Pensioni, i contributi non bastano: nel 2021 i cittadini hanno sborsato 54 mld - QdS

Pensioni, i contributi non bastano: nel 2021 i cittadini hanno sborsato 54 mld

redazione

Pensioni, i contributi non bastano: nel 2021 i cittadini hanno sborsato 54 mld

Paola Giordano e Patrizia Penna  |
sabato 30 Settembre 2023

L’allarme della Corte di conti: “Tra vent’anni un assegno su tre sarà a carico della fiscalità generale”. Lo Stato costretto ad intervenire di tasca propria per sopperire alle entrate contributive

Nel 2046 una pensione su tre sarà a carico dello Stato. È quanto emerge della Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Inps relativo all’anno 2021, pubblicata con determinazione n. 89 del 25 luglio 2023.

“Nel lungo periodo – mettono nero su bianco i magistrati contabili della Sezione del Controllo sugli Enti – la spesa pensionistica lorda è sempre meno compensata dalle entrate”. Secondo le proiezioni riportate nella Relazione, nel 2046 resterà “a carico della fiscalità generale il 31 per cento dell’intera spesa pensionistica”. Un valore che esprime l’insostenibilità di un sistema nel quale i conti non tornano: le entrate contributive riscosse nel 2021 (pari a 232 miliardi di euro) sono infatti nettamente inferiori alle uscite (286 miliardi di euro di spesa per le pensioni), con un onere per lo Stato di 54 miliardi di euro.
“Si prosegue con le bugie” ha dichiarato la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione: “Alle promesse elettorali di cancellare la legge Monti-Fornero, oggi sommiamo la presunta volontà della Ministra Calderone di voler incontrare le organizzazioni sindacali solo dopo il Nadef. L’intenzione del Governo è evidente, continuare a prendere tempo e proseguire con le bugie sulle pensioni, nessuna volontà di confrontarsi con il sindacato”.
“A noi è molto chiaro. Nonostante i tanti slogan, questo Governo sulle pensioni non farà nulla”, sostiene Ghiglione. “Per noi invece il tema della previdenza è importante, continua a essere centrale ed è una delle tante ragioni della nostra mobilitazione che ci riporterà in piazza il prossimo 7 ottobre” conclude.

Il ministro della Protezione Civile e per le Politiche del mare Nello Musumeci, ha sottolineato che “il proposito del Governo è quello di dare ulteriore ossigeno alle pensioni, soprattutto a quelle minime” aggiungendo però che “il problema serio è riuscire a conciliare la condizione delle finanze con questa, che riteniamo sia una priorità”.

Un gran bel problema

La spesa per le pensioni del 2021 è infatti pari a 286,28 miliardi di euro che “assorbono” il 16,1 per cento del Pil e che sono maggiori di circa 4,8 miliardi rispetto al 2020. Le previsioni per il 2022 mostrano un aumento della spesa per pensioni del 3,7 per cento ma una diminuzione percentuale dello 0,4 rispetto al Pil (15,6). Al 2025 è previsto un aumento del 19,5 per cento rispetto al 2021 (circa 70 miliardi), con una incidenza percentuale pari a 16,5 sul Pil.

Da rilevare è inoltre che le nuove prestazioni registratesi nel 2021 nell’ambito delle gestioni previdenziali sono state 860.643 contro le 840.462 del 2020 (+2,4 per cento) e, pur riducendosi di circa tremila unità il numero dei pensionati complessivo, incrementano la spesa di 4,905 mld per effetto dell’aumento degli importi medi delle pensioni, ma soprattutto per le pensioni “Quota 100”.
Su quest’ultimo fronte, per altro, l’apporto dello Stato a copertura degli oneri pensionistici derivanti dall’accesso a Quota 100 è stato pari a 5,580 miliardi (4,692 miliardi nel 2020).

“Va rimarcato che – scrivono i magistrati contabili – ogni forma di pensionamento anticipato genera un anticipo della spesa per pensioni erogate ai beneficiari. In termini di competenza, in assenza di una correzione attuariale dell’importo della pensione in base alla durata della sua erogazione (come avviene nel sistema contributivo), il pensionamento anticipato accresce l’ammontare complessivo che verrà erogato ai beneficiari (e agli eventuali eredi) nel corso della loro vita”.

La coperta è corta e se la si tira da un lato resta scoperto l’altro

Secondo Carlo Cottarelli, il superbonus è stato un tale disastro che entrerà nei libri di storia come esempio di come non si fanno le politiche. Lo stesso, aggiungiamo noi, potrebbe dirsi del sistema pensionistico italiano. La politica della gestione allegra della spesa pubblica, effettivamente, di disastri ne ha prodotti. E parecchi. Ma i disastri, come le bugie, hanno sempre le gambe corte e la resa dei conti, prima o dopo, arriva sempre. Perché di fronte ai numeri le chiacchiere stanno a zero.

