L’archeologia sacrificata al Petrolchimico - QdS

L’archeologia sacrificata al Petrolchimico

Riccardo Bedogni

L’archeologia sacrificata al Petrolchimico

martedì 23 Giugno 2009

Beni culturali. Le industrie inquinanti e i reperti dimenticati.
La situazione. Priolo, Melilli e Augusta sono siti archeologici d’importanza, ma sono sacrificati al petrolchimico più grande d’Europa, in cui si prevede anche un rigassificatore e un termovalorizzatore.
Resti. Del villaggio Stentinello resta solo il nome, ma è sottoposto a tutela; Thapsos, grazie ai fondi europei, viene messa in protezione; a Megara, solo un quarto di zona è oggetto d’indagine.

SIRACUSA – Priolo, Melilli, Augusta. Un angolo di Sicilia sacrificato al petrolchimico più grande d’Europa, in cui si prevede anche un rigassificatore e un termovalorizzatore. Eppure, lungo la costa a Nord di Siracusa si sono sviluppate sin dal neolitico culture e civiltà le cui testimonianze, negli ultimi sessant’anni, sono state distrutte dalle industrie o incapsulate in esse, mentre altre giacciono ancora sepolte. Poche si è riusciti a proteggere e salvaguardare. “Il problema – dichiara l’architetto Mariella Muti, Soprintendente ai Beni culturali e ambientali di Siracusa – è di risorse. Tutta la zona ha un pregevole valore archeologico e ci vorrebbero generazioni di archeologi per scavare e proteggere”.
Nei pressi di Contrada Targia, del villaggio fortificato di Stentinello rimangono labili segni del fossato lungo la costa e pochi metri quadri di abitato difficilmente rintracciabili. Un giacimento neolitico tra i più meritevoli di attenzione, di cui resta solo il nome di una via, spianate di detriti e scarti di lavorazione. “Stentinello è area sottoposta a tutela – dice Lorenzo Guzzardi, responsabile del servizio Beni Archeologici per la Soprintendenza – andrebbe curata con la presenza continua di personale che non abbiamo. I resti fanno solo percepire ciò che era l’insediamento, ma si potrebbe creare una rete didattica”. Nel territorio di Priolo, la penisola Magnisi è una lingua di terra al centro del Golfo d’Augusta, dove nella media età del bronzo fiorì la civiltà di Thapsos. I ritrovamenti hanno permesso di comprendere l’evoluzione di un abitato dal XV al IX secolo a.C. è nel 2003, grazie ai fondi europei, che l’area degli scavi dell’antico nucleo viene recintata e messa in protezione, e oggi è visitabile previa autorizzazione della Soprintendenza. Accanto, il decadente ex stabilimento delle Estrazioni Petrolchimiche Siciliane, sorto negli anni Cinquanta, ha distrutto gran parte dell’abitato.
 
Poco distante, tracce di capanne a pianta circolare sono alla mercé di tutti. In tutta la penisola, il cui accesso è libero, sorgeva la civiltà di Thapsos e così ci si imbatte nelle tre necropoli: settentrionale, centrale e meridionale. Sono ancora visibili tracce del muro di difesa e di due torrette semicircolari. Anche qui per ora si può cercare invano una tabella esplicativa, si trovano invece le segnalazioni dell’oleodotto Somicem/Eni, che l’attraversa e termina coi depositi in cui arriva il petrolio estratto dai pozzi di Ragusa, per essere caricato sulle navi cisterna. Nel 2008 il comune di Priolo ha firmato una convenzione con la Soprintendenza di Siracusa per valorizzare e gestire Thapsos.
“Prossimamente, – conferma il sindaco, Antonello Rizza – avvieremo la pulitura dall’erba e la sistemazione di un fabbricato. Infatti, per la sua riqualificazione, ci sono stati sbloccati i 774 mila euro del decreto Noè, provenienti dalla ridistribuzione delle accise petrolifere”.
Il  Comune ha anche attivato un call center per le scuole che vorranno visitarlo. Altro importante sito archeologico che sopravvive attorniato dalle industrie e in parte distrutto da esse è l’antica città greca di Megara Hyblaea nei pressi di Augusta. Una piccola Pompei nel cuore della zona industriale in cui resti d’età ellenistica si sovrappongono a quelli d’età arcaica. Dell’intera zona archeologica, solo un quarto è stato oggetto d’indagine. Nel 2006 sono arrivati fondi Por per continuare parte degli scavi, per sistemare il limitrofo antiquarium e per  valorizzarla a fini turistici. “Il restauro dell’antiquarium è terminato, – afferma la soprintendente Muti – ma mancano i fondi per l’allestimento. Per la pulitura dell’area archeologica non abbiamo le risorse”.
Si lamenta, per Megara, la non previsione, da parte della Regione, di un parco archeologico con autonomia amministrativa e la carenza di un’adeguata segnaletica, così come per tutti i siti d’importanza rilevante in questo martoriato tratto di terra siciliana.

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