Quasi 4 mila docenti e più di mille lavoratori Ata faranno ricorso a “quota 100”, la Cgil spera nel rientro di tanti emigrati
PALERMO – Saranno quasi 5.000 le unità di personale scolastico che in Sicilia andranno in pensione a partire dall’1 settembre prossimo. Si tratta di 4.852 lavoratori, di cui 3.732 docenti e 1.120 Ata, che potranno accedere al pensionamento attraverso il ricorso alla cosiddetta ‘quota 100’.
I dati includono anche i pensionamenti d’ufficio, fatti cioè in presenza dei requisiti massimi utilizzabili da parte dei lavoratori per rimanere ancora in servizio. A questi numeri si aggiungeranno i dirigenti scolastici, che hanno tempo fino al 28 febbraio per presentare la domanda e il personale che utilizzerà ‘opzione donna’ e ‘ape sociale’.
“Un’occasione importante per favorire le immissioni in ruolo, il rientro dei numerosi docenti emigrati al Nord e le stabilizzazioni dei precari – afferma il segretario della Flc Cgil Sicilia Adriano Rizza -. Oltre a colmare i vuoti che si verranno a creare nella pianta organica della scuola siciliana è necessario intervenire sull’assunzione del personale per combattere fenomeni particolarmente significativi nella nostra regione, come la dispersione scolastica e le povertà educative. A tal proposito, bisogna investire su tempo scuola, riduzione del numero degli alunni per classe, edilizia scolastica, trasporti e stabilizzazione dei posti di sostegno in deroga. Questi temi restano centrali per un rilancio della scuola siciliana che garantisca ai nostri studenti una scuola di qualità al pari di quella garantita agli studenti del resto del Paese”.
Un ricambio importante, che svecchierà il corpo docente dell’Isola. Rispetto ai dati nazionali i numeri sono ben più alti. Le istanze avanzate dagli insegnanti siciliani ammontano a circa il 12% in più rispetto allo scorso anno, mentre in tutta la penisola sono aumentare del 4,8%. Se poi ci riferiamo alla cosiddetta “Quota 100”, l’incremento si attesta al 24% in appena 12 mesi, un numero molto alto, ma che è giustificato dal fatto che si tratta dell’ultimo anno disponibile.
Se non saranno introdotte novità a livello normativo, si potrà andare in pensione ad almeno 66 anni e 7 mesi di età e 30 anni di servizio. Le motivazioni della scelta sono semplici: i dati sono stati raccolti in una indagine condotta dalla Cisl scuola a livello nazionale, e buona parte degli intervistati ha detto di voler lasciare per “stanchezza” o perché “avevano già lavorato abbastanza”, condizione peggiorata dalla crescente complessità del sistema scolastico e delle difficoltà dei rapporti con le famiglie.
A livello nazionale si parla di 35 mila posti disponibili; circa 27 mila riguardano il personale docente, di cui 16 mila grazie a “quota 100”, suddivisi al 50% tra mobilità e ruoli che vanno a sommarsi a quelli rimasti vacanti dopo le operazioni dello scorso anno scolastico, circa 64 mila posti.
Per quanto riguarda, invece, il personale Ata e quello educativo, le domande sono oltre 7.000: il totale, dunque, è di circa 35.000 unità che andranno in pensione nel 2021. Sono 85 le domande presentante da personale educativo (l’anno scorso 78), mentre hanno prodotto domanda 504 insegnanti di religione (l’anno scorso 393).
Un buon ricambio generazionale per una scuola che necessita di nuova linfa ed energia, con un sistema che cambia ogni anno, classi sempre più difficili da gestire e, nell’ultimo anno, con l’introduzione della didattica a distanza, che ha reso ancora più complessa l’organizzazione delle lezioni e il lavoro in classe.