“Il progetto Ponte è ben di più del Ponte”: lavoro, bonifiche, 40 km di strade e binari - QdS

“Il progetto Ponte è ben di più del Ponte”: lavoro, bonifiche, 40 km di strade e binari

Valerio Barghini

“Il progetto Ponte è ben di più del Ponte”: lavoro, bonifiche, 40 km di strade e binari

mercoledì 24 Aprile 2024

Forum con Pietro Ciucci, ad Stretto di Messina SpA. L’opera, pensata 53 anni fa, farà lavorare 15 mila persone per otto anni, potrà resistere a terremoti di magnitudo 7,1 della Scala Richter e a venti fino a circa 300 km/h

“Il Progetto Ponte è più del Ponte”. È questo il Leitmotiv che ha contraddistinto la lunga intervista che il nostro direttore, Carlo Alberto Tregua, ha realizzato a Roma giovedì 18 aprile con l’amministratore delegato della società Stretto di Messina Spa, Pietro Ciucci. Una chiacchierata di oltre un’ora, durante la quale Ciucci ha, numeri alla mano, sottolineato l’importanza del Ponte, dei benefici che porterà non solo ai tempi di percorrenza tra la costa calabrese e quella siciliana, ma anche all’occupazione e all’economia in generale del territorio. Senza dimenticare l’importanza dell’ambiente e del paesaggio.

Il forum è stato anche l’occasione per smontare una volta per tutte le infondate resistenze dei detrattori: il Ponte è concepito per resistere a scosse telluriche di magnitudo superiore al grado 7 di scala Richter e a raffiche di vento (peraltro mai verificatesi sullo Stretto) fino a 300 chilometri orari.

Non è vero che il Ponte rappresenta l’opera pubblica più onerosa: il suo costo è stimato in 13,5 mld di euro, il che significa un fabbisogno di circa 1,5 mld per gli 8 anni di costruzione. Così come non risponde a verità che le 239 richieste di chiarimenti e integrazioni che recentemente ha fatto il Mase rappresentino una bocciatura.

A settembre è prevista la delibera del Cipess, dopodiché potranno iniziare le opere realizzative preliminari. Per poi, dal 2025, iniziare con ruspe ed escavatori. Insomma, se tutto va come previsto, dopo oltre mezzo secolo da quel 17 dicembre 1971, giorno e anno di promulgazione della prima legge autorizzativa alla realizzazione dell’infrastruttura, si potrà dare concretezza a quell’opera faraonica di cui si parla fin da prima dell’Unità d’Italia.

I numeri del “Progetto Ponte” Altro che cattedrale nel deserto

Quando si parla del Ponte sullo Stretto di Messina, mi piace sempre usare un’espressione: “Il Progetto Ponte è più del Ponte”. Questo perché con “Progetto Ponte” non intendiamo la sola opera di attraversamento, a campata unica più lunga del mondo, con i suoi 3.300 metri, a cui aggiungere le due campate laterali da 183 metri ciascuna, i 400 metri di altezza delle torri sulle due sponde, i quattro cavi di sospensione del diametro di 1,26 metri ciascuno. Questa struttura alare, che già ci stanno copiando, con un periodo di “vita utile” di 200 anni, costituisce il cosiddetto “Messina Style” ed è suddiviso in tre sezioni, due laterali dedicate al traffico stradale (tre corsie per senso di marcia, oltre a due di servizio) e una centrale per quello ferroviario, a doppio binario. Ma il concetto di “Progetto Ponte” è molto più ampio. Molto importanti sono da considerare, ad esempio, i 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari, che già da soli costituiscono la risposta a chi ancora oggi parla di ennesima cattedrale nel deserto. Ancora, nel “Progetto Ponte” è contenuta tutta una serie di opere accessorie, la principale delle quali è la cosiddetta Metropolitana dello Stretto, con la costruzione a Messina di tre nuove stazioni sotterranee (Europa, Annunziata e Papardo). Quindi, ancora una volta, una fondamentale funzione per un’area urbana che è destinata quasi ad unificarsi e che interessa oltre 400mila abitanti.
Ecco cosa intendo con “Progetto Ponte più del Ponte”: un’opera complessa e articolata; che, ancorché strategica, sconta forti ritardi (basti pensare che la prima normativa è del 1971); che completa il Corridoio Helsinki-Palermo-La Valletta. Un itinerario contraddistinto da altre due interruzioni. Una è il Tunnel del Brennero. L’altra, invece, è (assai più complessa, visto che riguarda una distanza di quasi 18 chilometri) è il collegamento tra Danimarca e Germania, sullo Stretto di Fehmarn, che però è in fase di completamento sottoforma di tunnel sottomarino.

