Con Albertano da Brescia emerge per la prima volta, con chiarezza, una nuova visione dell’economia
Mi sono a lungo soffermato su Albertano da Brescia, sui suoi tempi, sulla contrapposizione tra l’Impero (rappresentato dal più moderno degli uomini antichi, Federico ii) e i Comuni, frutto straordinario degli uomini nuovi, dell’incipiente borghesia produttiva, di cui Albertano è cantore, perché è qui che troviamo le radici vere della doppia legittimazione del lavoro e del profitto, cioè dello spirito d’impresa che un secolo e mezzo dopo porterà Coluccio Salutati, il grande cantore della Firenze mercantile, a definire con orgoglio la sua Firenze con queste parole: «Nos popularis civitatis, soli dedita mercatura» e a far dire all’anonimo mercante del Novellino: «Messer io son d’Italia e mercante molto ricco e quella ricchezza che io ho, non l’ho di mio patrimonio, ma tutta guadagnata di mia sollecitudine».
In effetti, quasi tutti i grandi mercanti italiani erano self-made men, come Datini che emigrò ad Avignone a 15 anni in cerca di fortuna, con pochi fiorini in tasca.
Con Albertano da Brescia emerge per la prima volta, con chiarezza, una nuova visione dell’economia che si contrappone a quella dominante, e ciò ci aiuta a collocare le radici dello spirito d’impresa nello spazio storico che gli è proprio, uno spazio molto profondo, in un tempo molto lontano.
Quel luogo e quel tempo nel quale popolazioni spesso semplici ma determinate e coraggiose conquistano, nei fatti, negli ordinamenti e nel pensiero, quella componente essenziale della libertà che è la libertà di fare, di intraprendere, di essere artefici del proprio destino, di vivere quella vita activa et negociosa che nel giro di pochi secoli porterà le città del Nord dell’Italia a rappresentare, nel loro insieme, l’economia più avanzata, più potente, più imprenditoriale del mondo occidentale.
Tra Albertano da Brescia e Cotrugli vi sono più temi comuni che differenze. Tra i due e tra coloro che si collocano tra i due corre un filo rosso che ci aiuta a rispondere alla mia domanda: ma chi ha progettato, costruito, finanziato Firenze, Siena, Venezia, Genova, Pisa, se fosse vero quello che ci hanno insegnato all’università, ossia che l’economia incomincia solo nel 1700?