Lavoro nero e irregolare, in Sicilia 5,5 miliardi nascosti al fisco

Lavoro nero e irregolare, in Sicilia 5,5 miliardi nascosti al fisco

Marco Cavallaro

Lavoro nero e irregolare, in Sicilia 5,5 miliardi nascosti al fisco

Michele Giuliano  |
giovedì 04 Luglio 2024

L'Isola è la terza regione italiana con la più alta incidenza

La Sicilia continua a rimanere sul podio del lavoro irregolare. Una realtà che si perpetua ormai da anni, e che non sembra in alcun modo cambiare andamento. L’Isola conta il 16% di tasso di irregolarità al 2021, secondo i dati dell’Istat elaborati in questi giorni dall’ufficio studi della Cgia, l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre.

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La Sicilia si trova dietro alla Campania, al 16,5% e alla Calabria, al 19,6%. Un valore ben più alto della media nazionale, che si ferma all’11,3%. Lo scarto si rende ancora più evidente se si guarda alla coda della classifica, dove si trova il Veneto, con “appena” l’8,1% di irregolari, e la provincia autonoma di Bolzano, che si ferma al 7,9%. Gli irregolari producono, in Sicilia, il 6,6% del valore aggiunto regionale, con un totale di circa 5 miliardi e mezzo di euro, contro una media nazionale del 4,2%.

Il Mezzogiorno sempre in prima fila per lavoro irregolare

Purtroppo, per macroarea territoriale, è sempre il Mezzogiorno a dare il peggio. Il volume d’affari annuo riconducibile al lavoro irregolare presente in Italia ammonta a 68 miliardi di euro; il 35% circa di questo valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa è ascrivibile alle regioni del Sud. Anche in termini assoluti, riferiti alle persone coinvolte nell’economia sommersa vengono prevalentemente dal meridione: sono in tutto poco meno di 3 milioni, e anche in questo caso è il Mezzogiorno la ripartizione geografica del Paese che presenta la percentuale più elevata, ovvero il 37,2% del totale. Il fenomeno ha una presenza record soprattutto nel settore dei servizi alle persone, come colf e badanti, dove il tasso di irregolarità raggiunge il 42,6%. Al secondo posto, l’agricoltura con il 16,8% e al terzo le costruzioni con il 13,3%. Il lavoro irregolare non è solamente un danno economico, ma nasconde un gravissimo fenomeno sociale.

Il lavoro irregolare è luogo di mafia e violenza

“Dopo la crisi economica provocata dalla pandemia – scrivono dalla Cgia – in alcune aree del paese pezzi importanti dell’economia sono passati sotto il controllo delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che agli imponenti investimenti economici hanno affiancato l’uso della violenza, delle minacce e del sequestro dei documenti per ‘conquistare’ il favore di ampie masse di lavoratori, soprattutto stranieri. L’applicazione di queste coercizioni ha trasformato tante sacche di economia sommersa in lavoro forzato, facendo scivolare all’interno di questo girone infernale anche molti italiani che si trovavano in condizioni di vulnerabilità”. Ad essere sfruttati sono i più fragili, come le persone in condizione di estrema povertà, gli immigrati e le donne. Il comparto maggiormente investito da questa piaga sociale ed economica è sicuramente l’agricoltura.

L’agricoltura è uno dei settori più colpiti

Lo sfruttamento della manodopera in questo settore è riconducibile alla presenza simultanea di diverse criticità: l’uso massiccio della forza lavoro per brevi periodi e in luoghi isolati, che spesso portano alla creazione di insediamenti abitativi informali; le condizioni inadeguate sia dei servizi di trasporto che di alloggio; lo status giuridico precario o irregolare di diversi lavoratori migranti. Sfruttando lo status irregolare dei migranti, gli imprenditori coinvolgono i lavoratori senza garantire contratti regolari, pagando salari bassi e innescando una serie di problemi legati all’alloggio, ai trasporti e ai servizi sociali.

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