“Costa 13,5 miliardi, soltanto 1,5 l’anno”

Il Ponte costa meno di quello che si pensi e che sostengono alcuni detrattori: nell’ultimo Def si parla di 13,5 miliardi di euro, di cui la metà circa si riferisce al manufatto in quanto tale. Nella legge di bilancio 2024 sono previste coperture per 11,63 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 370 milioni che riguardano il deliberato aumento di capitale della società Stretto di Messina Spa riservato al Mef. Gli 11,63 miliardi, poi, provengono per 9,312 miliardi dal bilancio dello Stato mentre i restanti 2,318 miliardi dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc), questi ultimi a loro volta scaturiscono dalla somma fra 718 milioni di euro di Fsc riconducibili all’Amministrazione centrale e 1,6 miliardi destinati alle Regioni Sicilia (1,3 miliardi) e Calabria (300 milioni). Di finanziamenti europei, ancora, per il Ponte non si parla, perché per la programmazione in corso sono già tutti impegnati. Abbiamo solo partecipato a un piccolo bando, dell’importo di 50 milioni di euro, per finanziare il progetto esecutivo della sola parte ferroviaria. Ciò non toglie che ci siamo già fatti avanti in vista della prossima programmazione. Abbiamo anche incontrato Pat Cox, il coordinatore del Corridoio denominato Scan-Med (acronimo che sta per Scandinavo-Mediterraneo), che si è detto disponibile a discutere.

La copertura finanziaria dei 13,5 miliardi di euro verrà definita da un piano finanziario che, come prevede la legge, deve essere sottoposto al Cipess, il Comitato interministeriale per la politica economica estera. Ma con, per la prima volta, una particolarità: devono essere dettagliatamente indicate tutte le fonti di denaro. Un elemento importante perché elimina il rischio di un’“incompiuta”. E poiché la matematica non è un’opinione, visto che la consegna lavori è prevista per il 2032, significa che il Ponte costa 1,5 miliardi di euro l’anno: ecco smentito chi parla della più onerosa opera mai realizzata.

“Terremoti e venti ampiamente valutati”

Il terremoto e la ventosità sono i due rischi che maggiormente cavalca chi è contrario al Ponte. Ma sono fattori naturali noti e proprio per questo ampiamente valutati. Quando si realizza un progetto il pericolo proviene da quanto non si conosce, non certo da ciò di cui si è al corrente. Studi che, comunque, non vengono scolpiti nella pietra ma continuamente aggiornati: nessuno può pensare che per un’infrastruttura di questa entità siano state fatte delle analisi e dei test le cui risultanze resteranno fisse in eterno. Che sullo Stretto ci siano giornate di forte vento è risaputo. E il fatto di avere un impalcato non monolitico fa fronte proprio a questo problema. In più, sono state eseguite prove in cinque diversi laboratori tra i più importanti e specializzati al mondo, in Canada, Regno Unito, Danimarca e Germania. Oltre a verifiche in tre Gallerie del Vento sparse il tutto il mondo, con diversi modelli, diverse scale e affrontando tutti i tipi di vento, perché l’importante non è solo la velocità ma anche le singole raffiche. Bene: il Ponte sullo Stretto di Messina può contrastare venti fino a circa 300 chilometri orari. Un fenomeno, peraltro, assai improbabile: scorrendo lo storico della ventosità sullo Stretto, il massimo raggiunto è stato di 150 chilometri orari. Dunque, esattamente la metà.

Stesso discorso per l’altro baluardo costruito dagli oppositori, il terremoto. Ebbene, il Ponte è concepito per resistere a un sisma di magnitudo 7.1 della scala Richter. Comparabile – per intenderci – a quello del 28 dicembre 1908. E con una simile intensità, il Ponte e i collegamenti a terra non subiscono danni, mantenendo ulteriori margini di sicurezza oltre la soglia prevista. Infine, la percorribilità ferroviaria, che prevede l’incrocio in velocità in qualsiasi posizione di due convogli pesanti da 750 metri. L’analisi statica è stata calcolata con la presenza di quattro treni di 750 metri, due treni su ciascun binario.

