I Pinguini Tattici Nucleari ritornano in Sicilia: “Sul palco come in un sogno, la gavetta aiuta” - QdS

I Pinguini Tattici Nucleari ritornano in Sicilia: “Sul palco come in un sogno, la gavetta aiuta”

redazione

I Pinguini Tattici Nucleari ritornano in Sicilia: “Sul palco come in un sogno, la gavetta aiuta”

Gino Morabito  |
giovedì 23 Maggio 2024

Riccardo Zanotti, frontman della band bergamasca, si racconta al QdS prima della doppia data di Messina prevista per il 28 e 29 maggio

Un milione di biglietti venduti nel 2023, oltre un miliardo di stream, due anni in cima alle classifiche. Un gioco di squadra più che convincente che ha portato la formazione bergamasca a collezionare numeri da capogiro. Con l’en plein di 33 date sold out, Riccardo Zanotti racconta la band dei record e si racconta, consapevole che la dimensione live è parte integrante dei Pinguini Tattici Nucleari.

In una versione più intima e confidenziale, fanno ritorno in Sicilia il 28 e 29 maggio al “PalaRescifina” con “Non perdiamoci mica di vista\Fake news indoor tour – Palasport 2024”. L’evento è realizzato da Puntoeacapo, Magellano Concerti e in collaborazione con il Comune di Messina, guidato dal sindaco Federico Basile, e l’Assessorato agli spettacoli e grandi eventi cittadini di Massimo Finocchiaro.

Come siete messi con il Sud?
“Siamo messi molto bene. Il rispetto per ogni città che ci ospita è enorme. Abbiamo uno storico più al Nord ma vogliamo, per ragioni affettive, coltivare il Sud facendo anche qualche piccola sorpresa”.

Alzare le mani, ballare, saltare, cantare ad ogni canzone è sempre un privilegio difficile da esprimere. Così come un cartellone ‘tutto esaurito’ ha quasi del miracoloso.
“Nasciamo come una band live e questo è parte del nostro Dna, abbiamo imparato a farlo fin da ragazzini. A noi piace proprio partire e non vedere nessuno per settimane, in questo caso per due mesi. Ovviamente non è una vacanza, è comunque un lavoro. Però ti diverti”.

Il numero magico 1.000.000 di biglietti venduti in un anno come lo vivete?
“Non viviamo con questo milione sulla testa. Si tratta di un numero che è un viaggio, come Marco Polo. Su vari magazine, anche di stampo mondiale (‘Pollstar’, ndr), hanno citato il nostro come un esempio abbastanza virtuoso. Chiaramente siamo felicissimi, ma vogliamo scrivere musica e fare quello sul palco. Se ci si ferma solo ai biglietti venduti diventa davvero una scure e poi, quando non ottieni più quei risultati, chissà cosa succede”.

C’è una massima che gira nell’ambiente discografico: meglio essere numeri sette per tutta la vita, che non numeri uno per una settimana.
“La condivido appieno. Penso sia tangibile, in questi casi, che esiste un pubblico vero, il quale ci ascolta, ci stima e magari, a volte, ci onora nel dirci che supera dei traumi o dei problemi anche grazie alle nostre canzoni. Ritengo che, da buoni bergamaschi, abbiamo sempre comunicato realtà e solidità. E, di conseguenza, questo viene recepito”.

La lunga gavetta alle spalle è stata di aiuto nella gestione dell’enorme popolarità che vi ha investito?
“La gavetta ti aiuta, all’inizio, nell’attrarre l’attenzione. Perché, se c’è un pubblico che non si è ancora affezionato, bisogna inventarsi qualcosa che va spesso oltre le canzoni. Una cosa che mi ha sempre annoiato è andare a un concerto e sentire soltanto dei pezzi cantati uno dietro l’altro, senza presentazioni né spiegazioni, neanche un cenno all’idea che sta dietro quel brano”.

L’impressione che date è quella di essere rodati in una maniera tanto prepotente che sembra quasi una pacchia.
“Sul palco viviamo come un sogno, la difficoltà ci ha aiutato a percepire il privilegio”.

Che idea vi siete fatti del vostro pubblico?
“Mi dicono in diversi, magari lo intendono come un insulto, non ho mai ben capito: ‘Ti ascoltano solo le ragazzine’. Ma, ogni volta che ci fermano per strada, mi rendo conto che ci sono persone, sempre più numerose, di 40, 45, 50 anni. Significa che arrivi a prescindere da chi sei, dalla tua età, da cosa canti”.

Stadi nel 2025, ci arriverete con un disco nuovo.
“Arriveremo sicuramente con un nuovo progetto che uscirà sotto forma di disco. ‘Hello world’ è una frase che ci affascina tantissimo. ‘Hello’, ciao, l’azione, e ‘world’ la platea. ‘Hello world’, si riferisce a tutti indiscriminatamente. C’è l’attività, la possibilità; c’è l’oggetto, il soggetto; c’è qualsiasi cosa dentro una frase di due semplici parole. Ci ha conquistato talmente tanto che è un po’ la storia della nostra band”.

Oltre le canzoni o le canzonette, come qualcuno le potrebbe chiamare, ci sono anche dei pensieri radicati e una ‘Weltanschauung’, un modo di vedere il mondo.
“È interessante capire che cosa c’è dietro, altrimenti rimaniamo solo delle facce che suonano canzoni e basta. Facciamo comunque una musica leggera che dà energie positive. Andare troppo in profondità è complesso. Ci piace veleggiare, surfare in alto, però ogni tanto guardare l’abisso è importante”.

Facendo riferimento alla frase di don Beppe Zorzan, cosa trovano i giovani nei concerti pop che non trovano nella religione?
“Non abbiamo mai frequentano le chiese e non saprei dire quale sia il problema. Sicuramente non è semplice parlare ai giovani oggi. Credo, però, che bisognerebbe accettare tutte le diversità. Perché il mondo cambia costantemente ed è sempre più vero che essere diversi è la nuova normalità”.

I ragazzi cercano le risposte nei film, nei libri, nella musica.
“Semplicemente, comunicare senza dare risposte aiuta ad avvicinare le persone. Noi non ne diamo e, forse, è un bene”.

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