Meno partecipate pubbliche e maggiore efficienza. In Sicilia molti dipendenti con scarsa produttività - QdS

Meno partecipate pubbliche e maggiore efficienza. In Sicilia molti dipendenti con scarsa produttività

redazione

Meno partecipate pubbliche e maggiore efficienza. In Sicilia molti dipendenti con scarsa produttività

Fabrizio Giuffrida  |
venerdì 23 Febbraio 2024

I dati dell’Istat e dell’Osservatorio competente fotografano anche su questo versante un Paese spaccato a metà

ROMA – Un quadro frammentato e complesso, che presenta evidenti differenze territoriali e che negli ultimi anni sta dando evidenti segnali di cambiamento: è l’universo delle partecipate pubbliche italiane, al centro di un recentissimo report pubblicato dall’Istat, che ha analizzato i numeri relativi all’anno 2021 e all’andamento rispetto agli anni precedenti.

Nel 2021 il numero di partecipate è diminuito del 2%

Come evidenziato dall’Istituto nazionale di statistica, “le unità economiche partecipate dal settore pubblico nel 2021 sono 7.808, il 2,0% in meno rispetto al 2020. Aumenta il numero delle unità attive nei settori dell’Industria e dei Servizi (1,3%) con un aumento di addetti del 2,0% (886.123 addetti nel 2021). La produttività media del lavoro (valore aggiunto per addetto) delle controllate pubbliche aumenta del 13,2% e risulta pari a 107.417 euro contro i 52.600 euro del totale nazionale del settore Industria e Servizi, anche in considerazione della loro maggiore dimensione media”.

Diminuito anche il numero degli addetti

All’linterno del report dell’Istat viene inoltre spiegato come “le unità economiche partecipate dal settore pubblico sono 7.808 e impiegano 924.892 addetti. Rispetto al 2020 si registra un’ulteriore riduzione (continua dal 2012) del 2,0% in termini di unità mentre gli addetti aumentano dell’1,8%. L’aumento del numero di addetti riguarda in particolare le imprese con partecipazioni minoritarie (quote fino al 20%), che hanno in parte recuperato le perdite subite nel periodo precedente (+3,9% rispetto al 2020; -7,8% rispetto al 2019). Delle 7.808 unità economiche a partecipazione pubblica, 5.697 sono imprese attive operanti nel settore dell’Industria e dei Servizi. Queste unità assorbono il 95,8% degli addetti delle unità partecipate: rispetto al 2020 aumentano dell’1,3% e del 2,0%, rispettivamente in termini di unità e di addetti. Si riducono di oltre il 60% le partecipate non attive, che hanno comunque presentato una dichiarazione contabile o fiscale nel 2021”.

All’interno del quadro fotografato occorre poi evidenziare come le imprese partecipate che si costituiscono con forma giuridica di società per azioni “rappresentano la quota più rilevante in termini di addetti (83,8%; 31,0% in termini di unità), mentre sono più rappresentative in termini di numero di unità economiche quelle organizzate in società a responsabilità limitata (44,8%); seguono i Consorzi di diritto privato e altre forme di cooperazione tra imprese (con il 18,2% in termini di unità e il 2,9% in termini di addetti), le Società cooperative (3,5% in termini di unità e 1,9% di addetti), il rimanente 2,5% include Aziende speciali, Aziende pubbliche di servizi, Autorità indipendenti ed Enti pubblici economici (1,5% di addetti)”.

Infine, “il 61,7% delle imprese attive è partecipato da soggetti pubblici per una quota di partecipazione superiore al 50% (condizione che le definisce “controllate”), con un peso in termini di addetti pari al 66,2%. Le imprese partecipate con quota inferiore al 20%, sono il 24,1% in termini di unità e il 29,5% in termini di addetti; infine, il 14,1% è partecipato per una quota di capitale compresa tra il 20% e il 50% (4,3% in termini di addetti)”.

Le differenze territoriali

Tracciato questo quadro è poi opportuno concentrarsi sulle differenze territoriali, ben evidenti in particolare tra Nord e Sud: “Il numero di imprese attive a partecipazione pubblica – sottolineano dall’Istat – si è ridotto notevolmente, con una flessione del 24,9% rispetto al 2012. In controtendenza, tra il 2020 e il 2021 si registra un incremento dell’1,3%, con variazioni che oscillano a livello di ripartizione territoriale tra il -2,1% del Sud e il +4,3% del Nord-ovest. La maggiore concentrazione di addetti si conferma, anche nel 2021, nel Centro Italia (45,7% del totale) dove è presente il 23,7% delle imprese partecipate. In questa ripartizione la dimensione media delle imprese partecipate è di 300 addetti, valore fortemente influenzato dalle 619 partecipate localizzate nel Lazio che presentano una dimensione media di 557 addetti e impiegano il 38,9% degli addetti. Nel Nord-Ovest, dove si registra un incremento sia delle imprese partecipate (+4,3%) che degli addetti (+6,0%), le partecipate rappresentano il 28,6% del totale imprese partecipate e impiegano il 30,5% di addetti con una dimensione media di 165 addetti; la Lombardia è la regione ad avere il maggior peso in termini di partecipate pubbliche (18,3%), con il 17,3% degli addetti e una dimensione media di 148 addetti”.