“Dai tecnici suggerimenti per migliorie”

La riprova che il “Progetto Ponte” abbia standard elevati la si ha nell’approvazione del Comitato Scientifico, un organismo indipendente e autonomo, composto da nove accademici di indubbia competenza e con un curriculum di tutto rispetto, non solo italiani: ne fa parte, ad esempio, anche il professor Andreas Taras, ordinario di costruzioni in acciaio e strutture composite presso l’Università di Zurigo. Un Comitato Scientifico che ha dato la propria autorizzazione all’unanimità, corredandola però da 68 osservazioni, approfondimenti, suggerimenti, raccomandazioni ma nessuna – e ribadisco, nessuna – prescrizione o sottolineatura di criticità, che sono ben altra cosa. Osservazioni che non riguardano i fondamentali del progetto ma che sono unicamente delle migliorie. Esempio: viene suggerito di utilizzare un nuovo materiale, più performante rispetto a quello indicato nel progetto? Benissimo. C’è un sistema di sicurezza che in fase di controllo e di gestione migliora la manutenzione? Ottimo. Tutti aspetti che non inficiano la realizzabilità del Ponte.

Lo scorso 15 febbraio il Consiglio di Amministrazione della società Stretto di Messina Spa ha approvato la Relazione di aggiornamento al progetto definitivo del 2011 e l’ulteriore documentazione finalizzata al riavvio della realizzazione dell’opera, così come previsto dalla legge. Un’approvazione che è giunta a valle di un articolato sistema di verifiche posto in essere dalla Stretto di Messina Spa. Nei giorni successivi, la documentazione è stata inviata al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, agli enti territoriali interessati dalla realizzazione dell’opera, al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, al Ministero della Cultura e a tutte le altre Autorità competenti per le autorizzazioni di carattere ambientale e paesaggistiche. Il 14 marzo il Mase ha dichiarato la “procedibilità” per l’avvio della valutazione degli elaborati ambientali.

Espropriandi, la storia dell’orfanotrofio fantasma

Che quello degli espropri sia un tema molto delicato, in Stretto di Messina Spa ne abbiamo la consapevolezza. Abbiamo fatto l’aggiornamento del Piano e abbiamo rilevato i punti più critici, che poi sono sostanzialmente le abitazioni, le prime case in particolare. Le espropriazioni riguardano circa 2.700 ditte suddivise tra 1.600 in Sicilia e 1.100 in Calabria. Di queste, però, le abitazioni sono circa 450, 300 sul versante siciliano, 150 su quello calabrese: la metà sono prime case. Abbiamo comunicato il Piano di espropri così come previsto dalla legge, aprendo due sportelli, uno a Villa San Giovanni e uno a Messina, dove i diretti interessati (che entro sessanta giorni hanno facoltà di far pervenire le proprie osservazioni) possono recarsi anche solo per avere informazioni. L’esproprio verrà effettuato al valore di mercato che, per gli immobili, è quello attribuito nel caso di una compravendita, ma alla Stretto di Messina Spa sono riconosciute alcune elasticità, perché un conto è un edificio abbandonato, altro è la casa di abitazione principale. Dunque, abbiamo la facoltà di riconoscere un bonus, una volta concordata l’indennità e condivisa la modalità di rilascio: mediamente, 20mila euro per tutte le case.
Ma anche sul tema espropri, ahimè, c’è molta disinformazione. Emblematico il caso di poco tempo fa, quando qualcuno si avventurò a usare il sostantivo “esproprio” con riferimento a un non meglio precisato “ex Orfanotrofio”. Ora, al netto del fatto che “ex” già di per sé sta ad indicare che oggi, aprile 2024, di bambini al suo interno non ve ne sono, ma siamo dovuti arrivare ad una precisazione che spiegava che la dicitura “Orfanotrofio” contenuta nel Piano Espropri riguardava terreni intestati all’Istituto Figlie del Divino Zelo, detto Orfanotrofio Antoniano Femminile e all’Orfanotrofio Antoniano Maschile del canonico Annibale Maria di Francia. Dunque, lasciti di terreni – e ribadisco “terreni” – per Opere pie.

“Ma quale bocciatura del Ministero”

Ho letto in questi giorni di una mia presunta telefonata di fuoco al ministro Salvini a seguito di una richiesta per 239 chiarimenti, dettagli, approfondimenti e integrazioni proveniente dalla Commissione Via-Vas del Mase (il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica), che è stata interpretata come uno stop. Desidero tranquillizzare tutti: nessuna bocciatura. Ci troviamo in una fase ordinaria durante la quale vengono fatte tutte le valutazioni di impatto ambientale del caso. Un argomento, quello dell’ambiente – lo preciso – che alla società Stretto di Messina Spa sta molto a cuore: anche di fronte a un’imponente opera come il Ponte, l’ambiente va preservato e possibilmente migliorato. E infatti tutte le opere compensative che andremo a realizzare, penso al ripascimento della costa o alla rinaturalizzazione delle cave abbandonate, vanno in questa direzione.

