Mauro De Mauro, la ricerca della verità come antidoto all’omertà e alla sopraffazione - QdS

Mauro De Mauro, la ricerca della verità come antidoto all’omertà e alla sopraffazione

redazione

Mauro De Mauro, la ricerca della verità come antidoto all’omertà e alla sopraffazione

Roberto Greco  |
sabato 16 Settembre 2023

Il giornalista venne rapito la sera del 16 settembre del 1970, fu tolto di mezzo dalla mafia per le sue inchieste scomode

Scomparso. “Curvo allo sportello della sua Bmw, 49 anni, alto bruno e claudicante, l’uomo sta prendendo dal sedile anteriore il caffè, il vino e le sigarette – scrisse la sua collega Giuliana Saladino in una ricostruzione dei fatti di quel giorno sul quotidiano L’Ora – sua figlia rincasa col fidanzato, lo vede, va avanti e apre l’ascensore. Attende, non lo vede, ripercorre i pochi passi dell’atrio, sulla strada qualcuno dice ‘andiamo’ oppure ‘non scherziamo’, lei vede la Bmw che riparte saltando, per le buche o per l’imperizia di qualcuno che s’è messo al volante, vede con suo padre due uomini a bordo, forse tre, filano via. Sono le 21:10, è scomparso il giornalista Mauro De Mauro”.

De Mauro, dopo quel momento non verrà mai ritrovato, né vivo né morto. Mauro De Mauro lasciò la moglie, Elda, e due figlie, Franca e Junia. Era nato a Foggia il 6 settembre del 1921. Mauro De Mauro, figlio di un chimico e di un’insegnante di matematica, si arruolò come volontario allo scoppio della seconda guerra mondiale e aderì alla Repubblica Sociale Italiana nel 1943. Tra il 1943 e il 1944 fu vice questore di Pubblica Sicurezza e, dopo l’8 settembre 1943 si era arruolato nella X° MAS, il corpo militare repubblichino comandato da Junio Valerio Borghese.

Iniziò a usare la penna come giornalista scrivendo su La Cambusa, il giornale dell’Ufficio Stampa e Propaganda della formazione militare. Mauro De Mauro, nel 1948, fu assolto dalle accuse di collaborazionismo e si trasferì con la famiglia a Palermo dopo la seconda guerra mondiale. Nell’isola lavorò per diversi quotidiani siciliani come Il Tempo di Sicilia, Il Mattino di Sicilia per poi approdare al giornale L’Ora. De Mauro si occupò in diverse occasioni di mafia. Tra i pezzi che vale la pena di ricordare, tra gli altri, c’è quello del 1962 in cui pubblicò, proprio sul giornale L’Ora, il verbale di polizia del 1937. In cui il medico siciliano Melchiorre Allegra elencava tutta la struttura del vertice mafioso, gli aderenti, le regole, l’affiliazione, l’organigramma della società malavitosa.

La storia delle indagini e dei processi narra di depistaggi e di manomissione delle prove, di mafiosi, altri criminali, poteri occulti, servizi segreti e personaggi equivoci che si muovevano dietro le quinte. Rispetto al suo sequestro, nel 1984 Tommaso Buscetta negò al giudice Giovanni Falcone qualsiasi coinvolgimento di Cosa nostra ma, nel 1992, Gaspare Mutolo rivelò che a prelevare il giornalista erano stati tre mafiosi agli ordini del boss palermitano Stefano Bontate e che fu ucciso per aver scritto “articoli pesantemente critici contro singoli appartenenti alla mafia”.

Buscetta cambiò versione nel 1994 e confermò il coinvolgimento della mafia precisando però che De Mauro fu rapito e ucciso perché, “indagando sulla morte di Mattei Enrico, stava giungendo vicino alla verità, approfittando anche di canali interni a Cosa nostra”. Il delitto avrebbe preventivamente ottenuto il beneplacito del cosiddetto “triumvirato”, cioè dell’allora “vertice” di Cosa Nostra siciliana. Leonardo Sciascia, a proposito della scomparsa di De Mauro, scrisse: “De Mauro ha detto la cosa giusta all’uomo sbagliato, e la cosa sbagliata all’uomo giusto”.

Il ricordo dei giornalisti Franco Nicastro e Sergio Buonadonna

Nicastro: “Nel corso delle indagini sulla scomparsa attuata una pesante operazione di depistaggio”

Franco Nicastro è un giornalista. Arrivò come “biondino” al giornale L’Ora nel 1972. In quel momento le indagini sulla scomparsa di De Mauro erano ancora in pieno svolgimento. Nel tempo, anche attraverso i suoi libri, ha approfondito l’analisi della figura di Mauro De Mauro e la sua scomparsa. Interviene al QdS per raccontarci De Mauro e le indagini sulla sua scomparsa.

