Senza ricorso, la nullità è sanata dagli atti amministrativi successivi - QdS

Senza ricorso, la nullità è sanata dagli atti amministrativi successivi

Salvatore Forastieri

Senza ricorso, la nullità è sanata dagli atti amministrativi successivi

giovedì 15 Ottobre 2015

Cassazione, sent. 18448/15: vizio di nullità va eccepito dal contribuente dinanzi alla Commissione Tributaria. La controversia in esame aveva ad oggetto un avviso di accertamento fiscale

PALERMO – Come è noto, il nostro ordinamento giuridico, sostanzialmente ispirato al “Civil law”, basato principalmente sulla legge e sullo spirito del legislatore ed applicato nella maggior parte dei Paesi del mondo, sembra tendere sempre di più ad assomigliare al “Common law”, tipico dei sistemi giuridici anglosassoni.
In pratica, proprio come avviene nei Paesi anglosassoni, anche in Italia si sta formando un sistema sempre in evoluzione, costruito sui precedenti giurisprudenziali più che su codici o, in generale, su leggi e su altri atti normativi provenienti dagli organi politici.
Il motivo principale sta nel fatto che il nostro ordinamento giuridico, a causa dell’appartenenza all’Unione Europea, risulta fortemente condizionato dalle disposizioni comunitarie e dalla sentenze della Corte di Giustizia.
C’è, però,  un altro motivo che fa diventare sempre più le sentenze integrazioni della legge, talvolta fino a giungere ad un completo stravolgimento di quella che poteva essere l’effettiva volontà originaria del legislatore.
Accade, infatti, che, a causa della frequente cattiva formulazione della norma, l’interpretazione viene stiracchiata dalle parti interessate che si contrappongono, ragion per cui il volere del legislatore, alla fine, è solo quello che  ritiene di dovere affermare il Giudice.
Un esempio lo troviamo nella recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 18448 depositata il 18 settembre scorso, con la quale i Giudici di legittimità hanno risolto, in modo favorevole al fisco, una questione che precedentemente aveva visto le Commissioni tributarie di primo e di secondo grado decidere in maniera completamente diversa.
La controversia riguardava un avviso di accertamento affetto da alcuni vizi di nullità riguardanti la sottoscrizione e la motivazione, avviso il quale, però, non era stato impugnato in Commissione Tributaria.
Il primo ricorso del contribuente è stato presentato in Commissione Tributaria solo dopo la notifica della cartella di pagamento con la quale l’Agente della riscossione tentava di recuperare il tributo, gli interessi e le sanzioni iscritti a ruolo e che traevano origine dall’avviso dell’Ufficio fiscale.
La Commissione Tributaria Provinciale ha rigettato il ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale, presso la quale il contribuente ha proposto appello, ha invece ritenuto che la nullità dell’accertamento aveva reso nulli anche gli atti successivi, sterilizzando pertanto qualunque azione di recupero dell’Amministrazione Finanziaria.
Secondo i Giudici della Cassazione, però, la sentenza di secondo grado non poteva essere confermata. Hanno ritenuto, infatti, che la sanzione di nullità prevista dall’articolo 42 del D.P.R. 600/1973, tra cui quella che riguarda i vizi di sottoscrizione e di motivazione, non è rilevabile d’ufficio ma, anche in deroga alle disposizioni di carattere generale del diritto amministrativo, deve essere eccepita dal contribuente attraverso la presentazione del ricorso in Commissione Tributaria.
In mancanza del ricorso, pertanto, l’atto amministrativo fiscale si consolida e la nullità, anche se effettiva, viene superata dagli atti successivi, compresi quelli riguardanti la riscossione coattiva, prima fra tutti la cartella di pagamento.
Sulla questione, per la verità, non c’è mai stata sufficiente chiarezza. Evidentemente l’Amministrazione Finanziaria ha sempre portato avanti la tesi a lei più favorevole, oggi confermata dalla Cassazione.
 
Dubbi, comunque, continuano a sussistere. C’è da dire, peraltro, che il principio ora enunciato dalla Cassazione  è stato diverse volte già  applicato anche in altre circostanze.

Come nel caso in cui l’avviso di accertamento dell’Ufficio non venga regolarmente notificato al contribuente il quale, conseguentemente, viene a sapere della pretesa erariale solo dopo avere ricevuto la cartella di pagamento.
 

 
Impugnazione tempestiva dopo la notifica
 
Applicando il principio della Cassazione, l’evidente nullità dell’avviso “prodromico” (l’accertamento che ha dato luogo alla cartella)  potrebbe essere considerata sanata se il contribuente, entro il termine previsto per il ricorso, non provvede a contestare la cartella di pagamento, attivandosi, magari, soltanto dopo l’ulteriore atto coattivo dell’Agente della Riscossione.
In mancanza dell’impugnazione della cartella, quindi, secondo l’Amministrazione Finanziaria anche la mancata notifica dell’avviso di accertamento diventa irrilevante con una reviviscenza, per la verità alquanto dubbia, di un atto amministrativo mai portato a legale conoscenza dell’interessato.
Nel dubbio, quindi, è consigliabile che il contribuente che riceve la notifica di un avviso fiscale ritenuto affetto da nullità, proponga regolare e tempestivo ricorso in Commissione Tributaria.
Allo stesso modo, il contribuente che riceve una cartella di pagamento che ritiene non sia stata preceduta dall’atto amministrativo prodromico dell’ufficio fiscale, provveda a proporre regolare e tempestivo ricorso contro la cartella, così si ricava, peraltro, dall’articolo 19 del D.legislativo 546/92 sul contenzioso tributario.

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