Noi siamo partiti, con la legge n. 35 dello scorso anno, dal progetto definitivo del luglio 2011 e, come ovvio che fosse, lo abbiamo aggiornato anche per quanto riguarda la documentazione ambientale. Anzi, ai 239 quesiti tra chiarimenti e integrazioni posti dal Mase, io do una lettura positiva: significa che la documentazione da noi prodotta è stata letta ed esaminata dettagliatamente. Ora noi stiamo analizzando le richieste del Mase, abbiamo trenta giorni per rispondere e posso anche anticipare che è molto probabile che non chiederemo neanche una proroga di questo termine. Lo ribadisco: questa richiesta del Mase non ha assolutamente nulla di eccezionale. Siamo perfettamente nell’ordinario: il 16 aprile abbiamo avuto una prima riunione della Conferenza dei Servizi e la Commissione Via-Vas del Mase ha esercitato una sua facoltà, la richiesta di chiarimenti appunto. Adesso riscontreremo, consapevoli che comunque è il Mase a decidere sulla valutazione. Noi, da parte nostra, siamo convinti della bontà del lavoro che stiamo facendo.

Il balzo della Conferenza dei servizi

Dopo avere presentato la documentazione, il 3 aprile, in linea con il quadro di riferimento normativo, abbiamo pubblicato l’avviso di avvio del procedimento volto all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e alla dichiarazione di pubblica utilità, che sarà sancita con l’approvazione del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina da parte del Cipess. L’8 aprile abbiamo aperto a Villa San Giovanni e Messina i due sportelli informativi per i cittadini e le ditte interessati da possibili espropri o indennizzi (perché sono previsti anche quelli e riguarderanno, ad esempio, i proprietari degli immobili “frontisti”, ovvero coloro che, ancorché non espropriati, si trovino in adiacenza alle opere dalla cui realizzazione risultino gravati da una servitù o subiscano una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà. Tali fattori tengono conto di aspetti come diminuzione della luminosità e del soleggiamento; inquinamento acustico; ridotta funzionalità della viabilità di accesso agli immobili; ridotta fruibilità del contesto panoramico).

Otto giorni dopo, il 16 aprile, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) ha avviato la Conferenza dei Servizi (che ha visto la partecipazione di tutti i Comuni dell’area, dell’Autorità portuale e degli enti interessati) che, insieme alla Valutazione di impatto ambientale, rappresenta un grande passo in avanti. In linea con il dettato del decreto legge 35/2023 e all’esito della Valutazione di impatto ambientale, il Mit sottoporrà all’approvazione del Cipess sia il progetto definitivo che la Relazione, unitamente a osservazioni o richieste emerse durante la Conferenza dei Servizi; alle eventuali prescrizioni formulate all’esito del procedimento di Valutazione di impatto ambientale nonché il piano economico-finanziario, predisposto dalla società Stretto di Messina Spa e dal quale risulterà l’intera copertura del fabbisogno.

Oltre 100 mila unità di lavoro in otto anni

Dal punto di vista dell’occupazione, stimiamo almeno 4mila posti di lavoro per ciascuno degli otto anni, con punte di 7mila nel periodo di maggiore produzione. Il risultato è un impatto diretto di oltre 32mila unità di lavoro annuo. A questo dato va aggiunto l’indotto (90mila Ula), che porta l’Unità di lavoro generale dell’opera a 120mila. Un dato, a mio avviso, al ribasso, perché ritengo che i numeri saranno decisamente superiori. Indotto, significa attività collegata strettamente connessa a quella diretta. Un esempio è costituito dal settore ospitalità. Già ora a Messina si fa fatica a trovare una stanza in albergo, grazie alla ripartenza del settore turistico. Con i cantieri per la costruzione del Ponte sarà necessario costruire nuovi alberghi e implementare le strutture ricettive che accoglieranno gli ingegneri, i tecnici o gli operai. Anche se, per la verità, il nostro auspicio è che la creazione di posti di lavoro porti beneficio prima di tutto ai calabresi e ai siciliani, molti dei quali magari emigrati altrove e che vedono nelle opportunità offerte dal Ponte la possibilità di rientrare definitivamente. Ancora, sempre a titolo esemplificativo, pensiamo all’aeroporto di Reggio Calabria, che sicuramente avrà un incremento di traffico, fosse anche solo di curiosità scientifica durante la fase costruttiva. Tutto questo comporta un volano per l’economia: a fronte di una spesa da 13,5 miliardi di euro, l’impatto del cantiere sul Pil è stimato in almeno 23 miliardi di valore aggiunto.

