Il "sì" del Tribunale di Milano al ricorso di Marco Cappato avrebbe fatto slittare le elezioni del 25 settembre.
A pochi giorni dall’atteso ritorno alle urne del 25 settembre, non mancano le sorprese. Si è rischiato, infatti, il rinvio delle elezioni a causa del ricorso Cappato.
Aggiornamento ore 13: il ricorso è stato respinto, quindi le elezioni politiche del 2022 si terranno normalmente il 25 settembre. Ecco cosa è accaduto negli scorsi giorni, dalla presentazione del ricorso il 2 settembre al rigetto del ricorso.
Ricorso Cappato, firme digitali e il possibile rinvio delle elezioni
Marco Cappato, leader del partito “Referendum e Democrazia”, ha presentato un ricorso relativo all’esclusione del suo gruppo dalle liste ammesse alle elezioni del 25 settembre. Il motivo? Le firme digitali. Pare infatti che Cappato abbia raccolto le firme a sostegno della candidatura in formato digitale e che questo abbia determinato l’esclusione della lista.
Per Cappato, questa scelta metterebbe in discussione la “democraticità” delle elezioni politiche: questo è il motivo del ricorso, che adesso potrebbe portare a un rinvio “last minute” del ritorno alle urne. Secondo il leader di “Referendum e Democrazia”, infatti: le firme digitali sarebbero state raccolte tramite SPID, un sistema ritenuto generalmente valido per accertare l’identità.
Qualora il ricorso presentato da Marco Cappato fosse stato accettato dal Tribunale di Milano, sarebbe stato necessario rinviare le elezioni per garantire i tempi necessari per la convocazione dei comizi elettorali. Il “no” del Tribunale di Milano, però, ha scongiurato il rinvio e deluso le aspettative del leader di “Referendum e Democrazia”.
Il perché del “no” al ricorso
La decisione del tribunale di Milano si conclude motivando che “il giudice non è stato posto in condizione di verificare la sussistenza del predetto elemento di fatto (la verifica dell’effettiva presenza delle sottoscrizioni digitali raccolte assieme ai certificati) della fattispecie controversa (verifica che non può esimersi dal fare, attesa la contestazione di parte resistente), deve ritenersi l’insussistenza del presupposto della richiesta tutela cautelare, costituito all’apparenza del buon diritto (fumus boni juris)”.
In parole povere, quindi, il giudice non ha accettato il ricorso per l’impossibilità di confermare la veridicità delle firme digitali raccolte.
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