Quella certezza del non sapere - QdS

Quella certezza del non sapere

Carlo Alberto Tregua

Quella certezza del non sapere

venerdì 24 Novembre 2023

Tutto parte da un famoso filoso, di cui non ricordo il nome (?!), il quale esclamò: “So di non sapere”. Dopo ve ne fu un altro altrettanto famoso e di cui non ricordo il nome (?!), il quale esclamò: “Penso, dunque sono”.
Mettendo insieme queste due frasi emerge che si esiste in quanto si pensa e pensando si arriva alla conclusione di non sapere o di sapere molto poco.

Le precedenti considerazioni, però, non sono di comune diffusione né di comune comprensione, in quanto la maggior parte delle persone non sa di non sapere, ma, al contrario, ritiene di sapere tutto o quasi. Ciò perché la presunzione è incommensurabile: più si è ignoranti e più si ritiene di sapere.
Dal che poi ne conseguono atti, gesti e comportamenti che rovinano amicizie e affetti, che “deturpano” gli affari, che scatenano guerre fra “ignoranti”, i quali ritengono di affrontare certi tipi di vicende per la prima volta. Se avessero letto e si fossero informati, avrebbero saputo che gli eventi affrontati sono già capitati nei secoli infinite volte.

L’unica certezza che ognuno di noi dovrebbe avere è quella di non sapere. Dal che dovrebbe scaturire uno sforzo diuturno di conoscere, conoscere e conoscere attraverso letture su qualunque supporto, ascoltando podcast e lezioni, nonché partecipando a conferenze e discussioni col tentativo di saperne un po’ di più.

Quante persone sono in questa mentalità? Non sappiamo quantificarne la percentuale, ma supponiamo che essa sia molto bassa, diversamente non ci spiegheremmo le motivazioni che fanno scoppiare le guerre, armate o economiche, e le liti fra persone e soprattutto non ci spiegheremmo i tremendi delitti che certi malfamati e problematici uomini compiono uccidendo le donne: ben 103 quest’anno fino a oggi, augurandoci che questo numero non aumenti da qui fino alla fine del 2023.

Naturalmente, per sapere bisogna sforzarsi, bisogna sacrificare le ore del divertimento a quelle dello studio, bisogna “soffrire”, non di una sofferenza fisica o mal tollerata, bensì di una sofferenza voluta che consiste nell’utilizzo del cosiddetto olio di gomiti.

Personalmente posso testimoniare che non ho fatto sacrifici in giovane età, quando, dopo la maturità, cominciai a lavorare nell’azienda di mio padre dalle sette della mattina alle diciannove della sera. Dopodiché cominciavo ad aprire i libri e studiavo fino a mezzanotte. Così sono riuscito a laurearmi in meno di quattro anni, in modo onorevole.
Quell’attività notturna, sostitutiva di svaghi, divertimenti, relax e riposi diversi, non ha mai costituito per me una forma di sacrificio.
Questa testimonianza non ha alcuna velleità, bensì la finalità di dire che quando si vuole ottenere un risultato, lo si può ottenere.
Da allora l’abitudine di leggere in continuazione tutti i giorni, domeniche e feste comandate comprese. Anche questo non ha mai costituito un sacrificio, ma per me leggere è come mangiare: non posso farne a meno.
Non importa dove si legge, non importa quando si legge, né come; l’importante è farlo con continuità per dare il cibo alla nostra mente, che ha bisogno di continua alimentazione.

Qualcuno obietterà che, di fatto, quasi tutta la popolazione del mondo ormai legge sul proprio smartphone. Vero, ma questa è, la maggior parte delle volte, un’altra forma di lettura, una lettura superficiale. Infatti, non è importante leggere per leggere; è importante leggere per crescere, per capire, avere diversi punti di vista e conoscere, non informazioni lapidarie o fatte per punti, ma concetti, semplici o complessi, che ci facciano comprendere fatti e circostanze accaduti nel passato e nel presente.

Paradossalmente, la lettura sullo smartphone aumenta l’ignoranza perché – come più volte abbiamo scritto su queste colonne – si continuano a leggere informazioni disparate e non, ripetiamo, concetti completi, cioé informazioni collegate.
I concetti, dunque, permettono di capire come si sono comportate le popolazioni e i singoli individui e quindi cosa noi possiamo trarne per migliorare il nostro modo di pensare e per diminuire l’immensa ignoranza di cui non abbiamo alcuna cognizione.

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