Insegnare ai giovani con esempi, non a parole - QdS

Insegnare ai giovani con esempi, non a parole

Carlo Alberto Tregua

Insegnare ai giovani con esempi, non a parole

mercoledì 20 Maggio 2009

Sentiamo gente agitata, che alza il tono della voce, credendo in tal modo di farsi ragione. È vero il contrario. Chi ha ragione non ha bisogno di alzare il tono della propria voce o non ha bisogno di urlare. Chi espone argomenti convincenti, razionali e fondati vince. Chi ascolta, valutando ciò che gli viene detto e riflettendo sui contro-argomenti, vince ancora di più.
Non importa pretendere ragione dagli altri. è molto più importante che gli altri ce la diano quando lo ritengano opportuno. È inutile mestare l’acqua nel mortaio. In un dialogo, è più facile esporre con semplicità le proprie argomentazioni per tentare di averne il consenso. Quelli che arzigogolano, che si esprimono con frasi oscure, non hanno chiarezza di idee o, peggio, cercano di pescare nel torbido.

Se noi adulti o avanti nell’età non adottiamo dei comportamenti ispirati ai valori morali, come possiamo pretendere che i giovani conducano la propria esistenza riferendosi a essi? Cerchiamo di mettere a posto la nostra coscienza, spiegando ai giovani che la vita è dura, che bisogna fare sacrifici, che bisogna impegnarsi. Ma poi, spesso, non rispettiamo quello che diciamo agli altri ed entriamo in una contraddizione che ci mette in condizione di non essere creduti.
Nella vita, è necessario avere coerenza, costanza e continuità nei propri comportamenti e nel tempo. Quando si va avanti ondeggiando, passando da un estremo all’altro, non si può essere creduti.
Intendiamoci: il cambiar parere è dei saggi. Però le conversioni non possono essere frequenti, ma debbono verificarsi a ragion veduta e in modo motivato. Le conversioni continue e senza lo specifico supporto di ragioni, fanno comprendere agli altri che siamo incapaci di tenere la barra al centro. E quindi non possiamo essere ritenuti persone con la P maiuscola, ma semplicemente esseri viventi che non utilizzano quella meravigliosa macchina che è il nostro cervello.

Sopra il cervello c’è lo spirito. Almeno è così, secondo noi. Lo spirito è energia, che funziona in sintonia con tutta l’energia che c’è al mondo. Non c’è consapevolezza di questa connessione. Esiste e basta. è la ragione per la quale crediamo che, quando il fato lo stabilisca, lo spirito abbandoni il corpo e ritorni insieme a quell’energia che aveva creato la materia. Comprendiamo che non tutti sono d’accordo con questa visione del rapporto fra la vita e la morte, ma ognuno è libero di pensarla come crede, senza per questo invadere il campo altrui.
Anche di questo dovremmo parlare ai giovani: di un argomento che per molti è tabu, cioè cosa succede quando si abbandona lo stato materiale. È vero che nessuno lo sa, ma è anche vero che ciascuno di noi può formarsi un’opinione leggendo e rileggendo molte delle cose che altri più capaci di noi hanno pensato e scritto.

Sappiamo di percorrere un campo minato, perché le religioni credono di possedere la verità assoluta e gli uomini che servono le religioni sono spesso ancora più conservatori sui principi scritti nei testi sacri, senza alcuna capacità o voglia critica, cioè senza ricorrere alla valutazione che ogni verità rivelata ha bisogno di confermare o meno che si tratti di verità o di fantasia.
È difficile decidere cosa insegnare ai giovani col proprio comportamento. È altrettanto difficile creare un modello che essi possano imitare. È difficile, in quanto vivere al meglio comporta un impegno fuori dall’ordinario, non solo per pensare, ma anche per decidere e operare. Sono i nostri atti, i nostri gesti, i nostri comportamenti soggetti ad esami continui. Ognuno di noi non può fermarsi nel tentare di capire, nel tentare di apprendere. Per far ciò deve ragionare senza sosta e non dare ascolto alla fatica che ci salta addosso quando pensiamo a lungo.
I giovani hanno tanti modelli negativi: nei pub, nelle televisioni e nei loro assembramenti. Contrastarli non è opportuno, ma indicare fermamente la strada dei valori è indispensabile: l’etica, la cultura, il modo di essere basato sul fare, costano fatica. Ma vivere costa fatica. E allora, o viviamo o vi rinunziamo.

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