Senza contare, infine, l’esponenziale riduzione dei tempi di attraversamento, oggi di circa 70 minuti per le auto (che arrivano a 100 minuti per i mezzi merci che approdano al terminal di Tremestieri) e 120 minuti per i treni. Il Ponte sarà in grado di garantire tempi medi di percorrenza di circa 15 minuti per i servizi ferroviari e di 10-13 minuti (calcolati dallo svincolo di Santa Trada fino a quello di Giostra) per i mezzi su gomma.

A settembre delibera Cipess: il “punto di non ritorno”

Se tutto procede come deve, ritengo che l’approvazione del Cipess arriverà al massimo per settembre. Da quel momento in poi comincerà la prima tappa della fase realizzativa e contemporaneamente la redazione del progetto esecutivo che, stante l’imponenza del lavoro, potrebbe essere portato avanti in più tranche. Nel “Progetto Ponte”, infatti, ci sono opere principali e opere accessorie, non meno importanti. La fase realizzativa comincerà con operazioni propedeutiche sul territorio. Penso, in particolare, alla risoluzione delle interferenze, alla bonifica da eventuali ordigni bellici (che ha una procedura molto impegnativa), alle indagini archeologiche, geognostiche e geotecniche, alla predisposizione dei campi base. Ovviamente, almeno per quest’anno, non dobbiamo certo pensare a ruspe o escavatori: quella sarà un’attività che riguarderà il 2025, quando avremo le prime gallerie. Il traguardo finale, l’apertura del Ponte al traffico ferroviario e stradale, è previsto per il 2032.
Un’infrastruttura, il Ponte sullo Stretto, considerata come più prioritaria fra le opere prioritarie, che finalmente – dopo oltre mezzo secolo dalla prima legge, che risale al 1971 – inizia a prendere una forma concreta e che è auspicabile portare a compimento al meglio e il più rapidamente possibile, senza cadere in quei percorsi ad ostacoli che hanno rallentato opere altrettanto strategiche. Sto pensando, senza necessariamente risalire all’Autostrada del Sole o al Mose, all’Alta Velocità, portata avanti con grande fatica ma che oggi è entrata a far parte integrante del nostro modo di concepire la mobilità. Pensiamo, ad esempio, al tempo che si impiega da Milano a Roma o al fatto che tanti lavoratori hanno scelto il pendolarismo tra Napoli e Roma. Riflettiamoci e rispondiamo in maniera intellettualmente onesta: chi, oggi come oggi, penserebbe minimamente a vivere senza l’Alta Velocità ferroviaria?

Se ne parla dall’Ottocento. La prima legge del 1971

Di un Ponte sullo Stretto si parla da metà Ottocento, quando Calabria e Sicilia si chiamavano ancora Regno delle due Sicilie. Un’idea rispolverata a più riprese negli anni. Bisognerà attendere, però, il 1971 quando, con l’approvazione della legge n. 1158, il Parlamento autorizzava l’istituzione di una società di diritto privato a capitale pubblico cui dare la concessione per progettare, realizzare e gestire il collegamento.

La Stretto di Messina Spa vedrà la luce dieci anni dopo, nel 1981, con la partecipazione per il 51 per cento di Italstat (società del Gruppo Iri che operava nel campo dell’ingegneria civile) e Iri e (in quote uguali del 12,25 per cento cadauno) Ferrovie dello Stato, Anas, Regione Sicilia e Regione Calabria. Una concessione per legge finalizzata all’ “esercizio, gestione e manutenzione del collegamento sullo Stretto di Messina”, formalizzata nel 1985. La norma prevede che “la concessione è assentita con decreto dei Ministri per i Lavori pubblici e per i trasporti e l’aviazione civile, di concerto con i Ministri per il Bilancio e la Programmazione economica, per il Tesoro, per le Partecipazioni statali e per la Marina mercantile, sentito il Cipe”.

Tra continui stop and go, il “Progetto Ponte” torna in auge nei primi anni Duemila. Ma nel 2011, in un momento di grave crisi per l’Italia e uno spread oltre quota 500, il governo tecnico presieduto dal professor Mario Monti dispone la messa in liquidazione della società Stretto di Messina Spa.
Dieci anni dopo, grazie al decreto legge n. 35/2023, la concessionaria riprende le proprie attività. Le nuove norme hanno previsto adeguamenti alla compagine azionaria (Mef 55,162 per cento; Anas Spa 36,699; Rfi Spa 5,829; Regione Calabria e Regione Sicilia 1,155 per cento ciascuna), alla governance e, soprattutto, il riavvio delle attività progettuali ed esecutive. Con una concessione trentennale a partire dalla fine dei lavori.

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