Reddito di Cittadinanza, dato preoccupante sulle competenze: la quasi totalità non è spendibile sul mercato del lavoro.
L’idea dovrebbe essere quella non di un “fondo perduto” a vita ma di un inserimento nel mondo del lavoro. Ma questo principio in Sicilia non trova fondamento quando si parla di reddito di cittadinanza. A distanza di anni dall’introduzione del sussidio l’Isola stenta a far trovare lavoro a queste persone. E si scopre che addirittura è la regione con il minor numero di percettori che hanno trovato lavoro nel 2022. Anzitutto si parte dalla premessa e cioè che Sicilia e Campania sono le regioni con il maggior numero di percettori di reddito di cittadinanza.
Insieme, la prima con il 22,3% degli individui, la seconda con il 26,7%, contano quasi la metà della totalità dei titolari del Rdc nell’intera penisola, eppure sono le regioni in cui si registrano i valori più bassi di beneficiari occupati. I dati sono quelli forniti dall’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, istituita proprio lo scopo di coordinare la rete dei servizi per le politiche del lavoro, per promuovere l’effettività dei diritti al lavoro, la formazione e l’elevazione professionale.
Reddito di cittadinanza, cosa succede dopo stop in Sicilia
Tramite le proprie strutture di ricerca, l’Agenzia svolge anche analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche attive e dei servizi per il lavoro. E per quanto riguarda i risultati occupazionali collegati al reddito di cittadinanza in Sicilia i dati non sono per nulla confortanti: sono appena il 13,2% gli occupati, fanalino di coda della classifica nazionale. All’altro capo dell’elenco, la provincia autonoma di Bolzano, che ha un totale di beneficiari pari allo 0,03%, segna un tasso di occupazione del 35,4%. Se si guarda ai soli beneficiari occupati, si osserva quindi una maggiore incidenza nelle regioni centro settentrionali, con valori poco superiori al 24%, a fronte del 16,4% delle regioni del Sud e del 13,9% delle Isole.
E le condizioni della platea siciliana non lasciano ben sperare: i cosiddetti “work ready”, cioè coloro i quali hanno competenze professionali o personali tali da poter essere immediatamente immessi nel mondo del lavoro, in Sicilia sono appena il 2,1%, mentre coloro i quali corrono il rischio di diventare disoccupati di lunga durata sono il 72,2%. L’area di rischio di disoccupazione, evidenzia, a livello regionale ma anche nazionale, le grandi difficoltà dal punto di vista dell’inserimento lavorativo delle donne: il 74% della componente femminile ricade nella fascia di alto rischio di disoccupazione.
Il rischio aumenta considerevolmente al crescere dell’età: la quota con alto rischio si attesta al 63,7% per i beneficiari con età compresa tra i 40 e i 49 anni, al 76,8% per i 50-59 enni e raggiunge l’86% dei beneficiari con 60 anni o più.
Il problema delle competenze
Tali difficoltà sono strettamente collegate alla necessità, per i soggetti coinvolti, di costruire ex novo le proprie competenze lavorative: i dati evidenziano come i beneficiari di reddito di cittadinanza presentino un elevato bisogno di interventi formativi intensivi: oltre la metà delle regioni registra una quota di individui indirizzati a percorsi di reskilling, cioè percorsi che permettono di aggiungere nuove capacità alle proprie già maturate, in modo da tentare un reinserimento nel mondo del lavoro anche in settori diversi da quello di provenienza, superiori al 40%; tale categoria in Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia sfiora o supera il 60%. Pena la decadenza o l’annullamento della domanda di beneficio, infatti, coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza sono tenuti alla sottoscrizione di un Patto per il lavoro (Ppl), con il quale si vanno a definire percorsi di inserimento al lavoro che presuppongano azioni specifiche di formazione, orientamento, accompagnamento al lavoro.
E in questa occasione viene definita, grazie alla profilazione, la necessità di un reskilling o di un upskilling, cioè di un approfondimento delle competenze già esistenti. Sono esonerati e fanno eccezione, sulla base di quanto previsto dalla regolamentazione in materia, i beneficiari con carichi di cura legati alla presenza di soggetti minori di tre anni di età o di componenti del nucleo familiare con disabilità grave o non autosufficienti, ovvero i frequentanti corsi di formazione e gli occupati.