La normalità della testimonianza esempio di buona cittadinanza - QdS

La normalità della testimonianza esempio di buona cittadinanza

Desiree Miranda

La normalità della testimonianza esempio di buona cittadinanza

sabato 12 Marzo 2011

Incontro organizzato dalle associazioni antimafie “Rita Atria” e “Città insieme” con  Step1 e Casablanca . Piera Aiello: “Adesso vivo senza pesi mi inorgoglisce parlare con gli studenti”

CATANIA – “La normalità della testimonianza” è questo il titolo e allo stesso tempo l’auspicio dell’incontro che l’associazione antimafie “Rita Atria” insieme alle testate Step1 e Casablanca e all’associazione Città Insieme, ha organizzato a Catania lo scorso 4 marzo .
Presenti all’incontro coordinato da Graziella Proto, direttrice della rivista Casablanca e Carmen Valisano, giornalista  di Step1, due testimoni di giustizia, Ulisse (nome in codice per motivi di sicurezza) e Piera Aiello anche presidente della associazione antimafie “Rita Atria”, oltre a Nadia Furnari, autrice del primo dossier in Italia sui Testimoni di Giustizia – Associazione Antimafie “Rita Atria”, Angelo Greco avvocato e autore del Libro “Tra l’incudine e il martello. Inchiesta sul mondo dei testimoni di giustizia” (Pellegrini, 2010) e Daniela Morozzi attrice e autrice del docufilm sui testimoni di giustizia (ancora in lavorazione).
Tutti gli intervenuti hanno messo l’accento sulla differenza tra testimoni e collaboratori di giustizia, differenza tropo spesso ignorata, sia dai semplici cittadini, ma anche, cosa assai più grave, da chi ha una funzione pubblica di difesa del cittadino.
I collaboratori sono i cosiddetti pentiti, coloro che appartengono o sono appartenuti alla criminalità mafiosa e che per motivi di convenienza decidono di collaborare con la giustizia; i testimoni sono invece semplici cittadini che si sono trovati ad essere testimoni di atti mafiosi e che piuttosto che girarsi dall’altra parte come fa la quasi totalità della gente, ha invece deciso di fare la sua parte nella società civile e di andare a denunciare. La loro vita ne viene stravolta completamente.
“I pentiti hanno incentivi per pentirsi, i testimoni no – ha dichiarato Ulisse. – Certo, – ha continuato – le loro testimonianze sono importanti, ma lo fanno solo per i giovamenti che ne traggono, chi invece decide di testimoniare si trova in una posizione completamente differente. La testimonianza, infatti, non è considerata la normalità e invece dovrebbe esserlo! Nessuno ti dice grazie, magari ti fanno sentire utile proprio nel momento in cui ti rechi in questura per denunciare ma brevemente tutto finisce e sei quasi dimenticato.
A me e alla mia famiglia è successo quasi subito dopo l’arresto dell’assassino che ho denunciato, aveva finito la sua vittima in una strada in cui, proprio nel momento, stavo passando con mia moglie in auto.
Dopo aver assistito a una tale scena, la mi avita sarebbe cambiata comunque. Siamo tutti bravi a parlare, a chiedere coerenza ed efficienza gli altri, ed io ho chiesto coerenza ed efficienza a me stesso.
Mi chiedo se l’attuale status quo non sia un incentivo per evitare che la gente faccia la sua testimonianza. Ma andate tutti invece, così che io possa tornare a casa mia!” – esclama commosso alla fine.
“Dopo 20 anni persisto, resisto e sono ancora qua  -ha detto soddisfatta Piera Aiello. – Adesso vivo senza pesi – ha continuato – mi inorgoglisce parlare con gli studenti e di essere presidente di questa piccola associazione, se prima, però, lottavo contro la mafia e mio marito che mi picchiava nonostante fossi incinta di 8 mesi perché gli buttavo la droga, adesso lotto contro uno stato assente, spero che almeno lui non voglia uccidermi” – conclude ironica.
 


Focus. Prevale la paura e l’egoismo personale
 
Testimoniare non è mai facile, soprattutto per questioni mafiose, spesso prevale la paura, l’egoismo personale e se poi lo stato ci mette del suo per non tutelarti in modo adeguato la domanda nasce spontanea: chi te lo fa fare? Lo stato delle leggi italiane è stato spiegato durante l’incontro dello scorso 4 marzo dall’avvocato Angelo Greco, autore del Libro “Tra l’incudine e il martello. Inchiesta sul mondo dei testimoni di giustizia”. “La legge che tutela i testimoni di giustizia, la 45/2001,è la prima che differisce il ruolo dei testimoni da quello dei collaboratori, ma il legislatore ha scelto 2 termini simili e ciò crea confusione, inoltre la gestione dello stato è del tutto fallimentare. Le identità fittizia, ad esempio, vengono stabilite solo dopo molti anni e i documenti sono talmente fatti male che si riconoscono falsi ad occhio nudo, per non parlare celle forze dell’ordine colluse. Il titolo del mio libro vuole affermare proprio questo, i testimoni di giustiziasi trovano tra l’incudine della mafia e il martello della gestione fallimentare dello stato. La loro è una vita davvero difficile”.

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