Lombardo tira dritto come Berlusconi - QdS

Lombardo tira dritto come Berlusconi

Carlo Alberto Tregua

Lombardo tira dritto come Berlusconi

sabato 30 Maggio 2009

Niente discriminazioni fra Mpa e Lega

Abbiamo atteso qualche giorno prima di commentare la vicenda del Lombardo-bis perché da come finisce una storia si capisce quella storia. Ricostruiamo lo scenario.
Parte prima. Quando le elezioni europee del 6/7 giugno erano alle porte, il governatore dei siciliani, Raffaele Lombardo, e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si incontrarono per valutare la possibile alleanza tra Mpa e Pdl, speculare a quella tra Lega Nord e Pdl. La Lega ha un peso nazionale del 10 per cento, l’Mpa ancora solo dell’1,2, ma ambedue i movimenti sono radicati sul territorio, del quale rivendicano l’autonomia.
Il successo di Bossi dimostra che la sua intuizione del 1989 era giusta. è stata premiata dai suoi elettori. Lombardo è partito più tardi (16 anni dopo), nonostante questo giornale avesse chiesto a gran voce l’esaltazione dell’autonomia dello Statuto sin dal 1979, quindi ben prima sia di Bossi che di Lombardo. Non si capisce perché Berlusconi abbia consentito l’alleanza con la Lega e non pari alleanza con l’Mpa, evitandogli la rincorsa per superare lo sbarramento del 4 per cento.

Per conseguenza, ricevuto il rifiuto dell’apparentamento, Lombardo è stato costretto a cercare alleati con cui fare un cartello elettorale, in modo tale da superare lo sbarramento. Nessun rimprovero può muovergli il Pdl perché la sua condotta è stata lineare e trasparente. Risultano quindi fuor di luogo le rimostranze del trio dei reggenti (Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi) i quali rimproverano a Lombardo il suo cartello elettorale.
Vi è un’altra circostanza da evidenziare. Si tratta dell’anomalia consistente nell’inclusione dell’Udc nella maggioranza siciliana. Risulta incomprensibile che Berlusconi abbia dato il placet a quest’operazione di trasformismo quando ha letteralmente cacciato dalla maggioranza nazionale l’odiato Casini.

Parte seconda. Costituito il cartello elettorale fra Mpa, La Destra di Storace, Lega Italia di Taormina e l’Alleanza di centro di Francesco Pionati, il gruppo degli assessori Udc e quello degli assessori che fanno riferimento al duo Schifani-Alfano ha cominciato la guerriglia dentro il governo Lombardo. 
Data l’urgenza ed il bisogno che ha la Sicilia di riforme, un governo così contrastato diventava pleonastico. Bene ha fatto quindi Lombardo a promuovere un chiarimento sulle iniziative da prendere, per attuare fedelmente il programma votato dal 65 per cento dei siciliani, nel 2008.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il rifiuto di trasferire i 4 miliardi e 93 milioni dei Fondi aree sottoutilizzate. La scusa era che Lombardo avrebbe destinato parte di queste risorse alla spesa corrente. Ma sia lo stesso presidente che Michele Cimino, assessore al Bilancio, hanno dichiarato che avrebbero accettato tutte le indicazioni del Cipe, sgombrando così il campo da ogni equivoco.
Tuttavia quelle risorse sono rimaste congelate senza alcuna giustificazione. Forse la verità è che le casse dello Stato sono vuote.

Lombardo ha tirato dritto e in cinque giorni ha varato il secondo governo, per metà con i vecchi assessori, con tre new entry, Caterina Chinnici, Gaetano Armao e  Marco Venturi, riservandosi tre deleghe a disposizione del Pdl. è evidente che l’Udc non può entrare in questo secondo Governo, esattamente come Casini non è entrato nel Governo Berlusconi. È una questione di coerenza delle due parti. Non si capisce perché quello che vale per Berlusconi, non debba valere per Lombardo.
A questo punto dovrebbe esserci la seduta straordinaria dell’Ars già convocata per giovedi 4 giugno. È inutile fare gli indovini su cosa potrà succedere. La situazione è in evoluzione, affidata a tanti mediatori che stanno lavorando in stanze e corridoi.
Questa vicenda sarà condizionata dall’esito delle elezioni e, più presisamente, dal superamento da parte del cartello di Lombardo del 4 per cento, dal numero di suffragi che andranno a Michele Cimino come esponente della corrente Pdl di Gianfranco Miccichè, rispetto all’avversario interno Giovanni La Via, rappresentante dell’altra corrente che fa riferimento ad Alfano-Schifani-Castiglione. Fra una settimana circa lo scenario sarà chiaro.

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