Messina, inquinamento Zona Falcata: adesso è il momento di agire - QdS

Messina, inquinamento Zona Falcata: adesso è il momento di agire

Lina Bruno

Messina, inquinamento Zona Falcata: adesso è il momento di agire

giovedì 14 Luglio 2022

Autorità di Sistema Portuale dello Stretto e Università hanno presentato uno studio che certifica le gravi condizioni in cui versa l’area. Dopo anni, non si può continuare a far finta di niente

MESSINA – Una contaminazione diffusa, più grave di quanto si immaginasse. Così Mario Mega, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto, si è espresso nel presentare i risultati di uno studio sulla Zona Falcata, illustrati insieme al rettore dell’Università di Messina Salvatore Cuzzocrea e al gruppo di docenti dell’Ateneo che ha lavorato su monitoraggi e analisi fatti sui 17 ettari.

“Le risultanze – ha affermato Mega – saranno inviate anche al sindaco Federico Basile, che nella qualità di massima autorità sanitaria cittadina potrebbe fare un’ordinanza per recintare la zona e consentirne l’accesso solo per motivi di studio e lavoro”.

Che l’area fosse inquinata era presumibile per la serie di attività industriali che erano lì collocate (cantieri navali, degassifica, inceneritore, Smeb) ma adesso è arrivata la certificazione con un Piano di caratterizzazione che è entrato nello specifico della qualità e della quantità delle sostanze nocive presenti. Lo studio adesso deve essere approvato dalla Regione Sicilia, quindi si potrà proseguire con gli altri step.

La professoressa Candida Milone, coordinatrice del gruppo di lavoro dell’Università che ha redatto il modello concettuale definitivo e l’analisi di rischio della Zona Falcata, ha spiegato come il piano di indagini ambientali sia stato fatto su suolo, acque sotterranee e sedimenti marini, con campionamenti per carotaggio, installazione di piezometri, prove di permeabilità e monitoraggio delle falde, caratterizzazione e smaltimento dei rifiuti contenuti nelle vasche dell’ex degassifica. Le analisi chimiche condotte sui campioni di suolo, sottosuolo e acque, sono state validate da Arpa lo scorso 18 maggio.

Metalli, diossina, idrocarburi, sono queste alcune delle sostanze rilevate, compatibili con le attività che venivano svolte, esclusi invece sversamenti di rifiuti tossici provenienti da altre aree come alcune inchieste giudiziarie avevano ipotizzato in passato.

Zona Falcata, già affidato studio di fattibilità per i lavori di bonifica

L’Autorità Portuale di sistema dello Stretto ha già affidato a Sogesid, la Società di ingegneria e assistenza tecnica del ministero della Transizione ecologica, lo studio di fattibilità per i lavori di bonifica. Uno studio, però, che non potrà essere completato perché, come ha sottolineato Mega, “il parere di approvazione da parte della Regione, dopo il passaggio in conferenza di servizi, potrebbe contenere delle prescrizioni, ma che ci serve per capire le diverse soluzioni di bonifica e determinare in modo più certo i costi”.

Si parla di circa 80 milioni di euro

Si parla di circa 80 milioni di euro ma per valutare quante risorse sono necessarie bisogna scegliere quale metodologia è più opportuno adottare e con quali tecnologie. Secondo il Piano regolatore portuale la Falce dovrà aprirsi alla fruizione dei cittadini, abbandonando la sua vocazione industriale i cui effetti sull’ambiente e il paesaggio sono stati devastanti.

È di alcuni giorni fa, intanto, la notizia relativa a un finanziamento di venti milioni di euro, ma sono soltanto una piccola parte di ciò che servirà. “Sarà il Cipe – ha detto Mega – a individuare il soggetto attuatore. Ci potrebbe essere un commissario. Quasi due terzi dell’area ha un vincolo archeologico con al centro la Real Cittadella, mentre non è stata ancora monitorata la parte più vicina all’Eurobunker, che avrà destinazione per uffici e spazi verdi. La concessione è stata revocata ma la società ha fatto ricorso, l’ha perso e ora c’è una curatela fallimentare che dovrebbe farsi carico della caratterizzazione e della bonifica. Se non lo farà potremmo avviare procedura in danno, facendolo noi e recuperando poi le risorse”.

La Real cittadella è destinataria di altri finanziamenti per il recupero. “I lavori possono essere effettuati – ha affermato Mega – ma l’area non sarà utilizzabile per la fruizione fin quando non sarà bonificata”.

Dopo anni di inerzia adesso lo studio sulla contaminazione obbliga ad agire, mette davanti a responsabilità finora ignorate, come ha rilevato il rettore Cuzzocrea, con qualche nota polemica “perché si è preferito evitare i problemi piuttosto che risolverli. Da più di vent’anni è noto il degrado in cui versa uno dei luoghi più belli e suggestivi di questa città, ma nessuno ha fatto niente. Grazie all’Università e all’Adsp adesso c’è uno studio. È un fatto dopo anni di chiacchiere. UniMe vuole continuare a lavorare per la città e a collaborare con tutte le Istituzioni e non importa se questo magari a qualcuno non piace”.

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