San Marco, attesa per il Pronto soccorso ma gli altri ospedali affogano - QdS

San Marco, attesa per il Pronto soccorso ma gli altri ospedali affogano

redazione

San Marco, attesa per il Pronto soccorso ma gli altri ospedali affogano

venerdì 21 Febbraio 2020

Mentre al Policlinico di Catania il Pronto soccorso annovera 50 medici, altre realtà dell’Isola soffrono la carenza di personale

CATANIA – La nuova avveniristica struttura della sanità etnea, l’Ospedale San Marco, è oramai una realtà, almeno dal punto di vista architettonico e strutturale. Ma per fare un Ospedale non bastano comunque il cemento, gli infissi, gli arredi. Per dare le adeguate risposte ai bisogni di salute dei cittadini ci vuole il personale sanitario e ci vogliono Reparti funzionanti. E per questo sembra che ci sia ancora da attendere, a cominciare dal Pronto Soccorso per adulti (quello pediatrico è stato inaugurato nel mese di luglio scorso, in pompa magna e alla presenza del Presidente della Regione Musumeci e del Presidente della Repubblica Mattarella). L’apertura del Pronto Soccorso adulti del San Marco era prevista per febbraio 2020, poi è slittata a marzo, poi ad aprile, poi a giugno. Vedremo.

Ma una cosa è certa, stavolta per fortuna non mancheranno certamente i medici. Sono state previste infatti 26 assunzioni, anzi non soltanto previste ma addirittura già realizzate ancor prima dell’apertura e, per via dei ritardi accumulatisi, questi medici già strutturati sono stati mandati ad affiancare i 26 medici del Pronto Soccorso del Policlinico Vittorio Emanuele per un congruo periodo di formazione. Stavolta si è quindi pensato a tutto, ci sono i numeri, ci sarà la qualità dell’assistenza, ci sarà personale ben addestrato e formato. In pratica, un piccolo miracolo della sanità siciliana e non solo.

Tutto bene insomma, anche se, di certo, non vorremmo tuttavia assistere a nuovi ritardi e slittamenti dell’entrata in funzione della nuova struttura, perché se è tollerabile che 26 medici raddoppino per pochi mesi l’organico del Policlinico, ulteriori rinvii sarebbero inaccettabili, soprattutto se consideriamo altre realtà regionali in cui ogni giorno si combatte per la sopravvivenza. Infatti, se a Catania si vivono tempi di vacche grasse, la realtà della provincia è decisamente stridente con quella del capoluogo etneo.
Mentre in atto al Policlinico di Catania il Pronto Soccorso annovera circa 50 medici per far fronte ai quasi 70.000 accessi annui, altre realtà soffrono per carenza di personale medico, facendo fronte a prestazioni comunque di un certo peso ma con organici esigui, sicuramente insufficienti e sottodimensionati.

Un esempio per tutti potrebbe essere il Pronto Soccorso di Siracusa che gestisce una media di oltre 60.000 accessi all’anno e 6 posti letto di Osservazione Breve più altri 6 posti letto di Medicina d’Urgenza con un organico previsto di 22 medici, ridotto però al momento a sole 12 unità.

Una situazione drammatica non lontana da quella che si registra anche in altre realtà, come a Lentini dove i medici dovrebbero essere 14 e invece sono ridotti a 6 per far fronte a circa 30.000 accessi annui, oppure ancora ad Augusta dove i medici sono soltanto 5 e gestiscono poco meno di 20.000 pazienti l’anno. Per finire con il numero di accessi dei due Ospedali distanti tra loro soltanto 14 chilometri di Avola e Noto (prima chiuso e poi inspiegabilmente riaperto) che gestiscono in totale 40.000 accessi l’anno con soli 11 medici sui 14 previsti.

I numeri, impietosamente, fanno emergere incontestabile una grave sperequazione fra la realtà positiva di Catania e quella delle strutture di provincia che non possono comunque essere dimenticate mentre la politica regionale punta tutta l’attenzione sulla struttura di eccellenza del capoluogo etneo. Non si vuole togliere niente a nessuno né fare le guerre fra ricchi e poveri ma il perdurare di questa situazione è intollerabile.

