostruzione della scena del crimine, all’interno della caserma dalla Chiesa per fare luce sulla dinamica della morte, richiesta che è stata accolta.

Tutti questi elementi possono finalmente far aprire le indagini relative alla morte del maresciallo e far luce sullo “strano caso della morte del maresciallo Lombardo”.

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