Sicilia sconfitta dal demerito - QdS

Sicilia sconfitta dal demerito

Carlo Alberto Tregua

Sicilia sconfitta dal demerito

martedì 21 Aprile 2009

Nessun precario pubblico ha accolto la nostra sfida di scriverci che non si trovi in quel posto per proprio merito, bensì perché è stato raccomandato da un uomo politico, da un padrino o da altro straccio di potente, amico di famiglia. Il “sistema-Italia”, ma più precisamente il sistema meridionale, crea una mancanza di fiducia nella possibilità individuale, per cui ogni persona possa trovare la propria collocazione in base al proprio merito.
Se la Sicilia è così arretrata rispetto alle regioni del Nord, è perché è inserita nel circuito vizioso del demerito, cioè la mancanza di fiducia, ma anche la mancanza delle pari opportunità, non solo fra uomini e donne (anche), ma fra tutti i cittadini di qualunque ceto, colore, altezza e peso. Solo nelle società meritocratiche i migliori vanno avanti, in base alle loro capacità e ai loro sforzi, indipendentemente dalla loro origine, per cui qui da noi vi è una deresponsabilizzazione generalizzata e la forza di cordate e di cricche costituite in feudi, che sfruttano il lavoro ma, soprattutto, piazzano i peggiori nei posti di vertice.

Dal circuito vizioso del demerito è possibile uscire solo se la leadership riassuma i valori morali e li diffonda, sostituendo gli incompetenti e gli incapaci (ma presuntuosi) con soggetti di qualunque età, purché di qualità. Solo la predominanza della qualità, cioè la cultura del servizio rispetto alla cultura dello scambio, potrà far ribaltare la condizione di subalternità in cui si trova la Sicilia.
Non è una questione di partiti, perché trasversalmente nel seno di ognuno di essi vi sono persone perbene, intelligenti e capaci e, d’altro canto, malfattori e delinquenti che mirano esclusivamente al soddisfacimento del proprio egoismo. Bisogna tornare al sistema dei valori, che punti all’eccellenza, in modo che i cittadini scelgano i migliori e non i leccaculo. Siamo stufi di yes man che obbediscono al padrone di turno e non alla propria testa, cioè alla propria cultura e intelligenza.

Chiediamo a tutti i siciliani se sono soddisfatti dello status quo e se la risposta, come rileviamo dalle email e dalle inchieste, è negativa, questa loro insoddisfazione è la molla necessaria per il cambiamento. Nelle società meritocratiche, come quella statunitense, vi è la regola up or out (cresci o esci). Cresci, cioè, con le tue capacità, con le tue forze. L’ultimo esempio è lampante: un giovane nato nelle Filippine, da famiglia povera, è diventato il Presidente degli Stati Uniti. Sarà pure “abbronzato”, come dice Berlusconi, ma sta dimostrando un grande decisionismo connesso ad aperture impensabili sul piano delle relazioni internazionali e sociali.
Secondo Platone (427 a.C. – 347 a.C), occorreva che governassero i migliori, cioè gli aristocratici. Aristocrazia. Ma il termine originale ha invertito il suo significato per diventare un segno di corruzione e, cioè, l’oligarchia degli ereditieri. Ma il significato attribuito da Platone all’aristocrazia oggi è stato commutato in quello di meritocrazia, come afferma Michael Young (1915-2002).

Nella nostra Isola, il ceto politico vuole mantenere i privilegi economici e sociali, non rinunzia a niente, neanche simbolicamente. Il ceto burocratico non sa neanche che cosa sia la meritocrazia. Lavora, si fa per dire, più per inerzia che per obiettivi. Nessuno risponde di ciò che fa, bene o male, o di ciò che non fa, tutti prendono lo stesso stipendio, che lavorino o non lavorino.
Non è che sindacato e organizzazioni imprenditoriali vadano meglio. Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, una potente corporazione, lavora per affossare la class action, in modo da tutelare alcuni propri associati che hanno danneggiato centinaia di migliaia di consumatori. Il sindacato siciliano governa molta parte delle risorse della formazione, traendone indebiti profitti, in quanto utilizza soldi pubblici per il proprio apparato e non per formare i partecipanti al mercato. Gli ordini, composti da tanti eccellenti professionisti, tutelano però più i propri associati che non i cittadini, tradendo in tal modo il principio costituzionale.
La Sicilia non ne può più di sconfitte. Con la diminuzione delle risorse disponibili è ora di dire basta, basta, basta!

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