Bisogna che si guardi alle esigenze e alle necessità di tutta la popolazione e di qualsiasi zona geografica della Regione, senza lasciare indietro nessuno. Chiediamo ai vertici della sanità siciliana di intervenire con prontezza per fare fronte a una situazione di vera e propria emergenza che attanaglia ormai da troppo tempo queste realtà sociali più piccole ma non per questo meno importanti quando si parla della salute della salute dei cittadini.

Giuseppe Riccardo Spampinato
Segretario regionale Cimo Sicilia



Randagismo al San Marco: la Cimo scrive al Prefetto

CATANIA – Circa un mese fa la Segreteria regionale Cimo Sicilia, dopo il susseguirsi di segnalazioni da parte di medici e utenti sui problemi legati alla sicurezza nelle aree esterne del San Marco, ha deciso di chiedere l’intervento del sindaco e del prefetto di Catania.
Il Segretario regionale, Riccardo Spampinato, ha segnalato i numerosi episodi di aggressioni subite dal personale della struttura sanitaria ma anche dagli stessi utenti che vi si recavano, soprattutto nelle ore notturne, da parte di un branco di cani randagi. In tanti hanno finora rimediato qualche morso e un grande spavento e finora si è soltanto sfiorata la tragedia.
Dopo la denuncia della Cimo si è avuto un primo risultato con gli accalappiacani entrati in azione con un lieto fine anche per i randagi, presi in cura dal Servizio Veterinario dell’Asp catanese e dati in adozione ad alcuni volontari.
Risolto il problema randagi, almeno per ora, ci si aspetta adesso che si proceda alla messa in sicurezza dell’intera area di pertinenza della nuova struttura sanitaria. Manca un vero e proprio servizio di vigilanza degli spazi esterni e un sistema di videosorveglianza. Insomma, è indispensabile procedere celermente con la messa in sicurezza dell’Ospedale.



Dopo anni di proteste, è in arrivo la Legge sulla violenza contro gli operatori sanitari

Le aggressioni contro gli operatori sanitari continuano a susseguirsi senza sosta in tutta la penisola. Secondo i dati forniti dall’Inail gli episodi denunciati sono circa 1800 l’anno, ma in molti casi, medici e infermieri non denunciano l’accaduto o perché non hanno riportato conseguenze rilevanti dal fatto o per paura o addirittura per vergogna, come capita spesso a chi subisce atti di violenza per l’instaurarsi di un meccanismo perverso in cui la vittima si sente quasi in colpa per l’accaduto.

In realtà quindi il numero delle aggressioni sul personale sanitario degli ospedali o delle ambulanza del 118 sarebbe decisamente più elevato e finirebbe per crescere esponenzialmente se agli episodi di violenza fisica dovessimo aggiungere quelli di violenza verbale, gli insulti, le minacce.

Dopo anni di proteste da parte degli operatori sanitari, dei sindacati e degli Ordini dei Medici, sembra stia per arrivare il momento per la politica italiana di provare a mettere rimedio a quella che è ormai diventata una vera e propria piaga sociale.

A marzo arriverà al voto del Parlamento italiano il nuovo testo della Legge che reca come titolo “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”.

Non si otterrà il tanto richiesto status di pubblico ufficiale da tempo richiesto dalle organizzazioni di categoria ma viene comunque introdotta una modifica al Codice Penale che inasprisce le sanzioni ed estende di fatto le stesse pene previste per le lesioni personali causate ad un pubblico ufficiale anche al personale sanitario nello svolgimento delle proprie funzioni.

Viene inoltre introdotta la procedibilità d’ufficio, finora assente, e l’obbligo per le Aziende Sanitarie di costituirsi parte civile nei processi. Queste sono le modifiche più rilevanti scaturite dalla Commissione Giustizia e Affari Sociali della Camera dei Deputati al testo già approvato dal Senato. Adesso si attende il voto d’Aula che dovrebbe vedere la luce in tempi brevi, con la speranza che questa Legge possa essere un deterrente efficace a questa vergogna nazionale.

Giuseppe Bonsignore
Responsabile Comunicazione Cimo Sicilia

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