San Marco d'Alunzio, tentata corruzione: il cantiere resta bloccato

Denuncia la tentata corruzione e il cantiere resta bloccato. La Regione: “Nessun ritardo particolare”

Antonino Lo Re

Denuncia la tentata corruzione e il cantiere resta bloccato. La Regione: “Nessun ritardo particolare”

Simone Olivelli  |
giovedì 07 Settembre 2023

Nel 2021 l'imprenditore etneo Fabio D'Agata ha denunciato una richiesta di tangente in un appalto pubblico. La replica del Genio civile di Messina e della Regione

“In ballo non c’è più soltanto l’interesse economico di un’azienda, ma il rischio di far passare un messaggio pericoloso, ovvero che denunciare significa attirarsi problemi”. Nel giro di pochi giorni, il volto di Fabio D’Agata è finito su metà dei tg nazionali, nelle vesti di protagonista di una storia che, a volerla vedere letterariamente, mette insieme Kafka, Pirandello e Sciascia, ma che in maniera molto più prosaica e lontana da ogni forma di sospetto mette in evidenza, ancora una volta, i limiti della pubblica amministrazione. Titolare della Consolidamenti Speciali – un’impresa specializzata in interventi di messa in sicurezza – D’Agata a fine 2021 si era rivolto alla guardia di finanza per raccontare di avere ricevuto, dal direttore dei lavori di un cantiere, la proposta di compiere una frode, con la garanzia di essere coperto e a patto di dividere i profitti illeciti. Da quella denuncia era nata un’inchiesta della procura di Patti, che ha portato prima all’arresto del professionista e poi, a inizio 2023, alla condanna in primo grado a tre anni e due mesi di reclusione. Ma mentre la storia giudiziaria va avanti, a essersi bloccata tra intoppi burocratici ed estenuanti attese sono proprio i lavori, peraltro necessari a garantire l’incolumità di chi vive a San Marco d’Alunzio, piccolo borgo sui Nebrodi. “Il cantiere non è mai stato sequestrato dalla magistratura, eppure finora è stato impossibile ripartire con i lavori. Dal giorno dell’arresto, è rimasto tutto immobile”, denuncia al QdS D’Agata.

Risparmiare sull’acciaio

Il caso San Marco d’Alunzio nasce due anni fa, quando l’imprenditore inizia a ricevere a più riprese da Basilio Ceraolo, 72enne ingegnere di Capo d’Orlando incaricato dal Commissario per il rischio idrogeologico di seguire l’esecuzione dei lavori, una serie di allusioni riguardanti la possibilità di venire meno a quanto previsto dal progetto. In particolare Ceraolo, che diversi anni prima era stato l’ideatore del progetto, avrebbe spiegato a D’Agata che i tiranti d’acciaio da utilizzare sarebbero potuti essere più corti. Ceraolo avrebbe aggiunto un particolare non secondario: sarebbero potuti essere più corti, ma comunque pagati per la lunghezza pattuita in origine. In altre parole, c’era la possibilità di ricavare un profitto di circa centomila euro a spese dello Stato. Davanti a quell’offerta, D’Agata ha denunciato tutto all’autorità giudiziaria e, offrendo la propria collaborazione, ha dato la possibilità alle Fiamme Gialle di raccogliere sufficienti indizi per mettere in condizione la procura di processare l’ingegnere..

Tra uscite di scena e nuove nomine

Se all’arresto di Ceraolo è seguita naturalmente la necessità per la stazione appaltante di trovare un nuovo direttore dei lavori a cui affidare il compito di seguire il cantiere, meno prevedibile è stata la decisione del collaudatore di abbandonare l’incarico. L’annuncio è arrivato nella tarda primavera del 2022, circa sei mesi dopo lo scandalo. Il diretto interessato, un funzionario all’epoca in servizio alla Protezione civile regionale, spiegò il passo indietro con il sovraccarico di lavoro e ammettendo di non essere mai stato al cantiere di San Marco d’Alunzio.

La selezione dei nuovi professionisti ha rappresentato uno dei motivi di stallo nella ripartenza – mai avvenuta – dell’appalto, ma non l’unico. Trovati il nuovo direttore dei lavori e il nuovo collaudatore, per la Consolidamenti Speciali si è presentata l’esigenza di attendere la redazione di una perizia di variante, utile ad apportare accorgimenti al progetto originario: “Una necessità che, come dimostrano i documenti, si era manifestata sin dall’apertura del cantiere ma la cui gestione fu procrastinata per volontà di Ceraolo”, spiega oggi D’Agata.

