Se i giornali non fanno inchieste... - QdS

Se i giornali non fanno inchieste…

Carlo Alberto Tregua

Se i giornali non fanno inchieste…

mercoledì 27 Maggio 2009

Se i giornali non fanno inchieste, che fanno? Il calo delle vendite di quotidiani viene motivato con l’incedere di Internet. Forse è vero, ma è anche vero che col passare del tempo i contenuti si sono appiattiti sulla cronaca utilizzando a mani basse le Agenzie. Prendere da un terminale le notizie per riportarle dentro le pagine di un quotidiano, spesso senza modifiche, è diventata una prassi. Ma se il lettore trova notizie ammuffite, bruciate dai telegiornali, perché dovrebbe leggerle? In altre parole, se i quotidiani fanno cronaca, come la tv, perdono la partita perché quest’ultima è tempestiva.
La strada per battere la concorrenza televisiva è un’altra, cioè il ritorno al passato, quando i quotidiani non solo riportavano i fatti, ma ne cercavano i retroscena, le cause, ne individuavano le motivazioni, facevano approfondimenti. In breve ne spiegavano lo scenario in modo che il lettore potesse capire il rapporto tra cause ed effetti.
 
Le vecchie scuole di giornalismo e i grandi direttori insegnavano ai giovani immessi nelle redazioni che le notizie si andavano a cercare e poi dovevano essere verificate in modo da fare emergere i fatti. Quando questi non erano chiari bisognava consumare la suola delle scarpe ed il dito per suonare i campanelli, abituandosi a ricevere le porte in faccia. Insomma, parafrasando un vecchio film, bisognava essere giornalisti da marciapiede.
Inoltre, man mano che si mettevano insieme i vari pezzi del puzzle doveva emergere una situazione chiara, sulla quale, dopo e non prima, scrivere l’articolo. Quanto descritto è diventato desueto ai giorni d’oggi con la conseguenza negativa che gli interlocutori, sempre meno abituati a rispondere alle domande, sono infastiditi. Il peggio del peggio è nella pubblica amministrazione, nella quale dipendenti e dirigenti sono abituati a non dar conto del loro operato all’opinione pubblica e, per essa, ai giornalisti. I quali, dal canto loro, spesso dimenticano i precetti deontologici della professione e cioè che il loro dovere è quello di andare avanti fino a raggiungere, possibilmente, la verità.
Il potere, quando è becero, cioè quando non viene considerato un dovere, si infastidisce di sentire il fiato sul collo dell’opinione pubblica, ma nessun giornalista deve preoccuparsi di tale fastidio. Il potere, quando è becero, cerca di mettere il bavaglio a chi racconta la verità, come il caso della legge anti-intercettazioni, attualmente in stand by.
In ogni caso è necessaria una forte intesa tra direttore, redattori e collaboratori esterni su un’unica linea che è quella di svolgere inchieste, inchieste, ed ancora inchieste. Non è vero che i lettori sono insensibili al contenuto dei quotidiani, perché quando vengono riportati dati precisi e concordanti, li divorano. La gente vuol sapere e vuol sapere tutto. I giornalisti sbagliano quando non danno tutto quello che sanno o non scrivono quello che dovrebbero appurare.

Il futuro dei quotidiani è proprio nelle inchieste, che non debbono essere clamorose e generali. Anche le inchieste sul quartiere, sulla disfunzione di un servizio comunale, sul disastro degli Istituti case popolari sono interessanti, perché coniugano il giornalismo di inchiesta col giornalismo sul territorio, cioè le inchieste sul territorio.
Sentiamo dai nostri redattori,  che hanno fatto gli esami di idoneità professionale, che negli elaborati e nelle prove orali pochissimo è stato dedicato alle inchieste, col risultato che tante persone approdano alla professione non avendo capito la cosa più importante di questo lavoro: l’inchiesta. Col conseguente risultato che viene meno il compito di spiegare, di illustrare e di ampliare le conoscenze dei fruitori di carta stampata.
Intendiamoci, non è che tutti i lettori abbiano voglia o capacità di leggere articoli di approfondimento, ma uno dei compiti dei giornalisti è quello di far elevare la cultura media, nei limiti del possibile, e non di adeguarsi a tanto becerume che c’è in giro. I giornalisti che ritornano al passato possono considerarsi classe dirigente e come tale hanno il compito di trainare la società.

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