La pillola Ru486 non è reperibile in tutta Italia: i dati

La pillola Ru486 non è reperibile in tutta Italia: i dati

Filippo Calascibetta

La pillola Ru486 non è reperibile in tutta Italia: i dati

Redazione  |
giovedì 28 Settembre 2023

Qual è la situazione in Italia in merito alla reperibilità della pillola Ru486, un'indagine sul territorio di Medici del Mondo

“Abbiamo per te una missione impossibile: trovare la pillola Ru486“. Inizia così, con una richiesta alla 007, il viaggio della comica Laura Formenti con l’associazione Medici del Mondo, che ha promosso la campagna “The Impossible Pill”, attraversando l’Italia dalla Sicilia fino alla cima del Monte Bianco per denunciare le difficoltà di accesso all’aborto farmacologico, “un diritto umano ancora troppo spesso ignorato”. Ne è nato il rapporto “Aborto farmacologico in Italia: tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali”, diffuso nella Giornata internazionale per l’aborto sicuro, che ricorre oggi.

L’Italia – evidenzia il rapporto – è ancora molto in ritardo e distante dalle direttive dell’Organizzazione mondiale della sanità: la pillola abortiva è arrivata solo nel 2009 e negli anni sempre più persone l’hanno preferita al metodo chirurgico, passando dallo 0,7% nel 2010 al 20,8% nel 2018, fino al 31,9% nel 2020, con le percentuali più elevate registrate in Liguria (54,8%), Basilicata (52,5%) e Piemonte (51,6%).

Com’è la situazione in Europa per la Ru486

Numeri però ben lontani dagli altri Paesi europei: in Francia (dove la Ru486 è stata introdotta già nel 1988) e in Inghilterra (nel 1990) gli aborti farmacologici sono oltre il 70% del totale (la percentuale supera il 90% nel Nord Europa), con la possibilità di somministrazione fino alla nona settimana di gravidanza e in regime di day hospital. Possibilità che in Italia è stata introdotta solo nel 2020 con l’aggiornamento, da parte del ministero della Salute, delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza”.

Il viaggio, i numeri e le testimonianze raccolte fotografano “un’Italia che procede in ordine sparso rispetto all’aborto farmacologico, con alcune buone prassi, molte differenze territoriali e diverse scelte locali che sembrano dettate più da motivazioni politiche o ideologiche che da evidenze scientifiche.

Tappa dopo tappa, incontro dopo incontro – racconta l’associazione – emergono le difficoltà a contattare i consultori e a reperire informazioni sull’aborto farmacologico e sull’iter per accedervi, il problema della controinformazione scientifica, il nodo dell’obiezione di coscienza e dei tempi troppo lunghi per ottenere un appuntamento che mal si adattano alle 9 (in alcune regioni ancora 7) settimane permesse dalla legge, fino allo stigma sociale sull’interruzione di gravidanza e alla solitudine in cui spesso si ritrovano le donne che decidono di abortire”.

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