ROMA – La Galleria degli Uffizi di Firenze è l’unico Museo italiano presente all’interno del Museum index europeo, aggiornato al 2022, pubblicato nei giorni scorsi da Tea-Aecom. Si tratta della diciottesima edizione del Global attraction attendance report, redatto in collaborazione tra la Themed entertainment association (Tea, appunto) e la società di consulenza Aecom.
Al secondo posto mondiale ed europeo figurano a onor del vero anche i Musei vaticani, ma sarebbe ovviamente una forzatura considerare “italiano” lo straordinario patrimonio custodito all’interno delle mura della Città del Vaticano.
Insomma, il succo è che ancora una volta i grandi tesori culturali presenti sul territorio italiano non riescono a fare breccia nel mercato internazionale. E a dirlo sono i numeri: chiari e incontrovertibili. Il rapporto citato, infatti, evidenzia come il Museo del Louvre di Parigi sia quello che a livello mondiale ha staccato il maggior numero di biglietti d’ingresso nel corso del 2022: 7,7 milioni di visitatori, in sensibile aumento rispetto ai 2,8 del 2021 (evidentemente ancora segnato dalla pandemia) ma non ancora ai livelli pre Covid (9,6 milioni). Al secondo posto globale i Musei vaticani con 5 milioni di visitatori (contro gli 1,6 milioni del 2021 ma ancora sotto i 6,8 milioni del 2019) e sul gradino più basso del podio mondiale il Museo di storia naturale di Londra con 4,6 milioni di ingressi (in aumento sugli 1,5 del 2021 ma ancora indietro sui 5,4 del 2019). Al quarto posto della graduatoria mondiale nel 2022 c’è un altro Museo londinese, il British Museum, con 4,1 milioni di presenze, mentre per trovare il primo luogo di cultura extraeuropeo bisogna scorrere fino alla quinta posizione dove si trova il Museo nazionale di storia naturale di Washington Dc, con 3,9 milioni di ingressi.
“In Europa e negli Stati Uniti – è evidenziato nella ricerca Tea-Aecom relativa al 2022 – le restrizioni sono state in gran parte revocate a partire dalla primavera, ma la perdita dei primi mesi dell’anno causata dalla variante Omicron, unito al turismo internazionale nelle principali città al di sotto dei livelli pre pandemia, ha mantenuto i Musei in entrambe le regioni a circa il 70% del 2019. In confronto, la partecipazione ai Musei in Asia ha raggiunto circa il 40% dei livelli pre-pandemia, con risultati che variano enormemente a seconda dell’istituzione e dell’area geografica. I Musei cinesi, per esempio quelli di Pechino e Shanghai, sono stati soggetti a blocchi e chiusure durante la maggior parte dell’anno, mentre in altri Paesi, come la Corea del Sud, sono stati registrati performance molto positive, con numeri che hanno raggiunto i livelli del 2019 o leggermente al di sopra”.
Il report sui Musei globale, oltre a registrare i dati delle varie strutture, ha anche identificato alcune tendenze che hanno inciso sul mercato: “Alcuni – si legge nel documento – sono una continuazione delle tendenze esistenti, mentre altre sembrano emergere nella fase post Covid. Primo elemento, forse non sorprendente, il crescente appetito dei viaggiatori verso esperienze uniche e coinvolgenti. Cresce, allo stesso tempo, anche il numero di chi cerca più occasioni per trascorrere del tempo insieme a famiglia e amici. I Musei sono quindi in competizione per i visitatori con tutti i tipi di attrazioni e devono soddisfare queste esigenze degli ospiti al fine di affermarsi. Mentre le mostre temporanee rimangono importanti per la frequentazione dei Musei, alcune strutture hanno iniziato ad allontanarsi dai modelli tradizionali di successo e hanno deciso di concentrare invece gli investimenti su contenuti permanenti e più coinvolgenti. La tendenza è quella di reinvestire nell’esperienza dei visitatori per riprendersi dalla pandemia e guardare al futuro”.
Il post pandemia, come evidenziato nel report Tea-Aecom ha “elevato i Musei al ruolo dei leader di pensiero e portatori di conoscenza nelle loro comunità. Se i visitatori stanno tornando nei Musei, le istituzioni hanno il ruolo di portare idee e conversazioni fuori dalle pareti della struttura. Per questo in molti hanno investito in nuove partnership ed esperienze al di fuori del loro sito.
Conseguenza del Covid è proprio il modo in cui i Musei si approcciano ai loro spazi esterni, “diventati un bene prezioso per gli ospiti. Le strutture museali cercano novità, modi per coinvolgere i loro visitatori in campus, eventi all’aperto, festival musicali o altri eventi dedicati ad adulti e famiglie”.
Tornando al Vecchio continente, bisogna sottolineare l’egemonia nella classifica europea di Parigi e Londra. Nelle prime dieci posizioni, infatti, troviamo tre Musei della capitale francese (Louvre, D’Orsay e Centro Pompidou) e quattro della City (Storia naturale, British, Tate e National Gallery) mentre per trovare il primo centro di cultura italiana – escludendo, come già detto, i Musei vaticani – bisogna scorrere fino alla quattordicesima posizione della Galleria degli Uffizi, con i 2,2 milioni di visitatori rispetto ai 970 mila dell’anno precedente che di fatto hanno consentito di recuperare i dati pre pandemia (2,3 milioni di biglietti staccati nel 2019).
Come spiega lo studio Tea-Aecom, l’area Emea (acronimo di Europe, Middle East e Africa) “il 2022 ha continuato il trend di ripresa per i Musei della regione. Confronti con il 2021 mostrano miglioramenti per molte strutture superiori al 200%, in particolare in Paesi che in precedenza avevano emanato norme rigorose, come il Regno Unito. Tuttavia, la maggior parte dei Musei rimangono in calo dal 20 al 40% rispetto al 2019, principalmente a causa dell’indebolimento dei viaggi internazionali”.
“Due Paesi – è scritto ancora nel documento – rappresentano la maggioranza dell’elenco Emea e sono uno studio di contrasti. La Francia ha visto un ritorno anticipato e sostenuto del turismo, con il risultato che il Louvre rimane al primo posto della lista. Eppure, si tratta di dati in calo del 20% rispetto al 2019, anche se potremmo non vedere quei numeri per un bel po’ di tempo poiché il Louvre prevede di limitare i visitatori e ridurre il sovraffollamento. Dall’altra parte, nel Regno Unito non si riscontrano performance così robuste a causa di una ripresa che si confronta con continue sfide all’industria del turismo. Brexit, diminuzione dei visitatori cinesi, guerra in Ucraina, maltempo, scioperi dei trasporti ed eliminazione degli acquisti duty-free hanno giocato un ruolo nel limitare i turisti”.
Il quadro tracciato dallo studio che abbiamo appena analizzato è molto chiaro: la tradizione non è più sufficiente. Serve innovarsi, uscire dalle solite regole e cercare di attrarre i visitatori proponendo esperienze uniche e al passo con i tempi, sfruttando anche le straordinarie tecnologie disponibili. Un Paese come l’Italia, che può contare su un patrimonio storico, architettonico e culturale come pochi al mondo non può certo accontentarsi di avere soltanto un Museo nella classifica appena citata e deve di conseguenza pensare a nuove strategie per innovare e rilanciare la propria offerta. Servono però il coraggio di cambiare e, perché no, un pizzico di prospettiva per tentare di capire su cosa si dirigeranno i gusti dei viaggiatori da qui ai prossimi anni. Una sfida senza dubbio stimolante che il nostro Paese deve riuscire a vincere.