Il capitale umano leva per la Sicilia - QdS

Il capitale umano leva per la Sicilia

Carlo Alberto Tregua

Il capitale umano leva per la Sicilia

venerdì 03 Luglio 2009

Il merito prevalga sull’incompetenza

La Sicilia possiede due elementi su cui può fondare il proprio sviluppo: il territorio e il capitale umano. Il primo può dare prodotti agricoli innovativi, di alto livello, ma ancora le coltivazioni non sono estese. Per cui, i prodotti di qualità sono quantitativamente minoritari. Pensiamo al vino, alle primizie, ai pomodorini (come è noto, questi sono stati inventati in Israele ma poi hanno assunto la denominazione di Pachino).
Perché il territorio venga sfruttato al massimo, occorrono progetti, progetti e progetti. Questi vengono realizzati dalla mente umana che abbia acquisito conoscenze verticali e orizzontali. Verticali nel senso storico, cioè avendo studiato l’evoluzione di questi ultimi venti o trenta secoli; orizzontali perché hanno verificato le diverse branche economiche, tentando di utilizzarne le sinergie.

Il capitale umano è il fattore più importante dello sviluppo. Sol che acquisisca tutte le cognizioni necessarie a realizzare progetti competitivi e appetibili da parte del mercato.
I progetti devono essere di alto profilo, non venire incontro alle singole e private esigenze, ma esplicare i propri effetti verso l’interesse della collettività, che deve essere messa sempre al primo posto nella scala dei valori dalle parti politiche, che hanno il dovere di governare. Al dovere si associa il potere, e cioè la capacità di decidere e di fare.
Il capitale umano deve essere formato. Purtroppo la scuola ormai ha al suo interno insegnanti che non insegnano nulla, ma che dovrebbero andare a scuola per primi. Eppure, al suo interno, vi sono docenti brillanti, preparati e volenterosi che però sono depressi perché qualunque cosa facciano, alla fine del mese ricevono lo stesso compenso di fannulloni e scansafatiche. Sono in pace con la loro coscienza, ma questo non è sufficiente.
Le Università hanno il compito di dare al capitale umano un livello di formazione che lo renda competitivo, non tanto nel merito quanto nel metodo.

 
Non è un caso che nelle Università americane si comincino a ingaggiare sempre più professori di latino e greco in corsi di laurea per manager. Non è un caso che le imprese europee comincino ad assumere come manager laureati in filosofia, perché essi hanno una particolare predisposizione mentale verso l’informatica e la telematica.
C’è un ritorno forte alla sapienza, più che al sapere specifico. Ed è proprio l’obiettivo che le quattro Università siciliane dovrebbero tentare di conseguire insegnando a tutti gli studenti il metodo, cioè come fare per fare.
Inoltre, dovrebbero insegnare a lavorare con concretezza, fissando cioè obiettivi, predisponendo percorsi per raggiungerli e attuando controlli preventivamente fissati in tempi certi per verificare se gli obiettivi vengano raggiunti.
Bisognerebbe che le Università spiegassero ai propri giovani che la vita è dura, che occorrono sacrifici e rinunce per crescere e andare avanti e che l’illusione che tutto avvenga per magia va depennata dalle loro menti.

Il ceto politico ha l’obbligo e il dovere innanzitutto di adeguarsi al miglior livello di conoscenza e di sapienza e poi ha il dovere, lo ripetiamo, di progettare la crescita della Regione e dei suoi Enti locali in base ai migliori elementi che vanno selezionati senza alcun timore. I più bravi debbono andare avanti, infingardi e fannulloni vanno ricacciati da dove provengono.
Intendiamoci, tutti i siciliani devono avere la stessa opportunità, cioè lo stesso punto di partenza, ma solo chi ha più voglia e più risorse ha il diritto di andare avanti.
La natura insegna. Tutti gli esseri viventi, vegetali e animali, nascono. Ma molti muoiono prestissimo, altri crescono e altri ancora vivono a lungo. La natura non inganna. Quello che vale per gli esseri viventi non umani vale anche per gli uomini. Non bisogna mai dimenticarlo.
Se le istituzioni regionale e locali non capissero la fondamentale importanza del capitale umano siciliano, offrendo tutte le opportunità necessarie perché esso venga impiegato qui, continuerebbero sulla scia di un ceto politico che in sessant’anni ha inchiodato la Sicilia all’arretratezza rispetto alle regioni del Nord e quelle europee. E questo sarebbe un altro peccato non perdonabile.

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