Ue, non speso oltre 50% fondi del periodo 2007-2013 - QdS

Ue, non speso oltre 50% fondi del periodo 2007-2013

redazione

Ue, non speso oltre 50% fondi del periodo 2007-2013

mercoledì 13 Agosto 2014

Il Mezzogiorno ha un tasso di realizzazione del 45,37%. L’Eurispes lancia l’allarme: “Trascorso il 1° dicembre 2015 scatterà il disimpegno automatico delle somme impegnate e non impiegate dai Paesi”. Le altre regioni, nel complesso, registrano il 59,08% di attuazione del programma. Media europea al 60,81%

PALERMO – Più della metà dei fondi europei messi a disposizione dell’Italia per il periodo 2007-2013 rischiano di non essere impiegati. Trascorsa la data limite del 31 dicembre 2015 entro la quale è possibile spendere questi soldi, scatterà infatti il disimpegno automatico dei fondi impegnati dall’Ue.
 
È l’allarme lanciato dall’Eurispes in uno studio aggiornato con i dati di aprile 2014. La possibilità di dovere rinunciare a una buona parte delle risorse impegnate da Bruxelles e non spese, vuoi per inefficienze burocratiche, vuoi per la mancata presentazione di progetti ritenuti appropriati, secondo Eurispes “è ormai quasi una certezza”. Questa inefficienza di spese può rivelarsi “tutt’altro che indolore, per quanto riguarda l’Italia” perché una volta trascorso il 31 dicembre 2015, l’Unione non sarà più vincolata a erogare i fondi che aveva impegnato per il periodo di bilancio 2007-2013.
 
Ad oggi, segnala l’istituto di ricerca, “è stato speso meno della metà, delle risorse disponibili”. Dei 27,92 miliardi di euro stanziati dalla Ue nel settennato 2007-2013, la spesa certificata operata dall’Italia e dai suoi Enti locali ammonta a 13,53 miliardi di euro, il che significa che ben 14,39 miliardi di euro, devono essere spesi entro la data limite.
L’Italia rappresenta uno dei maggiori contribuenti al bilancio dell’Ue, ricorda Eurispes, ma anche uno dei suoi principali beneficiari, per lo meno in termini assoluti, soprattutto per quanto riguarda le regioni del Sud della penisola. Eppure, il nostro Paese fatica a spendere le risorse messe a disposizione. Analizzando le statistiche sul tasso di realizzazione del Programma di spesa dei fondi strutturali nel periodo 2007-2013 (dati aggiornati all’aprile 2014) si delinea “un quadro a tinte fosche per l’Italia, che si distingue per la sua, tutt’altro che lusinghiera, incapacità nello spendere i fondi comunitari”. Emerge, infatti, un “ritardo cronico” nei confronti degli altri paesi membri, che vantano tassi di esecuzione decisamente più elevati del nostro. Ad esempio, il tasso di attuazione dei programmi operativi finanziati dal Fesr si attesta poco al di sopra del 45%, un valore ben al di sotto della media Ue (60,81%), e del Paese che ha registrato la performance più lusinghiera, la Lituania (80,1%).
 
Soltanto due paesi sono riusciti a fare peggio di noi: la Croazia, con il 22%, semplicemente perché, essendo stata ammessa nell’Ue soltanto nel 2013, non ha avuto il tempo materiale di spendere tali risorse, e la Romania, fanalino di coda con il 37%. Di conseguenza, “per via di carenze di tipo organizzativo (mancata esecuzione dei progetti), inefficienze burocratiche, incapacità di presentare progetti valutati come appropriati, l’Italia vedrà evaporare cospicui stanziamenti finanziari che le spettavano di diritto e che sarebbero vitali in questo periodo di contrazione dell’attività economica”.
 
Basti pensare, segnala Eurispes, che l’ammontare a cui l’Italia si vedrebbe costretta a rinunciare equivale a oltre l’1% del Pil registrato dal Paese nel 2013 (1.362,5 miliardi di euro). La maggior parte dei soldi non spesi, e quindi a rischio disimpegno, dovrebbero finanziare l’obiettivo Convergenza, ovvero le regioni economicamente disagiate (Calabria; Campania; Puglia; Sicilia, mentre la Basilicata usufruisce del regime transitorio decrescente).
 
E allo stato attuale sono proprio le regioni del Mezzogiorno a mostrare una più modesta capacità di spesa, con un tasso di realizzazione estremamente ridotto (45,37%), mentre le altre regioni nel complesso registrano un tasso di attuazione del programma del 59,08%.
 
Di conseguenza, “le regioni del Sud Italia, per via della loro scarsa capacità di spesa, si vedrebbero costrette a rinunciare a risorse pecuniarie che sarebbero vitali per dare impulso al loro sviluppo economico”, peraltro con l’effetto di esacerbare le disparità economiche tra un Nord sviluppato e un Sud strutturalmente in affanno, anziché produrre quell’allineamento che rappresenta la ragion d’essere della politica regionale di coesione.

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