La posizione del nuovo direttore dei lavori, Michele Barbera, è stata invece diversa: prima di riprendere l’intervento sarebbe stato necessario da un lato verificare l’esatta realizzazione delle opere fin lì eseguite e dall’altro avere il via libera alla variante. Per raggiungere il primo obiettivo, è stato dato incarico a un laboratorio specializzato che ha confermato la qualità del cemento e dell’acciaio utilizzati in cantiere; mentre per quanto riguarda i lavori supplementari si è seguito l’iter previsto dalla legge e il relativo coinvolgimento di soggetti chiamati a esprimersi. “A distanza di due anni questa benedetta variante ancora manca, per oltre un anno (prima della denuncia, ndr) ci è stato detto di lavorare senza problemi, adesso invece sembra che non si riesca a esitarla. Con la conseguenza – sottolinea l’imprenditore – che i nostri mezzi sono bloccati e fermi in cantiere”.

La richiesta del Genio civile

Nelle scorse settimane, la storia ha registrato picchi di tensione dopo che la Consolidamenti Speciali ha appreso la richiesta da parte del Genio civile di Messina, ufficio deputato a esprimersi sulla variante, di una relazione sullo stato dell’arte nella fase in cui a dirigere i lavori era l’ingegnere Basilio Ceraolo, il professionista arrestato per aver cercato di corrompere D’Agata. A detta di quest’ultimo la volontà del Genio sarebbe stata quella di chiedere proprio a Ceraolo di pronunciarsi. “Abbiamo appreso che per poter valutare la perizia di variante avevano bisogno di una relazione da parte di Ceraolo sulle opere fatte, qualcosa che, ancor prima di ragionare sulla liceità della richiesta, ha profili giganteschi di inopportunità”, attacca D’Agata.

All’imprenditore replica a distanza Nicola Alleruzzo, ingegnere capo del Genio civile peloritano. “Non c’è stato alcun contatto con Ceraolo né volontà di chiedere a lui pareri – dichiara Alleruzzo al QdS – Semplicemente la prassi vuole che quando avviene un cambio di direttore dei lavori si faccia riferimento a colui che in una data fase svolgeva l’incarico. Che un direttore dei lavori cambi è un fenomeno tutt’altro che raro e in tal senso va letta la nostra richiesta”. In altre parole, il Genio civile in un primo tempo non avrebbe avuto ben chiaro che la perizia per cui si chiedeva il parere riguardava proprio l’appalto finito sotto la lente dei magistrati. “Quando abbiamo ricevuto la replica piccata dell’impresa, ho preso in mano l’incartamento e ho appurato la particolarità della situazione – va avanti Alleruzzo – Ho avuto modo anche di verificare che quelle prove che per noi erano necessarie erano state già disposte dal nuovo direttore dei lavori”. L’imprenditore D’Agata ribadisce però un’altra versione dei fatti: “Ho parlato direttamente con uno dei funzionari del Genio e, nonostante avessi specificato che si trattava di un direttore dei lavori già condannato in primo grado, mi sono sentito rispondere che le vicende giudiziarie in corso non potevano incidere sull’iter da seguire. Polemiche a parte, è doveroso domandarsi in che tempi verrà esitato il parere del Genio: “Da parte nostra – conclude Alleruzzo – riteniamo che nel giro di un paio di giorni verrà rilasciato”.

Il no comment di Croce e l’appello della Cgil

Una volta incamerato il via libera del Genio civile, la palla passerà nuovamente alla struttura commissariale che in Sicilia si occupa di rischio idrogeologico. A guidarla è Maurizio Croce, in passato assessore al Territorio nell’era del governo Crocetta e più di recente candidato sindaco a Messina. Contattato dal QdS, Croce si è trincerato in un no comment. “Ho deciso di non commentare questa vicenda, mi spiace non rilascio dichiarazioni”, taglia corto al telefono. Chi invece ha chiesto a gran voce lo sblocco del cantiere è stata la Fillea Cgil di Messina. “Riteniamo opportuno sottolineare l’importanza degli interventi di messa in sicurezza per gli eventuali rischi connessi alla fragilità del territorio nonché – si legge in una nota – per gli effetti sull’occupazione della manodopera, al momento non più presente in cantiere ma già formata e qualificata nelle attività richieste”.

Assessore Aricò: “Dai miei uffici nessun ritardo particolare”

A intervenire sulla vicenda è anche Alessandro Aricò, assessore ai Lavori pubblici del governo Schifani, secondo il quale attorno all’appalto di San Marco d’Alunzio si è alzato un polverone eccessivo. “Per ciò che concerne il Genio civile posso anticiparle che non è vero che ci sono state attese così lunghe come è stato detto e nei prossimi giorni, carte alla mano, risponderò sul punto”, dichiara Aricò. Che poi, alla richiesta di un commento sulla possibilità che questa storia rischia di offuscare ulteriormente il mondo degli appalti in Sicilia, già negli ultimi anni più volte finito all’attenzione delle procure, chiosa: “Posso esprimermi soltanto sulle attività degli uffici che fanno riferimento al mio assessorato”.

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