Franco, chi era De Mauro?
“Era un personaggio molto complesso ma sicuramente un grande giornalista. Era uno che non si limitava al racconto, alla modalità narrativa della cronaca, era uno che approfondiva. Aveva l’esigenza di scavare ed era inoltre molto brillante nella scrittura, rapido, con una grande capacità di sintesi e di lettura dei fatti. Questo emerge da tutti i suoi pezzi che, non necessariamente, riguardavano la materia ‘mafia’ ma si occupava di costume, cultura e, per esempio, scrisse un libro sulla ‘rivolta del sette e mezzo’, la sollevazione popolare avvenuta a Palermo dal 16 al 22 settembre 1866. Il direttore Nisticò, in un’occasione mi disse, parlando di lui ‘De Mauro è quello che mi assicura una copertura di qualità su ogni tema’. Aveva un passato, per così dire, ingombrante, perché aveva militato nella X° Mas di Junio Valerio Borghese ma questo non impedì a Nisticò di assumerlo al giornale L’Ora. In Sicilia aveva rivisitato le sue esperienze e le sue scelte giovanile e questo processo lo portò ad un approdo democratico”.

Subito dopo la sua scomparsa, le indagini portarono a una serie di piste molto diverse tra loro…
“In prima battuta la Polizia di Stato, con quelli che possiamo definire i suoi uomini migliori del momento ossia Bruno Contrada e Giorgio Boris Giuliano, si occupò di approfondire la pista relativa all’incarico che il regista Francesco Rosi aveva affidato a De Mauro per ricostruire, per il suo film sul caso Mattei, l’ultima giornata del presidente dell’Eni in Sicilia. De Mauro nell’ottobre 1962, aveva seguito la presenza e l’impegno di Mattei in Sicilia, le promesse che aveva fatto alla popolazione e quindi era il più adatto alle esigenze di Rosi. Durante le indagini spuntò la figura di Nino Buttafuoco, che si mise in campo, come amico di De Mauro e che si presentò alla famiglia per portare conforto e speranza. Questa pista, a un certo punto, fu sterilizzata dal fatto che s’inserirono i servizi segreti con una pesante operazione di depistaggio, come confidò al magistrato inquirente Ugo Saito lo stesso Giuliano, che, nel corso di un vertice dei servizi segreti a Palermo in esito al quale era stato deciso di non occuparsi più di questa pista”.

E sul fronte dei carabinieri?
“Le indagini erano seguite dall’allora generale Dalla Chiesa, comandante della Legione, con il suo stretto collaboratore, il capitano Giuseppe Russo. Queste indagini privilegiavano la pista di una vendetta di mafia per quanto De Mauro aveva scritto sul traffico della droga. Venne presentato un rapporto che, però, non ebbe alcun seguito anche perché negli ultimi tempi De Mauro non si era occupato di questo argomento. In tempi più recenti, poi, quando De Mauro annunciava di avere tra le mani uno scoop che avrebbe fatto tremare l’Italia, spuntò la pista del Golpe Borghese, la cui realizzazione fu poi tentata nel dicembre dello stesso anno. Anche questa fu una pista fumosa che ben presto fu abbandonata. Queste piste alternative, in realtà, non hanno avuto alcuno sbocco perché i servizi segreti, corroborati da una copertura del mondo giornalistico romano, orientarono, o disorientarono, le indagini. In quel periodo furono realizzati diversi dossier giornalistici, più o meno credibili, che non fece altro che alimentare la confusione, elemento che nel processo emersero”.

A proposito di piste investigative, si è parlato spesso di una busta gialla che De Mauro portava sempre con sé…
“Questo elemento risultò già nella prima fase delle indagini e fu seguita soprattutto da Giuliano. Presumibilmente all’interno di quella busta, c’era il materiale di un’indagine che De Mauro stava svolgendo sugli interessi della grande finanza e che, in qualche modo, portavano a intrecci con il mondo mafioso. Si dice che, probabilmente, c’erano anche documenti che riguardavano la posizione dei cugini Salvo (i grandi esattori siciliani, ndr) o di Nino Salvo nello specifico ma anche questa traccia, anche perché non è mai stata trovata dopo la scomparsa di De Mauro, finì nel nulla”.

In realtà, a chiusura del lungo iter processuale, siamo rimasti con un pugno di mosche. L’unico imputato Totò Riina, fu assolto…
“Si capì che c’era un concorso di varie entità nel sequestro di De Mauro e che la mafia poteva avere un ruolo esecutivo, ma il mandato veniva da altri. Mancavano elementi concreti per collegare la figura di Totò Riina all’organizzazione del sequestro. Nonostante l’impegno investigativo, purtroppo, anche grazie alla grandi operazioni di distrazione e depistaggio, questa è stata la conclusione prevista”.

