La notizia è stata comunicata nei giorni scorsi alle parti in causa, da un lato la società di proprietà della famiglia Proto
Non saranno i nove mesi di rinvio disposti l’anno scorso, dopo che ci si è accorse dell’impossibilità di formare il collegio per mancanza di giudici, ma nella storia del ricorso per la revocazione della sentenza che ha annullato le autorizzazioni in mano a Oikos c’è un nuovo ritardo.
L’udienza prevista per domani al Consiglio di giustizia amministrativa non si terrà. La notizia è stata comunicata nei giorni scorsi alle parti in causa, da un lato la società di proprietà della famiglia Proto, dall’altro i legali dei Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, i territori più vicini alla discarica Valanghe d’Inverno.
Due settimane
Stavolta l’attesa per l’inizio dell’esame del ricorso, che nell’autunno del 2023 venne presentato riaprendo di fatto clamorosamente un capitolo che sembrava definitivamente chiuso, dovrebbe essere breve. La nuova data dell’udienza è stata fissata per il 19 febbraio.
Quel giorno nell’aula del Cga – l’organo che in Sicilia sostituisce il Consiglio di Stato e rappresenta il secondo grado di giudizio nella giustizia amministrativa – si dibatterà della possibilità per cui, nella primavera del 2023, lo stesso Consiglio di giustizia amministrativa possa avere commesso un grave errore nel valutare come fondati i rilievi che precedentemente avevano portato il Tar di Catania ad annullare le autorizzazioni ambientali di Oikos.
Una duplice vittoria – al Tar e al Cga – che era stata salutata con soddisfazione tanto dalle amministrazioni locali di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia quanto dai comitati No discarica e dalle associazioni ambientaliste che per anni si sono battute, contestando la presenza dell’impianto in un’area ritenuta eccessivamente vicina ai centri abitati, ma che però adesso potrebbe essere rimessa in discussione.
Il principale motivo che ha portato all’annullamento delle Aia ad Oikos riguarda l’utilizzo da parte della società di una porzione di terreno che non sarebbe mai stata inclusa nell’autorizzazione che a fine anni Duemila venne rilasciata dalla Regione, per poi essere confermata anche nel rinnovo dell’Aia concesso nel 2019.
Secondo i giudici la particella, che nel catasto del Comune di Motta era indicata con il numero 131 e descrive un’area grande circa un ettaro, per anni è stata utilizzata per abbancare rifiuti senza però che Oikos fosse mai stata autorizzata a utilizzarla. All’epoca della prima Aia, inoltre, la particella non sarebbe stata in possesso della società, oltre che essere inquadrata dal punto di vista della destinazione urbanistica come area a verde agricolo.
Di avviso del tutto diverso è stata fin dal primo momento la Oikos, che tramite i propri legali ha ripetutamente sostenuto come la presenza della particella fosse nota sin dall’apertura della discarica di Valanghe d’Inverno. Per la società dei Proto, l’intera vicenda giudiziaria sarebbe stata viziata da errori di valutazione talmente evidenti da porre le basi per un ricorso per revocazione.
Ciò ha consentito a Oikos di continuare a ricevere rifiuti a Motta Sant’Anastasia. La società, infatti, a ottobre del 2023 ha avuto il via libera dal Cga a proseguire le proprie attività nel rispetto degli spazi residui presenti a Valanghe d’Inverno e in cambio del pagamento di una cauzione da un milione di euro. Alla decisione si è arrivati tenendo in considerazione anche la “notoria, difficile situazione in cui versa il sistema dei rifiuti nel territorio della Regione”.
La richiesta di annullamento
Quando si parla di richiesta di revocazione di una sentenza, si fa riferimento allo strumento previsto dall’ordinamento giuridico italiano che consente di impugnare le decisioni definitive ritenute viziate da gravi errori. Nel codice del processo amministrativo, la revocazione è descritta all’articolo 106.
Nel ricorso presentato dallo studio legale Immordino, a settembre del 2023, più volte si fa riferimento a presunti errori commessi nella valutazione degli atti che hanno portato all’annullamento delle autorizzazioni. “È evidente che questo capo della sentenza – si legge in un caso – è affetto, tuttavia, da un errore di fatto revocatorio, consistente in un cosiddetto abbaglio dei sensi e, in particolare, nell’esclusione della esistenza di una circostanza di fatto che, invece, risulta esistente oltre ogni ragionevole dubbio”.
L’espressione abbaglio dei sensi compare sei volte nelle 37 pagine dell’atto che potrebbe riscrivere la storia della discarica.