Terrorismo, espulso tunisino nipote del capo cellula dell'Isis - QdS

Terrorismo, espulso tunisino nipote del capo cellula dell’Isis

redazione web

Terrorismo, espulso tunisino nipote del capo cellula dell’Isis

giovedì 05 Novembre 2020

E' stato rimpatriato. In Italia intanto si indaga sugli "amici" del terrorista di Nizza, che era giunto a Lampedusa e passato da Bari. Decreto di espulsione anche per il connazionale che lo aveva ospitato a Palermo, pronto al rimpatrio

Un “soggetto pericoloso”, nipote del sospetto capo di una cellula dell’Isis, sbarcato a Lampedusa, ma ora espulso dall’Italia e rimpatriato.

A pochi giorni dall’attentato a Nizza e Vienna avvenuti nell’ultima settimana, il lavoro dell’intelligence italiana prosegue per stanare eventuali infiltrazioni terroristiche tra i migranti in arrivo nel nostro Paese sui barconi della disperazione.

L’ultima operazione dell’antiterrorismo riguarda l’identificazione di un tunisino sbarcato a Lampedusa lo scorso 18 ottobre.

L’uomo, che è stato subito espulso dall’Italia e rimpatriato con un volo diretto da Palermo a Tunisi, era sbarcato con altre 16 persone: dagli accertamenti della Digos è risultato essere già stato respinto nel 2017 e destinatario di un provvedimento di inammissibilità nell’area Schengen inserito dalla Francia.

Il tunisino è il nipote di un soggetto arrestato in Francia nel 2016 e sospettato di essere a capo di una cellula terroristica dell’Isis che stava progettando un attentato.

Entrambi, secondo quanto emerso dagli accertamenti degli 007, avrebbero soggiornato in Italia dal 2008 al 2015.

Di pari passo, proseguono gli accertamenti per verificare tutti gli spostamenti di Brahim Aoussaoui, di 21 anni, autore dell’attentato di Nizza e anche lui arrivato – ma a settembre – con un barcone a Lampedusa.

Gli investigatori stanno tentando di individuare eventuali altri soggetti che potrebbero aver fornito supporto logisitico al terrorista prima che andasse in Francia. Una parte del puzzle del viaggio dell’attentatore è già stata ricostruita: sarebbe partito dalla Tunisia tra il 18 e il 19 settembre insieme al connazionale Amor Ben Ahmed (arrestato a seguito dell’attentato), facente parte del gruppo di stranieri sbarcato sull’isola siciliana il 20 settembre e “anch’egli destinatario di un provvedimento di respingimento con ordine di abbandonare il territorio nazionale entro 7 giorni”, ha precisato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, al question time alla Camera.

In Italia, dalle prime indagini è emerso che Brahim, dopo aver lasciato Bari (qui aveva ricevuto un provvedimento di espulsione) si era recato a Palermo presso un connazionale che lo ha ospitato.

Quest’ultimo, a seguito di notifica del decreto di espulsione, è al Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca di Isonzo.

Al di là delle indagini, si stringe anche la morsa dei controlli: il Viminale ha rafforzato le misure di sicurezza riguardo agli “obiettivi consolari, religiosi, commerciali, turistici e ricreativi”.

I controlli relativi agli ambienti più radicali hanno consentito verifiche su 193mila persone, 268 delle quali sono state arrestate “anche per fanatismo religioso”, ha spiegato Lamorgese ripercorrendo in generale il lavoro dell’intelligence.

Quanto alle procedure di controllo sui migranti che sbarcano sulle coste italiane, il ministro ha ribadito che ognuno di loro “viene sottoposto a procedure di identificazione e fotosegnalamento” per poi essere inserito in tutte le banche dati nazionali ed europee per poter verificare se ci sono provvedimenti a loro carico.

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