Spese produttive e spese improduttive - QdS

Spese produttive e spese improduttive

Carlo Alberto Tregua

Spese produttive e spese improduttive

venerdì 05 Maggio 2023

Sacri i soldi dei contribuenti

Chi gestisce la Cosa pubblica dovrebbe tenere presente il principio etico fondamentale, secondo il quale l’interesse generale deve sempre prevalere su quello individuale. Così agendo c’è una forma di rispetto nei confronti dei/delle cittadini/e, i/le quali/e sostengono l’insieme delle impalcature pubbliche (statale, regionali, locali), privandosi di una parte delle loro risorse finanziarie, in quanto destinate al pagamento di tributi di varia natura.

Sia i governanti che i loro dipendenti, cioè gli esecutori delle decisioni politiche, dovrebbero avere ben presente il principio di equità, secondo il quale va dato a ciascuno ciò che merita, ovvero ciò di cui ha strettamente bisogno.

Insomma, si tratta di gestire un Popolo in maniera che ciascun componente dello stesso sia trattato equamente e, per certi versi, in modo proporzionato al merito e al bisogno, quello vero. Solo in questo modo una Comunità progredisce. Le differenze sociali diminuiscono e si consente ai meno abbienti di crescere nella società, sempre in base al proprio merito.

Chi governa dovrebbe distinguere nettamente la spesa pubblica produttiva da quella improduttiva, tagliando quest’ultima con grande rigore perché non arreca benefici a nessuno (salvo che a pochi) e perché depaupera le risorse di tutti/e i/le contribuenti.

Fra le spese improduttive, solo a titolo di esempio, vogliamo indicare quelle per il personale non qualificato e assunto solo per raccomandazione. È ovvio che questo modo di allargare i cordoni della borsa, senza un corrispettivo risultato, danneggia il sistema pubblico, ma soprattutto danneggia i/le cittadini/e che, pur pagando fior di stipendi, non hanno in corrispettivo servizi di qualità.
Quante migliaia e migliaia di auto di servizio vi sono nello Stato, quanti viaggi fatti da personalità senza una corretta motivazione, quante spese inutili nei Ministeri, quanto costa una sanità disorganizzata e piena di raccomandati. L’elenco è lungo e potrebbe continuare all’infinito.
Tutto ciò accade perché nel nostro Paese, all’interno della Pubblica amministrazione, cresce e vegeta bene quella malapianta che è la cultura del favore.

Poi vi sono le spese produttive, cioè quelle in investimenti per la costruzione di infrastrutture, per la riparazione idrogeologica del territorio, per le ristrutturazioni di immobili pubblici e altro che servono a sostenere il sistema produttivo. Queste spese mettono in circolazione risorse finanziarie che si moltiplicano in quanto vi è assunzione di personale, acquisto di materiali, movimentazione attraverso i trasporti e così via. Insomma, una grossa spinta alla ruota economica, che ha bisogno di girare nel modo più veloce possibile.

Perché quanto precede accada è necessario che i gestori siano persone qualificate, altamente professionali, competenti, con curricula di tutto rispetto e soprattutto oneste.

Tutto l’impianto pubblico del nostro Paese andrebbe revisionato sulla base di queste semplici regole fondate su professionalità e onestà, mentre dovrebbe essere bandita la cultura del favore cui prima si accennava. Una persona non deve essere assunta perché è figlioccia di questo o di quello, ma perché è brava e sa fare il suo lavoro.

Sono tempi magri, ormai da molti decenni, quelli che vedono protagonisti i diversi governi; sono magri perché l’incapacità di fare scelte politiche di qualità, per mettere a frutto le risorse disponibili senza dispersioni, non è avvenuto.

Ma nessuno ha tratto esperienza da questi risultati deludenti, che vedono il Pil bloccato a crescite infinitesime, che vedono una disparità enorme fra l’Italia del Nord e quella del Sud, sotto il profilo del reddito pro capite, del Pil regionale e del Pil pro capite. Una situazione grave che i governi non hanno mai affrontato se non con palliativi.

Stiamo esaurendo quasi un quarto di questo secolo e la situazione non cambia, né potrebbe cambiare dato che la qualità delle persone che assumono responsabilità istituzionali a tutti i livelli è decrescente. Va da sé che vi sono fra esse persone eccellenti, ma una rondine non fa primavera.
è il sistema che deve cambiare inserendo i principi di merito e responsabilità, oggi del tutto assenti nella macchina pubblica.

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