Quando un giornalista posa la penna lascia sempre qualcosa, al di là del motivo per cui l’ha posata. Cosa ha lasciato De Mauro alla nostra categoria?
“Un metodo di lavoro che innestava perfettamente in quello del giornale L’Ora. Un giornalismo che aveva uno sguardo largo che non si limitava alla semplice enunciazione dei fatti ma andava oltre, che aveva la capacità di mettere assieme la ricerca della notizia, la sua verifica e la sua proiezione in campo più vasto. Quella fu una stagione molto felice, per il giornalismo siciliano in particolare. La redazione del giornale era un crogiuolo di energie, animata da figure professionali che, tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, costruirono un modello di giornalismo che ha fatto scuola. Nel tempo, purtroppo, questo patrimonio professionale si è perso e si è persa, soprattutto, l’originalità del linguaggio della cronaca e culturale, che riuscì a essere catalizzatore di firme eccellenti, tra queste Sciascia, Consolo, Maraini, Saladino, Farinella, Cimino e altri ancora”.

Buonadonna: “Mi incoraggiava ed è stato uno dei miei maestri”

Di Sergio Buonadonna, Mauro De Mauro era il capo redattore e l’accompagnò, quasi mano nella mano, nel suo periodo da “biondino”. Giornalista del giornale L’Ora prima, poi de La Provincia Pavese, è stato capo redattore cultura e spettacoli de Il Secolo XIX. Ha collaborato ai servizi culturali di Repubblica Palermo e dei quotidiani locali del gruppo L’Espresso. Al QdS Sergio Buonadonna affida i suoi ricordi personali in cui ha lavorato fianco a fianco con De Mauro.

Sergio, ci vuoi raccontare chi è stato, per te, Mauro De Mauro?
“Mauro De Mauro è stato un grande giornalista e questo, a 53 anni dalla sua scomparsa, è ben evidente dalla rilettura di quanto scriveva in quegli anni, dei suoi articoli. Mauro arrivò in redazione per la sua bravura come reporter, non per appartenenza politica. Nel tempo il suo rapporto con i colleghi e con il direttore Nisticò crebbe e divenne di grande fiducia. È opportuno sgombrare il campo da una serie di congetture, alimentate dopo il sequestro, che miravano a coinvolgere la direzione del giornale. In un libro che ho firmato con il collega Massimo Novelli sull’omicidio del commissario Cataldo Tandoy, mettiamo in evidenza come il lavoro giornalistico di Mauro, proprio su questo omicidio, è stato incredibilmente importante e ha dimostrato che, primo fra tutti, ebbe ragione sia sul movente sia sui colpevoli, dimostrando l’esistenza di una scellerata alleanza tra la mafia di Raffadali, e più in generale agrigentina, e i potentati politici del tempo legati alla corrente fanfaniana della Dc nel delitto e del tentativo di trasformare il vero movente, che nel tempo si è dimostrato essere politico-mafioso, in un movente passionale. Mauro ha avuto il coraggio di esporsi in prima persona ma proprio quel suo lavoro fu un importante contributo sia giornalistico, per l’informazione, sia per la giustizia che, dopo tre anni imboccò finalmente la spinta giusta. Sue le indagini sulla attività del presidente dell’Eni Mattei in Sicilia, di Graziano Verzotto, braccio destro di Mattei e presidente dell’Ente Minerario Siciliano e sul tentativo di usare la via del metano e le scoperte petrolifere che si fecero negli anni ’60 in Sicilia, come volano per lo sviluppo della nascente industria italiana del petrolio dell’isola e non solo e che, probabilmente, portò a quell’attentato in cui Mattei morì. Mauro era soprattutto un giornalista brillante, che si occupava di reportage anche meno insidiosi ma che necessitavano della capacità di una smagliante e fluida scrittura, un giornalista che aveva mestiere, stoffa. Altra sua grande capacità era quella di preparazione dei giovani cronisti”.

E qui s’innesta la tua storia personale…
“Esattamente. Il primo articolo che ho firmato sul giornale L’Ora è datato 31 maggio 1965 e scrissi di jazz. Un paio d’anni dopo proposi un servizio sulla beat-generation palermitana. Mauro, che era il capocronista, gli diede la dignità d’inchiesta e investì molto su di me, incoraggiandomi e mettendomi in primo piano. In questo viaggio nelle cantine palermitane, alla scoperta del nuovo fermento musicale, ogni tanto mi accompagnava, quasi come volesse vivere questa nuova energia in prima persona. Lo seguii anche quando ci recammo a Portella della Ginestra nell’anniversario del 1967 ed era al mio fianco quando seguii il “Palermo Pop ‘70”. Da Mauro ho imparato molto anche perché, nel tempo il rapporto professionale divenne anche un rapporto di amicizia e cominciammo a frequentarci anche al di fuori della redazione e questo mi permise di cogliere la sua attenzione per la società che cambiava. Ho avuto la fortuna, quindi, di conoscere non solo il giornalista ma anche l’uomo, e scoprire che possedeva la stessa eccezionalità che caratterizzava il giornalista”.

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