Un semplice database elaborato da un ricercatore svela i numeri del fenomeno negli atenei italiani. Nella “speciale” statistica Catania è 5°, Enna 6°, Messina 8° e Palermo 16°
PALERMO – In questi giorni si torna a parlare di nepotismo universitario dopo che S. Allesina, ricercatore italiano di ecologia ed evoluzione presso il Computation Institute dell’Università di Chicago, grazie all’elaborazione di un accurato database ha esaminato le ricorrenze degli stessi cognomi di professori per ogni disciplina nelle università italiane, rendendosi conto che la loro percentuale è più elevata di quanto dovrebbe essere. L’originale studio è stato pubblicato sulla rivista online PLoS ONE del 3/8/11 con il titolo “Measuring nepotism through shared last names: the case of Italian academia”, e propone una speciale classifica delle università nelle quali risulterebbe più anomalo il sistema di selezione delle cattedre, con una diffusa ricorrenza degli stessi cognomi nelle medesime facoltà e corsi di lauree.
L’analisi statistica rivela un nepotismo rampante a causa della elevata concentrazione di cognomi all’interno delle istituzioni accademiche e, confrontando la frequenza di cognomi fra più di 61 mila professori di medicina, ingegneria, giurisprudenza e altri campi, Allesina ha scoperto che il modello è incompatibile con la prassi di reclutamento imparziale di una politica di assunzioni regolari perché, in genere, c’è meno di una probabilità su mille che con assunzioni regolari i cognomi siano soltanto 7.471. L’analisi respinge l’idea che i casi recentemente pubblicizzati di nepotismo accademico in Italia siano incidenti isolati, specialmente al Sud.
Nei primi posti della particolare graduatoria figurano tutte le sedi universitarie siciliane: 5° Catania con percentuale di docenti con lo stesso cognome dell’1,05 per mille (su 1594 docenti); al 6° posto segue a ruota la Kore di Enna con lo 0,701 per mille (su 93 docenti). L’università di Messina, invece, è all’8° posto con lo 0,694 per mille di docenti con lo stesso cognome (su 1313 docenti) mentre al 16° posto si piazza Palermo con lo 0,497 per mille (su 1946 docenti).
Il ricercatore italiano ha ripetuto poi il calcolo computazionale per 28 aree accademiche, e ha trovato la probabilità più alta di nepotismo in ingegneria industriale, giurisprudenza, medicina, geografia, pedagogia, agraria, ingegneria civile, matematica, chimica, scienze storiche, filosofia, statistica, scienze politiche, scienze della terra, informatica, fisica, economia e archeologia. I campi di ricerca più vicini alla pura casualità – e quindi con la più bassa probabilità di nepotismo – sono stati linguistica, demografia e psicologia. Allesina, infine, ha esaminato anche le varie discipline scientifiche riscontrando casualmente che anche qui ci sono molti meno nomi di quanti uno si aspetterebbe. Per esempio, fra i 10.783 membri della facoltà di medicina, in un milione di estrazioni casuali dal database non è uscito mai un risultato con meno di 7.471 cognomi unici, cosa che indica una frequenza eccessiva di cognomi a causa del reclutamento su base nepotistica. La ricerca del “cervello in fuga” ha naturalmente suscitato lo sdegno del mondo accademico ma non della collettività che non ha bisogno di un database per trovare conferme in certi “sospetti”.
Metodologia. Si è trattato di un’analisi matematico-statistica
Il metodo per stabilire tale classifica è tanto semplice quanto criticabile: Allesina, infatti, ha effettuato un’analisi della frequenza dei cognomi dei docenti nelle varie discipline universitarie servendosi del database ufficiale del Ministero, che contiene i nominativi degli oltre 61 mila docenti suddivisi per ateneo, dipartimento e disciplina specifica. Per misurare la portata totale del nepotismo, il ricercatore ha usato questi dati per una semplice analisi della frequenza dei nomi e più di 27 mila cognomi diversi sono apparsi almeno una volta nel database; lo studioso ha voluto poi testare se certi cognomi apparivano più spesso di altri, quindi ha programmato il computer per condurre un milione di estrazioni casuali dal bacino di dati e vedere quanto era probabile ottenere il numero di cognomi che esiste nei dati reali. Nel database, dunque, più è scarso il numero di cognomi diversi, più è alta la possibilità di grande incidenza del nepotismo. Se è vero che nei numeri presentati dalla ricerca sono compresi anche tutti quelle omonimie casuali, va anche detto che l’analisi non consente però di individuare i casi di nepotismo madre-figli e marito-moglie e ciò non può che sottostimare l’incidenza del fenomeno.