Il “Ponte d’Europa” è la volta buona? - QdS

Il “Ponte d’Europa” è la volta buona?

Carlo Alberto Tregua

Il “Ponte d’Europa” è la volta buona?

venerdì 10 Novembre 2023

Stanziati 780 mln nel 2024

Nella legge di Bilancio del 2024, che ancora il Parlamento deve approvare, sono stati stanziati 780 milioni per il Ponte sullo Stretto, che da ora in poi denomineremo “Ponte d’Europa” perché, come è noto, esso fa parte del Corridoio scandinavo-mediterraneo, che è appunto un corridoio europeo.
Utilizzando le risorse del Pnrr, Rete Ferroviaria Italiana ha cominciato a mettere in atto il progetto per il proseguimento dell’infrastruttura ad Alta Velocità da Salerno a Reggio Calabria. Allo stesso modo, sono stati aperti i cantieri per l’infrastruttura ferroviaria ad Alta Capacità Palermo-Catania-Messina. Si tratta ancora di brevi tratti di qualche decina di chilometri, ma conta il fatto che i cantieri siano stati aperti.

Sono state fatte previsioni, forse ottimistiche, secondo cui da Torino a Palermo si potrà percorrere l’intero Stivale con velocità analoghe a quelle che ormai vi sono in tutta Europa, ove la rete acquisisce nuove centinaia di chilometri ad alta tecnologia.

Come è noto, le infrastrutture dei trasporti (linee ferroviarie, autostrade, aeroporti e porti) costituiscono una base indispensabile per fare aumentare il Pil. Infatti, il movimento di cose e persone, quando non trova ostacoli, ma è anzi facilitato, permette uno sviluppo più rapido, anche se non certo paragonabile a quello cinese: l’incremento previsto del Pil italiano del 2024 è inferiore all’uno per cento, quello cinese superiore al sei per cento: oltre sei volte!

Bisogna rammaricarsi nel constatare che decine di governi italiani negli ultimi decenni non abbiano preso di petto la questione delle infrastrutture, mentre hanno continuato ad accontentare questa o quella parte della popolazione dando loro tossine e non rifiuti (dinieghi). Le tossine hanno affossato il Paese, i rifiuti l’avrebbero fatto crescere adeguatamente e non molto modestamente, come dicono i dati inequivocabili.

Cosa c’entra il “Ponte d’Europa” con l’argomento finora trattato? C’entra perché esso mette in moto un processo economico di sviluppo di tutto il Sud per tentare l’aggancio con quello ormai consolidato nel Nord del Paese.

Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha ovviamente agguantato questa ghiotta questione del “Ponte d’Europa” per farsene una bandiera come leader di un partito, diventato nazionale, qual è la Lega, che nella nostra Isola ha trovato un prezioso alleato nel Mpa di Raffaele Lombardo.
Lo stesso Salvini ha fatto una scelta intelligente nel nominare amministratore delegato della Società che gestirà la costruzione del Ponte nella figura di Pietro Ciucci, un manager che conosciamo da decenni e che ha dato sempre prova di grandi capacità. Siamo convinti che anche in questa occasione tali capacità verranno messe al servizio di un’opera fondamentale.

Ricordiamo che si è cominciato a parlare del Ponte addirittura con la legge n.1158 del 1971, per cui a distanza di oltre cinquant’anni, forse finalmente, si apriranno i cantieri nella prossima estate.

Non vorremmo peccare di ottimismo pensando che questa sia la volta buona, dopo le promesse a vuoto di Berlusconi e quelle dell’allora candidato alla Presidenza del Consiglio, Francesco Rutelli, che aveva fissato la data dell’inaugurazione dell’opera.
Questa volta i soldi ci sono, le capacità manageriali anche, la volontà politica mediante il ministro pure: tutto questo dovrebbe farci pensare che qui “O si fa il Ponte o si muore”, parafrasando la celebre frase di Giuseppe Garibaldi.

I macroeconomisti sanno che l’investimento in una zona sottosviluppata rende molto di più che se effettuato in una zona sviluppata. Infatti, la spesa per il Ponte potrà produrre quasi venti miliardi di Pil, trentamila occupati negli otto anni, con entrate fiscali vicine ai nove miliardi.

Quindi, il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), di cui è titolare Adolfo Urso, dovrebbe promuovere una serie di iniziative per attivare investimenti della stessa Europa, degli Stati Uniti e degli Stati Arabi verso il Mezzogiorno d’Italia, ove gli insediamenti di imprese sono in stallo.
Ci auguriamo che quanto precede verrà preso in esame dallo stesso ministro Urso.

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