Conti pubblici, la coperta è corta:
discesa del debito è percorso obbligato

Secondo il Rapporto di Previsione Prometeia di settembre, in media d’anno la crescita del Pil italiano dovrebbe attestarsi allo 0,7%, in riduzione rispetto alla stima fatta tre mesi fa di 1,1%. Infatti, dopo il rimbalzo positivo nel primo trimestre, nel secondo il Pil ha registrato una brusca frenata (-0,4% rispetto al trimestre precedente, +0,4% sul corrispondente), mentre gli indicatori congiunturali portano a prevedere un terzo e quarto trimestre 2023 stagnante.

Intanto, però, l’indice dei prezzi al consumo ha cominciato a frenare per il calo delle componenti più volatili, dai prezzi dei beni energetici agli alimentari freschi, mentre il rallentamento della componente core è ancora limitato. Nei prossimi mesi, l’istituto di ricerca si aspetta che la frenata continui, portando l’inflazione al consumo in media d’anno al 5,7%, in discesa dall’8,2% del 2022.

Oltre alle tendenze legate al rallentamento del commercio globale e agli effetti delle politiche monetarie restrittive, Prometeia individua tre principali fattori domestici che vincolano il ritmo di crescita dell’Italia. Innanzitutto secondo l’istituto la debolezza dei consumi delle famiglie è destinata a proseguire. Questo a causa dell’elevato livello dei prezzi e della perdita di potere d’acquisto dei salari, nonché a causa del venir meno degli effetti espansivi del Superbonus 110%.

Prometeia ricorda poi che è stata appena approvata dal governo la Nota di aggiornamento al Def (Nadef). Le informazioni disponibili puntano a margini ridotti per politiche espansive, nonostante sia indicata una più lenta riduzione di disavanzo rispetto a quanto programmato dal Def in aprile. Una volta finanziati i contratti pubblici e le spese necessarie, le risorse per nuovi interventi di sostegno risultano limitate a pochi decimi di Pil. Ulteriori interventi dovranno quindi trovare copertura nella manovra, col rischio di una crescita che potrà essere ben inferiore a quella ipotizzata nella Nadef.
Dopo la terza relazione di monitoraggio, che aveva messo in evidenza difficoltà nell’attuazione di numerosi interventi, il governo ha elaborato un nuovo Pnrr. L’istituto prevede che queste modifiche portino a un diverso profilo temporale, depotenziando l’impatto aggiuntivo soprattutto nel biennio 2023-2024.

Prometeia ritiene possibile che la fiammata inflazionistica, combinata al rallentamento del Pil, possa esaurirsi senza una vera e propria recessione ma con una stagnazione quest’anno e una ripresa lenta nel prossimo (Pil 2024 al +0,4%). Dal 2025, in assenza di shock significativi, l’economia italiana potrebbe tornare sui ritmi medi di crescita precrisi e con inflazione moderata. Questo perché l’attuazione del Pnrr consentirebbe di mantenere l’economia su un ritmo di crescita del Pil pro-capite positivo nonostante il venir meno dell’impulso della politica di bilancio, alle prese con l’obiettivo di riportare l’indebitamento sotto il 3% e il debito su un percorso obbligato di discesa.

Tajani: “Su aumento deficit l’Ue dirà di sì”

Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha auspicato in un endorsement di Bruxelles sui numeri della Nadef che prevedono di finanziare le misure di sostegno ai redditi più bassi con un deficit aggiuntivo di 14 miliardi.

“C’è un’inflazione provocata dalla guerra in Ucraina ma anche dall’aumento del costo delle materie prime e quindi è ovvio che le cose non vanno come dovrebbero andare. In più la banca centrale europea aumenta, in maniera sbagliata secondo me, i tassi di interesse: quindi è ovvio che bisogna cambiare le cose. Andiamo avanti, ma io credo che Bruxelles alla fine dirà sì perché è completamente giustificata la scelta che ha fatto il governo”, ha detto Tajani.

Dopo il via libera del governo alla Nadef, il cantiere della manovra entra nella fase clou tra le fibrillazioni dei mercati sulla scia di un debito pubblico ancora troppo alto (140,1% nel 2024), di un deficit in salita (4,3%) e di una crescita ribassata (1,2%). Lo scostamento chiesto dal governo al Parlamento libera risorse pari allo 0,7% del pil, circa 14 miliardi di disavanzo in più da destinare alla Finanziaria. Il governo scoprirà le carte entro il 15 ottobre con il Documento programmatico di Bilancio da trasmettere alle Camere e a Bruxelles con le proiezioni delle entrate e delle spese del prossimo anno.

Sul fronte delle pensioni, viste le risorse esigue, verrebbe accantonato il superamento della Fornero per riconfermare le misure esistenti: quota 103, Opzione donna e assegno minimo a 600 euro. Costo 1-2 mld.

“Con la Nadef si certifica che la propaganda del governo è finita, da un pezzo. Abbiamo una prospettiva in cui c’è zero crescita, zero investimenti e ovviamente non si risolvono i problemi delle famiglie italiane, come caro mutui, il caro carrello della spesa al 10%, o il caro carburante”, ha commentato il leader M5s, Giuseppe Conte.

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