Commissario dello Stato boccia il cuffarismo - QdS

Commissario dello Stato boccia il cuffarismo

Carlo Alberto Tregua

Commissario dello Stato boccia il cuffarismo

mercoledì 13 Maggio 2009

Tagliare 78 mln a 253 clientes

Non comprendiamo la posizione del presidente dell’Assemblea regionale, Francesco Cascio, quando afferma che il Commissario dello Stato, previsto dall’articolo 28 dello Statuto, quindi organo perfettamente legittimato dalla Costituzione, impugna davanti alla Consulta la parte della Finanziaria regionale, approvata con ben quattro mesi di ritardo (un insulto per la buona amministrazione), nella parte della quale vengono dispensati 150 miliardi di lire  a soggetti non sempre qualificati.
Cascio è persona intelligente e vorrà spiegare all’opinione pubblica siciliana se la sua dichiarazione riguarda il metodo o il merito. Se riguardasse il metodo, cioè il fatto che il Commissario dello Stato non possa intervenire nelle scelte politiche dell’organo legislativo siciliano, avrebbe ragione e con lui concorderemmo. Se riguardasse, invece, il merito, cioè il fatto che l’elargizione di 78 milioni di euro a 253 clientes non abbia copertura finanziaria, in quanto il bilancio ha bisogno di un mutuo per il pareggio, avrebbe torto.

Al di là dell’opinione del presidente dell’Ars, qui ci interessa l’oggetto dell’impugnativa e cioè se, con la carenza di risorse finanziarie, con l’eccesso di spesa corrente rispetto a quella per investimenti, il legislatore possa continuare a dispensare risorse a destra e a manca, per la massima parte inutili.
Vi sono contributi necessari per svolgere attività sociali di preminente interesse pubblico. Tuttavia, a leggere l’allegato H mascherato (una furbata) , ci si può rendere conto di come si tratti di un’elargizione a chi poi dovrà dare contropartite in termini di consenso.
Questo era il modo deteriore del democristianismo (la parte peggiore della Democrazia Cristiana) ereditato ed applicato scientificamente dall’ex presidente della Regione, dal che la denominazione è diventata cuffarismo. Infatti l’Udc, a seguito dell’approvazione di questa parte della Finanziaria, ha emesso un comunicato gioioso, sfregandosi le mani per avere portato a casa risorse per i propri affezionati elettori.

Nessuno si aspettava l’iniziativa dell’ottimo prefetto Alberto Di Pace, proprio su questo punto, il che dimostra come la sfrontatezza non abbia limiti.
Ma anche l’incoscienza non ha limiti. Com’è possibile che di fronte ad un’enorme carenza di infrastrutture, di innovazione, di organizzazione nella Pubblica amministrazione, di assenza di competenze nel mercato del lavoro, vi sia un ceto politico cattivo che pensa di dispensare così ingenti risorse senza alcuna contropartita, né produttività sul piano economico e sociale? C’è da restare allibiti. Poi, non dobbiamo lamentarci quando nel maggiore quotidiano nazionale la Sicilia è additata come caso scandaloso di sprechi e distorsioni di spesa.
Si potrebbe obiettare che l’Isola si trovi in buona compagnia, tanto che, per esempio, nella sanità le regioni canaglia sono sei: oltre alla Sicilia, il Lazio, l’Abruzzo, il Molise, la Calabria e la Campania. Tutte del Centro-Sud.
Da cui si rileva il comune denominatore dell’inefficienza della spesa pubblica: è il cattivo ceto politico che continua ad operare con la cultura del favore piuttosto che con la cultura del servizio.

Il Governo Lombardo, per la sanità, doveva tagliare 5 mila posti letto, ma il suo ex alleato Udc, appoggiato da una parte del Pdl, ha fatto il diavolo a quattro per ridurre il taglio alla metà. Il numero dei posti letto negli ospedali, la spesa dei farmaci e, in genere, la spesa per la sanità non è il frutto di opinioni, bensì di indici di efficienza che dovrebbero essere uguali per tutti. Non si capisce perché la spesa pro capite delle regioni canaglia debba essere superiore a quella delle regioni virtuose.
I siciliani non hanno l’anello al naso, lo ribadiamo ancora e lo faremo con più forza. Perciò devono dimostrare di essere più bravi dei cittadini del Nord per superare il gap, gareggiare ad armi pari e, in qualche caso, stare avanti alle altre regioni per innovazioni e qualità.
Comprendiamo che questa svolta a 180° sia difficile per il ceto politico, per quello burocratico e per tutta la classe dirigente siciliana, ma non ci possiamo più permettere di restare uno dei vagoni di coda del convoglio italico.
Un esempio per tutti: il pernicioso ritardo nello spendere le risorse comunitarie del piano 2007-2013, del quale dopo due anni e mezzo non è stato ancora impiegato un euro. Un comportamento inqualificabile.

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