Francesco Giambrone: "Abbattere le barriere tra Teatro e Comunità" - QdS

Francesco Giambrone: “Abbattere le barriere tra Teatro e Comunità”

Gaia Perniciaro

Francesco Giambrone: “Abbattere le barriere tra Teatro e Comunità”

mercoledì 29 Luglio 2015

Forum con Francesco Giambrone, Sovrintendente Fondazione Teatro Massimo 

Quali sono i pilastri fondamentali sui quali il Teatro in genere si fonda?
“Il Teatro possiede due grandi forze sulle quali si fonda e costruisce le sue capacità di uscire fuori dalle difficoltà: la prima è rappresentata dal valore simbolico del teatro, che non è solo una istituzione che fa musica, ma anche un monumento che identifica una comunità. La seconda è la gente che ci lavora dentro. Quest’ultima forza nel nostro caso vanta uno spiccato orgoglio di appartenenza, è una risorsa che non si inventa e che non va mortificata, ma che ho voluto valorizzare”.

E’ su questi punti che deve basarsi il piano di risanamento 2014-2016 del Teatro Massimo? Come procede?
“Questi due e l’abbattimento delle barriere che separano il Teatro alla Comunità a cui esso appartiene. Abbiamo cominciato a ricostruire da dove si erano perse alcune cose e adesso ci siamo riposizionati”.

Cosa intende per abbattimento delle barriere?
“Sono convinto che il sostegno pubblico ai teatri non è giustificato se essi non raggiungono tutta la comunità, ma parlano solo a piccoli gruppi di persone. Il Teatro è di tutti, e deve parlare a tanti, mai a una élite. Nel tempo la lirica ha innalzato molte barriere, sia fisiche che ideologiche. Abbassare le barriere tra Teatro e comunità significa aprirlo, il che vuol dire mettere in atto operazioni simboliche apparentemente piccole, ma forti. Coerentemente con tale indirizzo, la prima cosa che ho fatto quando sono arrivato alla gestione del Teatro Massimo è stato intanto aprire i cancelli, il che, nella percezione della comunità, ha dato ottimi risultati, soprattutto se in più ottimizzi l’isola pedonale che lo circonda e aggiungi servizi come il caffè. In un anno le visite guidate sono aumentate del 70%”.
 

Qual è, a suo parere, l’indicatore fondamentale di una istituzione culturale che svolge bene il suo servizio alla Comunità?
“Certamente il bilancio in regola è solo un prerequisito, ma non è fondamentale nell’economia culturale perché non indica il suo stato di salute reale. Fermo restando che un teatro ha senso se offre un servizio culturale, e un servizio culturale ha senso se la gente lo percepisce come tale, ovvero utile, diviene fondamentale la percentuale di occupazione di posti in sala: in media, quando sono arrivato, era meno del 60%, adesso abbiamo raggiunto il 73%”.

Perché la gente non va a Teatro?
“In 10 anni il Teatro Massimo è passato dal vanto di 8000 abbonati a 3800. Molti lamentano che il prezzo dei biglietti vada abbassato, ma non basta. Tra le altre barriere rilevo, ad esempio, l’idea comune che occorra un particolare abbigliamento. Ma io sostengo che ciò non sia rilevante, lo è, invece, avere un atteggiamento rispettoso del luogo. Fondamentale nella scelta del cartellone deve essere la regia. Il teatro è nato popolare, ma con il tempo ha smesso di esserlo perchè non ha raccontato più storie. Quelle che emozionano il pubblico, che sono sempre attuali e mai lontane da noi. Un grande regista non è, infatti, colui che stravolge l’opera, ma colui che racconta con il linguaggio di oggi quella storia”.

Oltre alla scelta accurata del nuovo cartellone, quali operazioni intendete fare per arrivare a un pubblico più vasto?
“Nel corso della stagione, nelle domeniche mattina, inviteremo grandi personalità a Palermo per raccontare le storie dell’opera in maniera seminariale al costo di biglietto simbolico per gli spettatori”.
 


 
Difficoltà a coinvolgere il mondo imprenditoriale. A settembre lanceremo una nuova campagna
Quante unità di personale ha il Teatro Massimo? Ritiene siano abbastanza?
“Le unità impiegate sono 306 a tempo indeterminato e 50 a tempo determinato. È un equilibrio virtuoso costituito da un piccolo nucleo di impiegati amministrativi necessari e, per il 90% da artisti di coro, orchestra, corpo di ballo, laboratorio e tecnici di palcoscenico, quelli che lo spettacolo lo fanno. Ritengo siano tutti indispensabili perché il Teatro Massimo mantenga il suo status di grande azienda culturale”.
A quanto ammonta il vostro bilancio?
“Abbiamo un bilancio di 29 milioni di euro di cui 14 provengono dallo Stato, 8 dalla Regione e circa 2 dal Comune, il resto è autofinanziamento. Dal botteghino arrivano poco più di 2 milioni. La riduzione del sostegno pubblico ha portato il teatro a un importante contenimento dei costi e a un rigoroso controllo di gestione”.

La cosiddetta legge dell’ “art bonus” ha dato respiro alle finanze del Teatro Massimo?
“Il teatro siciliano coinvolge ancora con grande difficoltà il mondo imprenditoriale, attualmente rispondono bene i privati della frangia istituzionale e, quasi come un azionariato diffuso, i singoli cittadini. A settembre lanceremo una nuova campagna e speriamo di ottenere più consenso soprattutto grazie alle azioni internazionali che il teatro fa".

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