Risanamento dei conti pubblici, brusca frenata per Taormina - QdS

Risanamento dei conti pubblici, brusca frenata per Taormina

Massimo Mobilia

Risanamento dei conti pubblici, brusca frenata per Taormina

mercoledì 12 Ottobre 2022

Lo Schema di bilancio stabilmente riequilibrato 2021/2023 è stato bocciato dal ministero. Alla Giunta Bolognari il compito di rivedere il documento risolvendo le criticità evidenziate dal Viminale

TAORMINA (ME) – L’approvazione in Giunta comunale, lo scorso giugno, dello Schema di ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato 2021/2023, aveva spinto l’Amministrazione taorminese a definire questo passaggio come l’anno zero per le casse comunali. La recente bocciatura dello stesso Schema, da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli Enti locali (Cosfel), ha imposto invece una brusca frenata al tentativo di risanamento economico attuato da Palazzo dei Giurati.

Il Comune di Taormina, lo ricordiamo, è in dissesto finanziario da luglio del 2021, dopo che la Corte dei Conti aveva bocciato il Piano di riequilibrio finanziario, ritenendo necessario riconoscere debiti fuori bilancio per circa 27 milioni di euro fino all’anno 2020, ben al di sopra dei 18 milioni e mezzo che il Piano conteneva. La dichiarazione di dissesto aveva portato dunque in città il triumvirato di Commissari regionali, appositamente nominati per ripianare la situazione debitoria che, successivamente, dopo le dovute verifiche e l’avviso pubblico rivolto ai creditori, si era scoperto arrivare a rappresentare un passivo di circa 63 milioni di euro.

Il lavoro degli uffici finanziari, insieme con l’organo commissariale, ha così prodotto, dopo un anno, l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, che è stato approvato dalla Giunta del sindaco Mario Bolognari il 16 giugno scorso (delibera numero 148), con tanti buoni propositi. Un conto economico del valore di circa 18,3 milioni di euro, riferibili al solo anno 2021, con 18 milioni e mezzo di spese correnti e poco più di 255 mila euro in conto capitale. E un bilancio pluriennale corposo, dove si leggevano entrate per ben 95,4 milioni di euro, a fronte di spese per 74,4 milioni, sempre relative all’anno 2021, tali da generare un fondo cassa presunto di circa 21 milioni di euro e riportare così in equilibrio entrate e spese, sia per l’anno in corso, che per tutto il 2023. In questo modo Taormina avrebbe presentato uno status deficitario soltanto su due degli otto parametri-obiettivi ai sensi dell’art. 242 del Tuel, ma sufficienti per abbandonare lo status di dissesto.

Calcoli che però non hanno convinto i tecnici del Viminale che hanno rispedito al mittente lo Schema di bilancio pluriennale. Il sindaco Bolognari ha già ottenuto un incontro al ministero dell’Interno, il prossimo 17 ottobre, con il direttore centrale per la Finanza locale, Antonio Colaianni, sottolineando che ci si trova ancora in una fase istruttoria, nel corso della quale sarebbe normale richiedere alcune integrazioni e/o modifiche da apportare, secondo le osservazioni avanzate dalla commissione.

A quel punto si capirà nello specifico quale parte di bilancio sarebbe da modificare, ben sapendo che bisognava correggere in tempo l’incidenza degli incassi propri sulla parte corrente, portandoli oltre il 22%, ma soprattutto si dovrà dare risposta al suo problema cronico, riuscire ad aumentare l’effettiva capacità di riscossione, che ancora oggi è ferma al di sotto del 47%.

Il primo problema delle case taorminese sono infatti i residui attivi, accumulati fino al 2020 per 41 milioni e 875 mila euro. E i residui attivi sono tasse non riscosse, ovvero uno dei mali incurabili che attanagliano il Comune di Taormina, e che qualora venissero recuperati basterebbero da soli a finanziare il debito comunale, senza dimenticare altri 7 milioni di euro classificati come recupero dall’evasione dei tributi locali, per ciascun anno dal 2021 al 2025. In attesa del summit al Viminale, Taormina dovrà così riuscire ad aumentare l’effettiva capacità di riscossione, ancora oggi al di sotto del 47%, e cercare di correggere l’incidenza degli incassi propri sulla parte corrente, portandoli oltre il 22%.

Massimo Mobilia
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