Il numero maggiore di società partecipate al Nord

A chiarire ulteriormente il quadro nazionale delle partecipate vi è poi uno studio realizzato dall’Osservatorio italiano delle partecipate pubbliche, realizzato in collaborazione con Università Federico II di Napoli, Università di Roma Tor Vergata e Università di Milano Bicocca, che ha suddiviso il Paese in tre cluster geografici, ovvero Nord, Centro e Sud–Isole. “Il cluster con il numero di società maggiore – si legge nel report – è il Nord, con 356 società partecipate, seguito dal cluster Sud–Isole con 211 società partecipate e Centro con 180 società partecipate”.

Il cluster Sud–Isole ha un numero di addetti medio inferiore alla media nazionale, con 204 per società, mentre il cluster Centro ha un numero di addetti medio superiore alla media nazionale, con 268 addetti per società.

I dati relativi al Mezzogiorno

È poi opportuno focalizzarsi sui dati relativi al Mezzogiorno: l’Osservatorio italiano delle partecipate pubbliche spiega che nel Sud-Isole, invece, la categoria di più numerosa in termini di società partecipate è il “Cluster Grande Società” (in particolare lo studio distingue tra “Cluster Piccole Società”, con meno di 50 occupati e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro; “Cluster Medie Società”, con meno di 250 occupati e fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro; “Cluster Grandi Società”, con valori che superano uno dei limiti dimensionali esposti nei punti precedenti, nda) con 93 società. Seguono il “Cluster Media Società” e il “Cluster Piccola Società” con valori rispettivi pari a 71 e 47 imprese. La Sicilia presenta il numero maggiore di imprese partecipate di grandi dimensioni (33), mentre la Puglia presenta il numero maggiore di imprese partecipate di media dimensioni (19). Infine, la Campania e l’Abruzzo presentano il numero più elevato di società di piccole dimensioni (10).

La classifica per valore medio della produzione

“Analizzando i principali valori di bilancio 2021 delle società partecipate – si sottolinea nel report – si evince che il valore medio della produzione più alto è quello delle grandi società della Campania (183.544 €/migliaia), mentre il valore più basso è quello delle piccole società della Calabria (1.513 €/migliaia). In termini di Ebitda (indice che consente di verificare se la società riesce a realizzare profitti positivi dalla gestione ordinaria), hanno performato meglio le grandi società della Puglia (29.550 €/migliaia), mentre le performance più basse le hanno ottenute le piccole società della Campania (157 €/migliaia). Il rendimento dei dipendenti più alto, lo hanno ottenuto le medie società della Campania (6,15)”.

L’efficienza non è di casa nel Mezzogiorno

Ampliando l’analisi con il resto d’Italia, lo studio spiega come, ancora una volta, l’efficienza non sia di casa nel Mezzogiorno: “Analizzando i valori di bilancio 2021 – si legge nel documento – e le performance economico-finanziarie delle società partecipate italiane, si evince che: per le grandi società, il valore medio della produzione più alto è quello del cluster Nord, le quali hanno anche il valore medio più elevato di Ebitda ed Ebitda margin (margine reddituale che misura l’utile di un’azienda); per le medie società, il valore medio della produzione più alto è quello del cluster Nord, le quali hanno anche il valore medio più elevato di Ebitda, mentre il valore medio più elevato di Ebitda margin è quello del cluster Centro; per le piccole società, il valore medio della produzione più alto è quello del cluster Centro, le quali hanno anche il valore medio più elevato di Ebitda, mentre il valore medio più elevato di Ebitda margin è quello del cluster Nord”.

Ancora una volta, dunque, il Sud resta a guardare forse anche a causa di un passato che ha segnato in modo molto pesante queste realtà. È noto, infatti, che in passato le società controllate sono state utilizzate dalla cattiva politica come strumento per creare serbatoi di voti, pensando prima all’interesse particolare che a quello generale e della Comunità.

Questo non vuol certo dire che un processo di crescita verso l’efficienza non possa interessare anche le partecipate del Sud, ma è evidente come, proprio in virtù di questi trascorsi, occorra lavorare il doppio degli altri per conseguire produttività e garantire ai cittadini servizi degni di questo nome.

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