“Il fatto non sussiste” errore della Procura - QdS

“Il fatto non sussiste” errore della Procura

Carlo Alberto Tregua

“Il fatto non sussiste” errore della Procura

giovedì 16 Maggio 2024

Indennizzo ingiusto processo

Vi sono stati/e cittadini/e, soprattutto noti/e, che sono finiti/e sotto inchiesta delle Procure prima come indagati/e e successivamente come imputati/e. Dopo di che, il Giudice per le indagini preliminari li/le ha mandati/e a processo di primo grado. Questo ha avuto una sentenza di condanna o di assoluzione, per cui si è passati al secondo grado in quanto una delle parti ha fatto ricorso.
In secondo grado molto spesso vi è stata l’assoluzione degli/delle imputati/e. Però, nelle more, sono trascorsi otto o dieci anni, per cui le attività degli/delle stessi/e spesso sono andate in fallimento.
Ora, quando l’assoluzione avviene con la motivazione “il fatto non costituisce reato”, significa che un giudice lo ha interpretato in senso innocentista e l’altro giudice in senso colpevolista o viceversa. Quando invece l’assoluzione avviene perché “il fatto non sussiste”, significa che l’accusa ha sbagliato ad aprire il procedimento in quanto il reato era inesistente.

Che deve dire un/a imputato/a che è stato/a un decennio accusato/a, portato/a sui giornali, magari con titoloni, o nei siti, in radio e televisioni? E soprattutto, cosa deve fare, visto che fino a qualche tempo fa non aveva alcuna possibilità a meno che non fosse stato/a incarcerato/a (esisteva il giusto indennizzo per l’ingiusta carcerazione)?

Nel frattempo è intervenuta un’importante sentenza della Corte Costituzionale, la numero 205 del 15 settembre 2022, la quale ha stabilito che il risarcimento sia dovuto in qualunque caso, a prescindere dall’ingiusta detenzione. Cosicché, oggi il/la cittadino/a che ha subito un ingiusto processo può attivare una causa civile nei confronti dello Stato per essere risarcito/a dei danni materiali e morali, di quelli alla propria reputazione e al proprio onore, in modo adeguato da un punto di vista economico.
Ora, non è che un risarcimento materiale in denaro possa cancellare l’onta subita, magari in un decennio, tuttavia, almeno dal punto di vista simbolico, può significare che uno Stato giusto riconosca l’errore dei propri funzionari e provveda a ripararlo in un modo possibile: quello materiale.

Ma da un punto di vista morale non vi è risarcimento che tenga, anche perché giornalisti/e che non rispettano il Codice deontologico del 2021 in ogni circostanza e in ogni momento ribadiscono che il tizio o il caio è stato condannato a processo, è stato condannato in primo grado e poi assolto in secondo grado. Ma intanto hanno riportato all’opinione pubblica il fatto che il tizio è stato accusato di un reato che non aveva commesso e, chissà, forse, è stato assolto per qualche ragione estranea al processo.

Per fortuna la legge Cartabia ha rafforzato il diritto all’oblio, per cui, facendo opportuna istanza a chi di dovere, si può chiedere la deindicizzazione, cioé la cancellazione da tutti i siti del processo, intervenendo il divieto di farne cenno in qualunque caso.
Molti imprenditori sono falliti per accuse ingiuste e quando sono stati assolti non hanno più potuto recuperare la propria impresa, per cui non vi può essere risarcimento che basti di fronte a un fallimento.

In questo quadro, dobbiamo ricordare che l’accusatore, cioè il pubblico ministero, è un magistrato e cioè non può essere di parte; infatti, l’articolo 358 del Codice di Procedura Penale recita: “Il pubblico ministero […] svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”.
Non sempre però questo accade. Per esempio, il pubblico ministero Fabio De Pasquale è stato sottoposto a giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura, il quale ha sostenuto che egli non è stato “né obbiettivo né equo” e che “non ha senso della misura”.
Nel Forum che ho svolto durante l’incontro col presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, pubblicato il 26 marzo 2022, lo stesso – che è pubblico ministero – ha confermato il dovere di chi ricopre questo incarico di accertare sempre fatti e circostanze a favore delle persone indagate.
Per obiettività vogliamo riconoscere che la grande maggioranza dei pubblici ministeri è equilibrata e agisce con buonsenso.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017